Desueto Ka-22, l’unico pseudo-elicottero abbastanza grande da colmare le distanze della Madre Russia

Nello studio razionale del linguaggio umano, la differenza tra la coppia di sillabe “Ka” e “Mov” non è sempre necessariamente netta, come si potrebbe tendere istintivamente a pensare. Bensì la risultanza del passaggio fluido, da un’emissione d’aria con le labbra aperte o chiuse, proveniente dal palato piuttosto che dall’area della bocca situata innanzi alla barriera candida dei denti umani. Ed allo stesso modo, puntando il cannocchiale in direzione della storia dell’aviazione a cavallo degli anni ’60, si potrà scoprire la maniera in cui l’effettiva distinzione tra aeroplano w rotodina (o per usare una definizione maggiormente prosaica, l’elicottero) potrebbe definirsi un’imposizione arbitraria utilizzata a posteriori. Laddove l’invenzione di Igor Sikorsky, dal territorio della natìa Russia diventata nel frattempo sovietica fino ai suoi Stati Uniti d’adozione, veniva gradualmente interpretata come una possibile fonte alternativa di portanza, piuttosto che una contrapposizione dogmatica al volo sostenuto da un più prevedibile paio di ali fisse. Fino all’invenzione del Fairey Rotodyne da parte dell’eponima compagnia e per conto dell’Aviazione Britannica, nient’altro che una fusoliera lunga 17 metri, dotata complessivamente di tre rotori: uno puntato perpendicolarmente al suolo e gli altri due paralleli. In altri termini, un convertiplano, particolare mezzo volante capace sia di decollare verticalmente, che muoversi spinto innanzi dai propri motori, al fine di raggiungere con “massima” efficienza il punto d’arrivo designato. Macchina ingegneristicamente complessa e non del tutto priva di problemi, che catturò ciononostante l’attenzione del progettista Vladimir Barshevsky, figura di spicco all’interno del bureau governativo Kamov di Lyubertsy, nella zona esterna dell’oblast moscovita. L’impostazione, e per così dire il linguaggio metodico alla base di una simile implementazione risultava essere, d’altronde, niente meno che perfetto nel contesto del paese più vasto al mondo. Con grandi distanze da colmare ed ancor più eminenti assenze di piste d’atterraggio, in buona parte delle sue propaggini maggiormente remote. Da cui l’iniziativa di modificare pesantemente la carlinga di un comune aereo da trasporto An-12, rendendolo capace di decollo ed atterraggio da fermo, senza per questo sacrificarne eccessivamente velocità e portata. L’oggetto risultante, ben presto approvato in linea di principio dal governo e prodotto negli anni successivi in soli quattro prototipi a causa di una lunga serie d’imprevisti, potrebbe rappresentare in campo prestazionale il più incredibile elicottero mai costruito. Ma anche la manifestazione tangibile di ciò che potrebbe rappresentare, da molteplici punti di vista, il più assurdo tra i Frankestein volanti della storia moderna e contemporanea…

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Il nuovo elicottero Sikorsky che potrebbe rivoluzionare il concetto di rotodina complessa

Giorni di silenzio, osservazione, concentrate considerazioni situazionali. Per realizzare finalmente come, nonostante i presupposti apparentemente all’opposto, la migliore circostanza per favorire il progresso tecnologico in determinati ambiti sia il conflitto tra le contrapposte fazioni umane. Perciò avremmo davvero, oggi, aeroplani come quelli che ogni giorno solcano i cieli, se non fosse stato per lo scoppio della grande guerra pochi anni dopo l’invenzione del volo a motore? E allo stesso modo, chissà cosa sarebbe stato degli elicotteri, apparecchi volanti naturalmente instabili e difficili da pilotare… Se non fosse stato per l’utilità tattica che seppero dimostrare durante i lunghi anni in cui le superpotenze tentarono di dimostrare la propria superiorità in terra straniera. In tale ottica diviene programmatico, in quanto carico di un doppio significato, lo slogan della compagnia pionieristica ed ormai quasi centenaria della Sikorsky Aircraft “Costruire per la prossima guerra, non l’ultima” (che oggettivamente, almeno in lingua inglese, sembrerebbe parlare meno di catastrofismi ipotetici e fuori luogo quanto piuttosto di una cronologia in bilico tra “futuro” e “passato”). Un corollario utile a contestualizzare questa recentissima dimostrazione pratica dell’S-97 Raider, il nuovo concetto di cannoniera in grado di effettuare il volo statico, al fine d’individuare o sopprimere la resistenza nemica. Sostituendo con il suo ipotetico ruolo di servizio attivo, collocato idealmente entro l’anno 2022-23, l’ormai antico Bell OH-58 Kiowa che già partecipò alla guerra in Vietnam, durante quelle lunghe albe e tramonti di tante decadi fa. Così documentato all’interno di questo breve video in cui l’atipico mezzo di trasporto, dalla sagoma vagamente simile a quella di un pesce, piroetta nel cielo sopra l’arsenale di Redstone a Huntsville, Alabama, compiendo strette virate ed ancor più ripide accelerazioni, mentre percorre tragitti arzigogolati con l’agilità di un insetto dotato di quattro ali. O tre rotori, nel caso specifico, di cui due montati in batteria sovrapposta nella posizione del congegno principale, mentre il terzo trova posto sulla coda ma situato in posizione perpendicolare all’asse di marcia del veicolo. Con l’evidente funzione di Spingere, piuttosto che mantenere in Equilibrio.
L’idea alla base dell’intero progetto FVL (Future Vertical Lift) di cui qui stiamo vedendo la più recente ed elaborata conseguenza trae in effetti le sue origini in un’epoca tutt’altro che recente, con il primo tentativo di unire militarmente agilità elicotteristica e la rapidità di un aeroplano intrapreso nel remoto 1965, proprio da quella gigantesca Lockheed Martin che oggi costituisce l’azienda proprietaria di Sikorsy stessa. Mi sto riferendo in effetti all’AH-56 Cheyenne, elicottero d’attacco in cui il sistema di propulsione caudale avrebbe visto la coesistenza in tandem di due rotori disposti ad “L”, con il sistema di spinta in aggiunta alla primaria funzione anticoppia di quello previsto dal progetto convenzionale. Un’idea in apparenza funzionale, almeno finché due anni dopo uno dei prototipi subì un’avaria, causando la morte del pilota ai comandi. Il che avrebbe gradualmente portato all’accantonamento di una simile visione, per un ulteriore mezza decade, quando il problema sarebbe stato approcciato da un’angolazione del tutto diversa. Ecco giungere sul palcoscenico dell’aeronautica, a questo fatidico punto, l’S-69 della Sikorsky. Siamo nel 1973 e l’azienda di Stratford, Connecticut, ha ricevuto un budget considerevole dalle Forze Armate per superare finalmente, nel suo laboratorio di ricerca & sviluppo, uno dei più vecchi problemi del volo elicotteristico: la dissimetria della portanza alias “stallo della pala retrograda”. Principale ostacolo al superamento di determinate velocità di spostamento per questi mezzi di trasporto, a causa della naturale tendenza del loro lato destro (o sinistro) a ricevere una maggiore tendenza a sollevarsi dal suolo causa il naturale sollevarsi delle pale rotanti. Mentre allo stesso tempo, l’altra metà del disco rotante tenderà naturalmente a scendere verso il suolo, portando a pericolose turbolenze o nei casi più estremi, la letale perdita del controllo. Ecco dunque l’idea risolutiva, che qui vediamo perfettamente applicata al prototipo di S-97 nella dimostrazione di Huntsville: posizionare due rotori controrotativi uno sopra l’altro, in posizione perciò coassiale, capaci di mantenere l’elicottero non soltanto sollevato da terra, ma anche in assetto perfettamente stabile senza l’impiego di un rotore di coda. Permettendo non soltanto di eliminare la consueta predisposizione al flappeggio (inclinazione autonoma delle singole pale per contrastare la dissimetria) ma anche di riservare l’intero spazio della coda dell’aeromobile al sopracitato terzo rotore propulsivo, come componente niente meno che essenziale per quello che sarebbe giunto a rivelarsi, già dopo il primo volo di prova, l’elicottero più veloce al mondo.

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