C’è un argomentazione fondamentale a sostegno dei videogiochi simulativi che è andata perduta negli anni. Con il progressivo miglioramento delle potenzialità grafiche e nell’interesse di creare veri e propri film interattivi, si è scelto di rappresentare situazioni dal massimo impatto visivo e concettuale: ninja imbattibili in mischie colossali, soldati coraggiosi allo sbarco in Normandia, campi di battaglia multigiocatore in cui passare nel giro di pochi minuti tra i sedili di comando di carri armati, elicotteri e blindati antiaerei. Ma in fin dei conti il meccanismo interattivo, che costituisce lo strumento principale di questo media, deve comunque passare per un’interfaccia limitata e limitante: non importa che ci si trovi in poltrona con un semplice joypad, alla scrivania con tastiera e mouse o in piedi di fronte a un Kinect, le nostre gesta saranno comunque assai lontane da quelle dell’avatar che interpretiamo. La pressione del tasto A si traduce in un salto, il click del pulsante destro nell’avvicinare agli occhi il mirino di un fucile, agitare le braccia di fronte a un sensore sostituisce precisi e letali colpi di spada. Tutto il contrario avviene se si sta giocando un efficace simulatore di qualche mezzo o veicolo. Pilotare, in fondo, significa utilizzare un sistema di controllo e rispetto ai videogiochi cambiano solo portata ed effetti di quest’ultimo. Basta ad esempio usare un volante di alta qualità per fare un’esperienza di guida assai più simile alle reali gare di Formula 1 di quanto sarà mai possibile rivivere battaglie storiche o giocare a calcio, basket o hockey sullo schermo di una semplice TV.