Distillato nel procedere delle generazioni, l’aspetto della saggezza umana ha visto modificare i fondamenti del suo metodo attraverso il cambiamento delle aspettative nei confronti dei suoi principali soggetti. La lunga barba, i capelli incolti, l’abito dell’eremita, ritirato nella sua caverna sulla sommità del mondo, dove il cielo stesso può rivolgere la sua parola a chi ha un orecchio in grado di comprendere il suo linguaggio; qual è il posto, di una simile sequenza di elementi, in questo mondo in cui ogni cosa deve essere spedita, chiara e coinvolgente come una pubblicità? Dove i prossimi depositari della conoscenza, affinano i propri riflessi combattendo al fine di ottenere una vittoria tra gruppi di 100, nel mezzo di un’arena colorata ed intangibile, in cui vige la regola di costruire cose per sfuggire all’occhio indagatore (e il piombo) del tuo nemico. Ed è indubbia l’influenza dell’intero e variegato popolo del videogame Fortnite, nell’insorgere sui lidi digitalizzati di una serie di brevi ed incisivi passi di danza, usati nell’economia di quel contesto come pratiche celebrazioni del trionfo, per coloro che hanno voglia di osservare il conflitto fino all’inevitabile conclusione finale. Così come quella, lungamente reiterata, dei frequentatori di quel nuovo tipo di social network che trova nel portale cinese Douyin (抖音) originariamente raggiungibile all’indirizzo musical.ly, che hanno fatto di queste modalità espressive una sorta di bandiera. Superata la noia implicita dei “vecchi” metodi e la patina di rispettabilità, che vediamo ancora stranamente attribuita a luoghi come Facebook e Twitter. Naturalmente, potreste aver riconosciuto ciò di cui sto parlando con il nome occidentalizzato di TikTok. Ma non è impossibile che abbiate solo in parte chiaro, quanto possa essere profonda la tana del Bianconiglio. O altre candide, cornute creature di questa Terra…
L’inquadratura rigorosamente verticale nonché fiera di esserlo (questi sono contenuti per lo smartphone, boomer!) mostra dunque un individuo in abito tradizionale tibetano e formidabili occhiali da sole californiani, completo di collana, borsa e cinta decorativa, che sembra riprendere alcune movenze tipiche dei film di Bollywood. Mentre il suo imponente compagno d’esibizione, rigorosamente immobile, lo osserva dando il mero contributo della sua presenza. Ora, qui ci sono molte cose da processare, ma prima di ogni altra l’effettivo aspetto di quest’ultimo, in realtà un palese appartenente alla specie domestica Bos grunniens, ovvero quelli che siamo soliti chiamare yak di montagna. Ma diverso da qualsiasi altro sia mai potuto comparire sulle pagine di un’enciclopedia dell’Asia: perché bianco come la neve, e con il lungo pelo attentamente lavato, pettinato e strigliato fino all’ottenimento della quintessenza di una nube di zucchero filato. Quasi l’ideale irraggiungibile dell’assoluta quintessenza, in ciò che si realizza nei più alti standard visuali di rappresentanza della sua specie.
Formalmente parlando, d’altra parte, non è certo inaudito che simili creature possano essere del tutto pallide, anche senza far ricorso a irregolarità genetiche come l’albinismo. Uno dei molti video del canale New China Tv mostra, ad esempio, un non meglio definito allevamento nel nord ovest del paese, specializzato nella selezione di questa particolare varietà dell’animale, chiamata per l’occasione una “perla della prateria”. Ma le curiose quanto brevi sequenze, caricate originariamente sul profilo 1tik02tok_nepal (registrazione richiesta) mostrano un esemplare tanto imponente, riconoscibile come maschio per la lunghezza delle corna, e straordinariamente ben tenuto da sembrar essere una creatura completamente diversa. Particolarmente notevole, a tal proposito, la frangia di quasi letterali “capelli” che ricadono sui suoi occhi, alla maniera normalmente attribuita ai cani da pecora di razza bobtail. Uno strano e trasversale riferimento, al mondo pastorale che non sembra in alcun modo risentire dei confini nazionali o perfino continentali, verso l’acquisizione di una serie di linee guida che potremmo giudicare come l’unica realizzazione chiaramente positiva della globalizzazione. Poiché ci permette di acquisire, divertirci, la creatività d’intere schiere d’artisti e personaggi che altrimenti, non avremmo mai potuto in alcun modo conoscere tra le pagine del vasto Web…