La lunghissima tradizione del popolo di argento e sale ha sempre menzionato il punto di accesso ai luoghi del Ritorno, un restringimento marittimo al culmine del quale, l’acqua cambia condizioni e i molti mangiatori tendono a voltarsi per tornare indietro. Poiché non tutti sono anadromi, ciò a dire in grado di abitare i due diversi mondi, benché risalire il corso di un sistema fluviale presenti nondimeno un rischio inerente; l’incombente civiltà terrestre, un mondo misterioso la cui quotidianità pare necessitare la cattura ed uccisione dei pesci. Grandi e piccoli, antichi o moderni, ciascuno messo a confronto con le aguzze propaggini di un luttuoso destino. Ovvero in ultima analisi, la morte. L’uomo, d’altra parte, non può conoscere al di là di ogni dubbio la quantità effettiva di storioni in natura. Ed ogni tentativo di accampare una stima, non può condizionare più di tanto le effettive decisioni di chi ha il potere di tenerne in alta considerazione il destino inerente. Ancorché le cosi cambino, qualora tale circostanza si verifichi all’interno di mura solide e col tetto di un capanno sulla testa. Il paese è il Vietnam e il luogo, chiaramente, uno stabilimento. Come si desume dal titolo del video, Cá Tầm (vedi fonte su TikTok) che in tale lingua è il nome riferito alla famiglia Acipenseridae, composta dalle 26 specie riconosciute strettamente interconnesse alla preziosa produzione dell’oro globulare color corvino. Uova che noi tutti conosciamo, da gourmand con esperienza collaudata, con il sacro nome di caviale.
Per cui non c’è molto da meravigliarsi per la notevole attenzione in questo caso dedicata, alla comprensibile necessità di assegnare un numero alla produzione, ovvero ben conoscere la quantità di piccoli/avannotti che risiedono all’interno delle vasche dove di conduce a compimento l’idea. Che la riproduzione in cattività non sia soltanto redditizia, ma altrettanto utile alla protezione della specie, purché venga praticata con criterio e gli strumenti adeguati. Entro cui figura l’essenziale macchinario; mai visto nulla di simile? L’addetto alla gestione prende i giovani all’interno di una bacinella. E con fare attento, ne scarica la collettività all’interno di uno scivolo ad imbuto. Sopra di esso, un pratico display a cristalli liquidi capace di mostrare un numero. Che cresce per ciascun paio di pinne, ogni coda e muso corazzato che discende fino al recipiente in fondo alla discesa idrica per poi essere portato nuovamente al punto di partenza dell’intera manovra. In grado di portare l’immaginazione, in modo trasversale, all’immagine di Paperon de’ Paperoni che assegna un numero alle monete d’oro all’interno del suo deposito. Per l’importanza che una tale moltitudine può avere nel prodotto interno di un’azienda dall’importante capitale d’investimento iniziale. Ben poche altre attività nel campo dell’allevamento, hanno d’altronde un costo operativo e complessità di gestione paragonabile a quella che conduce il più prezioso paté sulle fette di chi ama il più sublime (?) gusto dei mari…
uova
Dall’Oceania giunge un colibrì gigante, che sugge nettare ma canta come un pappagallo
È il tipo di abbeveratoio in plastica rossa e trasparente appeso tanto spesso nelle Americhe, dai possessori di giardini amanti degli uccelli. O più semplicemente, dell’imprescindibile bellezza della natura: non è facile riuscire a immaginare, in effetti, qualcosa di più splendido di schiere di Trochilidi, gli uccelli cosiddetti Apodeiformi, che fluttuano leggiadri grazie al battito ultra-rapido delle proprie ali cangianti. Lo stesso oggetto che possiamo ritrovare, fuori e dentro la campagna, con la massima concentrazione tra Wellington ed Auckland (Isola del Nord) essendo come un faro nella notte per coloro che perennemente cercano una fonte di nutrimento. A ben vedere tuttavia, tale orpello appare in questo continente di una dimensione almeno raddoppiata, volendo essere il punto d’approdo per un differente tipo di pennuto, il cui punto di contatto principale è la dieta. Benché a ben guardare, con la luce in posizione obliqua, esso appaia non del tutto privo di una qualità cangiante, tendente al verde, marrone ed azzurro, frutto di strutture nelle piume invece che dei semplici pigmenti, affine agli agguerriti volatori del Nuovo Mondo. Fatta eccezione per il curioso ornamento bianco e tondeggiante formato da due piume sotto il collo. Eppur non fluttua in posizione librandosi il tūī (nome nativo) o Prosthemadera novaeseelandiae (nome latino) anche e soprattutto per il peso di 65-150 grammi, conseguenza della sua lunghezza pari a un massimo di 32 cm che risulta sufficiente a farne un passeriforme dalle dimensioni medio-grandi. Preferendo piuttosto posarsi ed aggrapparsi ai rami, spesso anche in posizione capovolta, mentre immerge il proprio becco curvo nella dolce coppa floreale o i frutti appesi all’albero bersaglio. Quando non esprime tutta la sua arte, nell’emettere una straordinaria serie di vocalizzazioni, più complesse e realistiche anche di quelli prodotti da una myna, quel leggendario cantore aviario proveniente dal subcontinente indiano. Per non parlare dei “comuni” pappagalli, la cui potenza in termini di decibel potrà anche risultare superiore. Ma senz’altro non potrebbero, in maniera veramente convincente, inseguire la gamma udibile dell’eloquio umano. Laddove uccelli come questo riproducono in maniera convincente: canzoni, poemi, spiegazioni, discorsi. E addirittura il colpo di tosse occasionalmente prodotto dai loro connazionali umani, ancorché tale suono sembri essere per puro caso (?) una parte innata del repertorio comunicativo tra i propri simili in natura. Oltre che il sistema per marcare ed identificare il territorio di foraggiamento e costruzione del nido, che tendono a difendere con straordinaria aggressività, giungendo ad attaccare le agguerrite gazze e addirittura grossi psittacidi dal becco ricurvo, considerevolmente più grossi ed imponenti di loro. Un altro potenziale terrore, insomma, per i motociclisti locali. Abituati a scansare o sopravvivere alle reiterate picchiate di alcuni tra i più graziosi, eppure persistenti persecutori piumati…
L’insetto che arretra nel cuore di un labirinto intrecciato con chilometri della sua stessa seta
Sotto la corteccia di una quercia, dietro una vecchia pietra, tra i detriti accumulati negli anni all’interno di un silenzioso magazzino. Dove la luce non batte, l’aria non soffia, i moscerini non trovano ragione di transitare. L’Embioptera a differenza del ragno può fare a meno di ricercare una posizione strategica per la sua dimora. Ma è altrettanto abile, se non migliore, nella costruzione di un suo piccolo mondo antico. All’incrocio dei territori tra irrilevanza ed acuto rilievo ecologico, dove la consumazione di materia vegetale marcescente viene coadiuvata dall’opportunità di rimanere, sempre e comunque, ben lontano dallo sguardo di occhi indiscreti. Quello di uccelli, larve carnivore, gechi e formiche. Semplicemente incapaci di spingere i propri occhi al di sotto di un’impenetrabile “superficie”…. Probabilmente ne conoscete il tipo. Se il baco da seta costruisce il suo bozzolo, a questo punto, da 500 o 600 metri di filo estremamente sottile, che dire del tipo impiegato da tali artropodi ben diversi, intrecciato in camere oblunghe ed angusti percorsi di collegamento, in modo che soltanto il padrone di casa risulti effettivamente capace d’orientarsi? Siamo qui davanti ad uno dei migliori costruttori creati dall’evoluzione, fin dal medio Giurassico in cui abbiamo trovato i primi esempi di fossili riconducibili alla sua discendenza. Con la perfetta comunione di mezzi, intenti e risultati efficacemente portati a coronamento. Grazie al sentiero logico tracciato da quelle zampe anteriori leggermente sovradimensionate, in quanto dotate di organi specializzati, facenti funzione dei seritteri posizionati sul fondoschiena degli aracnidi avversari. Fondamento di uno stile simile alla danza, in cui l’insetto si muove nel sostrato appoggiandosi sulle punte, mentre lascia dietro di se pavimento, pareti e soffitti di quel dedalo portatore di segretezza e per questo, latore di vita. Oltre 400 specie divise in 11 famiglie eppure, tra i maggiori ordini, forse il meno conosciuto. Questo per la sua concentrazione soprattutto in zone tropicali e un’attestazione, nel caso effettivo dell’Italia, verificata da lungo tempo soltanto nella parte meridionale della penisola, sebbene studi recenti ne abbiano scovato anche degli esemplari in Emilia, Toscana e l’Isola d’Elba. Complice forse il mutamento climatico, ma anche la capacità di adattamento di un essere che cerca soprattutto la tranquillità, piccoli spazi ed il tempo necessario a garantirsi la sopravvivenza. Almeno finché non avrà terminato di erigere le navate della sua occulta cattedrale. Ove affrettarsi a deporre, sul principio del periodo primaverile, un fitto quanto prezioso sostrato di uova…
Al fior l’ape non trova una tale ricompensa, da giustificare il rischio d’incontrare la Belva
Meccanismi complessi, processi affinati da millenni d’evoluzione al fine di raggiungere un perfetto sistema riproduttivo. Sofisticata è la natura ed altrettanto collaudati i suoi attori. Al punto che il miracolo di qualcuno, tanto spesso, tende a diventare l’orrore di qualcun altro. Pensate ai pesci nella pancia della balena. Le gazzelle che inciampano cadendo a terra nella pista-savana. I suini nell’impianto zootecnico costruito dall’uomo; anzi, no. Pensate all’ape catturata nella sua buca… Tomba. Camera di una tortura straordinariamente lenta costruita da un’esperta assassina. Poiché questo è il fato costruito sul sentiero del suo domani, per il tramite di colei che ha raccolto il sinistro mandato: “Fai sempre agli altri ciò che non vorresti mai fosse fatto a te stesso.” Già, gli animali possono essere crudeli. Le vespe, molto più di questo. Non per niente esiste il genere Philanthus, fuori dalle logiche dei calabroni costruttori di nidi comunitari, tanto bistrattati e odiati per il rischio che possono arrecare agli abitanti dei confini domestici costruiti dall’odierna civilizzazione a due zampe. Ma che sulla base di quel remoto grado di parentela, hanno costruito uno stile di vita consistente nella costruzione di tane singole nel sottosuolo fatto di terra e radici. Ove portare a termine gli affari di cui l’evoluzione gli ha concesso un’istintivo programma rivelatore. Essere dunque non più lunghe di 10-12 mm presenta il mondo come un luogo di pericoli. Il che tende a porre le basi di un irrinunciabile bisogno di passare inosservate, soprattutto nel periodo di vulnerabilità in cui si è ancora incapaci di spiccare il volo alla necessaria ricerca di un/una partner riproduttiva. Da qui, il nesso dell’intera vicenda: perché invece di nutrire poco a poco quelle larve vermiformi, non dotarle dal momento della nascita di una ricca dispensa ereditata, già colma di quelle risorse giudicate necessarie alla costruzione del bozzolo e il completamento della metamorfosi finale? Un deposito sotterraneo a tutti gli effetti “vivente”, affinché non possa deperire o essere contaminato da batteri o muffe prima del completamento di quel passaggio. Che idea, mia cara P. triangulum! (Qui è giusto riferirsi alla principale specie europea) Il tipo di sincero affetto materno, che inizia con l’omicidio e finisce con lo smembramento da parte dei piccoli di un’incolpevole vittima designata. In altri casi: verme, bruco, lumaca, scarabeo… Ma le nostre beewolf o “lupi delle api” come vengono chiamate in lingua inglese, si specializzano nell’utilizzo di una particolare, irrinunciabile preda. Quell’essere coperto di peluria che tanto spesso abbiamo amato, per la sua utile abitudine di produrre il miele…