Una di quattro ninfe d’acqua in abito da sposa, l’improbabile cappello di color vermiglio, con l’ornamento auricolare che ricade libero da un lato della testa rotante. Muso di zanzara che persiste roboante in mezzo ai cieli. Alte ed agili, con il velo bianco che cambia forma e lancia in ogni direzione strali di luce, mentre camminano su piedi d’aria in mezzo a braci incandescenti. Fuoco, fiamme, dannazione. L’esiziale effetto dell’incendio che percuote la collina della Capitale. In molti l’hanno visto, questo agosto, dalle finestre delle case circostanti, facendo eco alle squillanti esclamazioni della gente nota sopra il tetto della Rai di Via Teulada: “Eccolo, sta ritornando. È l’apparecchio che consegna l’ACQUA dove ne persiste il maggior bisogno…”
La presenza un tempo nota come Erickson/Sikorsky S-64 Sky Crane. Ma che alcuni, dalle nostre parti, amano chiamare per antonomasia “Nuvola Rossa”. Appellativo da nativo americano, così come quello di Orso Bruno, Cochise, Toro Seduto… Utilizzati nel corso degli anni per riferirsi ai mezzi dello stesso tipo che si sono succeduti al servizio del Corpo Forestale dello Stato prima, e successivamente al suo scioglimento nel 2016 direttamente i Vigili del Fuoco italiani. Creazioni tecnologiche in origine forgiate per assolvere ai complessi problemi logistici di un conflitto, quello della guerra del Vietnam, durante cui gli americani avevano bisogno di spostare uomini, mezzi e pezzi d’artiglieria attraverso ininterrotti territori boscosi, senza l’accenno di una strada che non fosse costantemente battuta dai temibili e agguerriti Vietcong. Oltre al bisogno ricorrente di recuperare gli aeromobili precipitati durante le loro missioni in territorio nemico, per un risparmio stimato entro il 1968 di 220 milioni di dollari complessivi, corrispondenti a 423 velivoli riportati alla base. Mansione tra le più adatte ad una “gru volante” come l’allora denominato CH-54 Tarhe, evoluzione dei precedenti esperimenti nel settore ad opera dell’azienda elicotteristica per eccellenza, con sede a Stratford, nel Connecticut, che qui aveva concentrato i margini di miglioramento più significativi frutto di un lungo processo di ricerca e sviluppo: il passaggio ad una coppia di motori a turbina alleggeriti, un sistema di livellamento per i carichi sospesi, nuovo rotore a sei pale ed un seggiolino girevole per l’assistente alle operazioni di carico/scarico, dotato di comandi che potevano assumere l’autorità di controllo temporaneo dalla postazione del pilota e copilota tradizionali. Come nelle migliori storie sul ritorno alla vita civile di un soldato stanco di combattimenti e spargimenti di sangue, tuttavia, si può affermare che sarebbe stata la versione successiva con denominazione S-64, a lasciare un’impronta maggiormente positiva nella storia contemporanea dell’aviazione, particolarmente quella concentrata sul progetto di mitigare l’agguerrito e pervicace espandersi del fuoco che ogni cosa consuma…
risucchio
La tartaruga con la testa di una foglia che si aggira nell’ameno specchio d’acqua sudamericano
“Perciò vedi stimato collega, se riesci a renderla invisibile, non c’è bisogno che sia veloce” Le sale di Ricerca & Sviluppo del Dipartimento risplendevano della luce impersonale ma perfettamente stabile di almeno due dozzine di lampade al led. L’addetto ai mammiferi pensierosamente, ponderò l’inusitato rettile creato dallo stagista dell’ultima ora, la sua testa minacciosa e aerodinamica come quella di un’astronave aliena. “Ascolta, la sai come la pensano coi nasi godzilliani. Ogni raggio laser è stato severamente vietato.” E qui ci fu una pausa ad effetto: “Dopo il verificarsi… Dell’incidente.” Impossibile dimenticarlo: anche se lui personalmente non era stato presente, l’evento gli era stato raccontato almeno una dozzina di volte. Quando la preoccupata controparte ed il precedente occupante della sua sedia, rispettivamente i progettisti della lepre comune e la tartaruga di terra, avevano deciso di mettere alla prova i rispettivi animali in una sorta di “Gara”. Ma le doti concesse all’animale con il guscio, che il troppo entusiastico padrone aveva scelto di chiamare “Guerriero Nero” aveva sorpreso il pubblico radendo al suolo l’intera sala relax ed almeno un metà del terzo piano. “Di questo, puoi stare tranquillo. La mia creazione non ha poteri sovrannaturali di nessun tipo.” Un piccolo sorriso carico di sottintesi. “A parte la capacità di stare ferma immobile, e scomparire.” L’esperto ricombinatore di codici genetici, al servizio del gran Computer dell’Evoluzione, restò bloccato per un attimo, cercando di ponderare un ossimoro di tale incalcolabile portata. Era il segnale: lo stagista premette il grande pulsante rosso sulla scrivania con sotto scritto “simulazione”. La conversazione si era spostata, all’improvviso, presso il fondo di un torbido torrente nel bel mezzo della foresta pluviale. Entrambi i protagonisti della scena avevano adesso un’altezza approssimativa di 6 cm “Ecco, riesci a vederla?” “Um, si, non è troppo difficile, con il mio occhio esperto.” “E adesso?” La grossa tartaruga, simile a un sottomarino militare, si era spostata impercettibilmente sul fondale. Coperta almeno in parte da un significativo ritaglio d’alghe, in mezzo a pezzi di corteccia e tronchi caduti, pareva soltanto un ulteriore detrito rotolato lì dentro per effetto del riciclo inenarrabile della natura. I suoi bargigli e le sfrangiate creste frontali si agitavano leggere nella corrente “Si, capisco cosa intendi. Ma hai visto le ultime creazioni del reparto Mare, Oceano e Laghi? Quei piccoli pescetti hanno riflessi formidabili. Sono svegli! E resistenti! A meno che la tua magnifica bestia abbia un collo che si allunga come quello di un serpente, e fantastiche capacità masticatorie, non ce la farà mai a prosperare oltre il livello necessario per l’approvazione dei parametri, blah, blah, blah” Mentre parlava, lentamente, l’addetto demiurgo anziano vide progressivamente l’esaurimento della sua enfasi retorica. Adesso un piccolo branco di blenniodei, buffi piccoli abitanti dalla livrea variopinta e gli occhi sporgenti, si avvicinavano inconsapevoli alla sua posizione. Il guscio vagamente piramidale ruotò lentamente su stesso di una cifra approssimativa di 36 gradi. La sporgente proboscide della creatura prese a sollevarsi come la minacciosa canna di un cannone d’artiglieria. Le fauci presero ad aprirsi e senza alcuna soluzione di continuità, all’improvviso, il pesce era sparito. “Non vorrai dirmi che…” Oh, si. Eccome. “Praticamente, l’avrebbe…” Certo, adesso la questione si faceva maggiormente chiara. Ogni bisogno di rincorrere una preda diventa essenzialmente superfluo, quando si possiede la risorsa irresistibile di un potentissimo risucchio.
Vagamente simile, nell’aspetto complessivo, alla ben nota tartaruga alligatore nordamericana (Macrochelys temminckii) ma con uno stile di vita maggiormente simile all’assai più aggressiva e pericolosa testuggine azzannatrice (Chelydra serpentina) la straordinariamente distintiva ed innocua per l’uomo abitatrice dei fiumi del Rio delle Amazzoni e dell’Orinoco viene spesso definita con il suo nome nella lingua Tupi dei nativi, di matamata (o mata-mata) il cui significato parrebbe allinearsi col concetto stranamente tecnologico di una “morsa”. Nomenclatura preferita anche perché la definizione scientifica, fin dall’epoca della sua scoperta nel 1741, è variata un gran totale di almeno 14 volte in un periodo di due secoli, giungendo a fissarsi su Chelus fimbriata dal 1992 e in un periodo di stasi destinato a durare soltanto fino al 2020, quando l’individuazione di una serie di differenze genetiche ed esteriori ha portato alla classificazione della nuova specie Chelus orinocensis, tassonomicamente distinta rispetto alla popolazione principale di queste creature. Entrambi esseri perfettamente adattati, dal punto di vista di ogni loro singolo tratto rilevante, alle caratteristiche specifiche di un determinato ambiente, più unico che raro. Nel quale potremmo giungerle a definire, ponendo delle non eccessivamente arbitrarie linee di demarcazione, l’espressione perfettamente apprezzabile, per quanto quieta e facile da soprassedere, del perfetto ninja predatore…