In un quadro d’immagine reso pallido dalla foschia mattutina di un inverno giapponese, il ponderoso gigante avanza nella laguna di Sakaide, sotto il grande ponte che collega l’isola di Shikoku a Kurashiki, nella prefettura di Okayama. La sua sagoma, chiaramente visibile dalla cima dei grattacieli commerciali, dimostra una caratteristica che la distingue chiaramente da qualsiasi altra nave: una serie di quattro cupole poste l’una di seguito all’altra, interconnesse tra di loro da una lunga sovrastruttura tubolare. In fondo alla quale nella direzione della poppa, due estrusioni a forma di ali in prossimità del ponte sostengono le antenne e un radar, anch’esso di forma chiaramente globulare. Mentre al centro in alto campeggia la scritta in rosso a caratteri cubitali NO SMOKING. “Di sicuro,” verrebbe da esclamare: “…Un simile vascello trasporterà qualcosa di altamente infiammabile.” Avete mai sentito parlare di un marinaio che NON fuma? Se a questo punto avete pensato, vista la forma globulare simile a quella dei serbatoi del gas, che dovremmo necessariamente essere di fronte ad un trasporto marittimo di qualche tipo di sostanza immateriali, direi che ci siete andati alquanto vicino. Eppure, non siete riusciti a centrare il bersaglio: immaginando infatti di salire a bordo della NIZWA LNG dell’azienda armatrice Kawasaki, proveniente dritta dalle acque tiepide del golfo dell’Oman, e di aprire il tappo inesistente verso uno dei suoi silos collegati in parallelo, dinnanzi ai propri occhi e narici si presenterebbe un liquido incolore, inodore e privo addirittura di sapore. Esteriormente, del tutto simile all’acqua, se non fosse per un piccolo dettaglio: il suo evidente stato di costante ebollizione. E questo di sicuro non per il caldo, considerata anzi la brezza lievemente gelida che pare provenire dal profondo di un simile recipiente: circa -162 gradi Celsius. Già, molto meno del frigorifero di casa vostra. Niente d’inusuale, considerato che siamo di fronte a un trasportatore di quello che trova convenzionalmente l’acronimo di LNG.
Potreste sapere già di cosa sto parlando. Oppure no: dopo tutto chi ha deciso che una sostanza tanto importante debba necessariamente essere nota a tutti coloro che ne fanno ampio utilizzo, ogni qualvolta accendono il riscaldamento, l’aria condizionata, la televisione o lo stesso computer, con l’obiettivo evidente di andare a cercare cosa esattamente siano le più bizzarre navi che approdano nei porti del circondario. Metano, soprattutto, con qualche traccia di etano, da cui è stata rimossa ogni traccia residua indesiderata, incluso l’elio, il solfato d’idrogeno, l’anidride carbonica ed eventuali idrocarburi, fino all’ottenimento di una miscela che costituisce, essenzialmente, il fulmine in bottiglia dell’industria energetica contemporanea: il Gas Naturale Liquefatto. Una sostanza talmente desiderabile, così utile a perseguire l’immagine ideale di un società industriale moderna, che negli ultimi anni abbiamo visto aumentare a velocità vertiginosa la quantità complessiva di queste navi un tempo insolite, fino all’attuale cifra di oltre 250 esemplari, con 23 consegnate fin’ora soltanto a partire dall’inizio del 2018. Vascelli dalla capacità di fino a 266,000 metri cubi di liquido, con stazze capaci di raggiungere le 100.000 tonnellate. Mentre una nuova tendenza vede il diffondersi di versioni più piccole, creati per specifici scenari d’impiego. Prodotte in Estremo Oriente da aziende come la Samsung, la Mitsubishi e la Hyundai, prima di essere inviate verso i principali paesi capaci di produrre, e successivamente de-gassificare, la ragione liquida della loro stessa esistenza. Riducendone secondo le leggi della termodinamica il volume complessivo e quindi, la complessità logistica inerente. Fino a una temperatura che verrà successivamente mantenuta tramite un apporto energetico relativamente insignificante, grazie al reimpiego della stessa potenzialità termica spesa dalla progressiva e inevitabile evaporazione di una parte del carico a bordo (che ammonta, in media, al 5% del totale). La convenienza funzionale è notevole: pensate alla difficoltà di creare un sigillo perfetto, soprattutto dalle dimensioni sufficientemente elevate. Ragione per cui il trasporto di ogni fluido intangibile è rimasta per lungo tempo un’impresa localizzata, portata a termine mediante l’impiego di apposite tubature sul territorio, i gasdotti. Ma una volta che una di queste sostanze è stata trasferita allo stato liquido, e pompata all’interno di un apposito serbatoio criogenico, ogni trasferta diventa possibile dietro l’impiego del giusto apporto d’energia. Stiamo parlando, nei fatti, di una nuova branca primaria dell’intero commercio globale. Settore che, grazie al soffio del vento del cambiamento, sta vedendo l’introduzione sempre più rapida di nuove tecnologie, capaci di cambiare letteralmente le regole del grande gioco. Rendendo ciò che un tempo era considerato impossibile, non solo praticabile, ma addirittura conveniente per ciascuno degli enti privati, o perché no, governi nazionali coinvolti.
rompighiaccio
La nave che si mette di traverso per varcare i ghiacci del Nord
Come un fiordo gigante lungo all’incirca 800 Km, incastrato tra le due penisole di Gyda e Jamal. Ma qui siamo a Settentrione, nel più profondo, gelido, remoto luogo riparato dalle tempeste più furenti dell’Atlantico: il favoleggiato Golfo dell’Ob’. Dove l’acqua senza fine del profondo mare si presenta in modo estremamente distintivo: un’unica solida, impenetrabile massa, di quella sostanza trasparente e liscia che deriva dal congelamento, la cui presenza, normalmente, è un chiaro sinonimo dell’insuperabile immobilità. Neppure la lingua più grande del mondo potrebbe districare un simile ghiacciolo senza fine, nonostante l’impegno dimostrato in tale compito supremo. Finendo piuttosto per restarci attaccata, come accaduto alla sua simile di proprietà di un ubriaco, che voleva assaggiare il palo della luce fuori dal pub. Bianco, bianco e ancora grigio chiaro. Se non altro, non si può affermare che gli manchi la continuità. Se non fosse per… Una macchia, di colore rosso, fragorosamente incuneatosi nel mezzo dell’impenetrabile barriera, nonostante l’apparenza di quello che sia possibile, ragionevole, in qualche maniera consigliabile all’umanità. È un aereo? Probabile. È Superman? Nient’affatto! Si tratta di nient’altro, ad un’analisi più approfondita, che dell’ultima e più singolare nave uscita dai cantieri della Aker Arctic, rinomata ditta finlandese operativa sotto vari nomi fin dal 1969, quando ad Helsinki venne approvato il progetto per convertire un bunker antiaereo nel secondo bacino di sperimentazione artica del mondo, costruito sul modello di una simile struttura a Leningrado. Una grande vasca per il ghiaccio, inizialmente utilizzata per progettare una petroliera per attraversamenti estremi della Esso International, la SS Manhattan, e che da allora, con l’appellativo di Wärtsilä Icebreaking Model Basin (WIMB) è stata impiegata come primo approccio sperimentale a diverse rivoluzioni tecniche nel modo di progettare alcuni dei mezzi di trasporto più fantastici del mondo.
Così, ecco qui la Baltika, prodotta su specifica richiesta del governo russo: una nave relativamente piccola con i suoi appena 76,5 metri di lunghezza, contro gli almeno 100-120 della tipica rompighiaccio moderna messa in campo dalle principali potenze economiche mondiali (e sembra quasi che il freddo, in qualche maniera, sottintenda alla capacità economica di contrastarlo). Questo perché, se pensate brevemente alla funzione pratica di simili vascelli, non potrete fare a meno di considerare all’apparenza inutile un progetto come questo: non è forse vero, potreste chiedervi, che lo scopo di scavare un sentiero nel ghiaccio è proprio quello di riaprire rotte commerciali, o permettere il passaggio di ponderose spedizioni scientifiche fin lì, nel vasto e vuoto nulla della nostra candida realtà? Ed allora, perché mai dovremmo affidarci, nel farlo, ad una nave che misura “appena” 20 metri da babordo a tribordo, aprendo un canale utilizzabile, sostanzialmente, soltanto da lei stessa… Di certo, deve esserci un segreto. Che per chi guarda il video soprastante, tale non sarà: tale piccola meraviglia della tecnica, infatti, dispone di un particolare sistema di propulsione, ed una conformazione dello scafo, che le permettono di muoversi liberamente a 360°, procedendo addirittura, ogni qualvolta lo ritenga necessario, in una direzione perpendicolare al suo orientamento. Il che significa, sostanzialmente, che il ghiaccio rotto dal suo passaggio ammonterà alla maggiore delle due misure fino a qui citate, ovvero quella da poppa a prua (trasformate per l’occasione nei “lati”) addirittura doppia rispetto alla larghezza, in quel caso l’unico fattore rilevante, delle più grandi e potenti navi rompighiaccio dei sette mari! Ed il tutto, con un consumo di carburante ed energia relativamente trascurabile, tranne nel fatidico momento di far forza e transitare oltre la morsa eterna del Grande Inverno. Una vera macchina magnifica, dunque, se mai ce n’è stata una adibita ad un tale còmpito specifico e particolare. Ma vediamo adesso, brevemente, quali sono le sue origini remote…