Tra le varie situazioni che ci si può trovare ad affrontare come addetti alla gestione di animali fuori controllo, è difficile che possa andare meglio di così: nessun controsoffitto da raggiungere, niente tegole da spostare, neanche l’ombra di un magazzino polveroso che necessita di essere sgomberato… Da piccoli di procione, opossum, nidi di serpente, colonie di ratti… Ma una singola creatura, immobile, che soffia con il becco semi-aperto tutto il suo disagio ed il fastidio per essere stata disturbata. Poiché i volatili non hanno percezione dello stato delle mura in mezzo a cui potrebbero finire per trovarsi, in buono stato di manutenzione oppure derelitte, avendo chiaramente fatto immaginare al giovane protagonista che i padroni della sua capanna avessero fatto ritorno. E le sue ore con un tetto sopra quella nera testa fossero ormai prossime all’esaurimento. Eppur nessuno, in queste circostanze, aveva un valido motivo per agire in tal senso. Poiché quando ci troviamo nello specifico sospesi tra i confini di due mondi, la foresta e gli spazi abitativi urbanizzati per l’umana convenienza, ma le persone hanno già scelto di spostarsi altrove, sarebbe assurdo pretendere di negarlo: questa è casa sua, fino a prova contraria. Il che non significa, d’altronde, che si possa abbandonarlo al suo probabile o possibile destino. Non è del tutto chiaro, a dire il vero, quale serie d’improbabili circostanze abbia portato, in più e più casi e come raccontato dagli addetti della Gates Wildlife Control (in un canale da oltre 100.000 iscritti, che ne meriterebbe molti di più) la sua alata madre a porlo in mezzo a queste mura artificiali. Né se ella continui a visitarlo per portargli in modo regolare da mangiare. Sebbene QUALCUNO, in effetti, debba essersi necessariamente occupato di farlo, per i circa 40 giorni necessari al raggiungimento dell’indipendenza. Un piccolo di avvoltoio collorosso, o poiana tacchino che dir si voglia, raddoppia le sue dimensioni nel giro di un mese o poco più. E poiché costui, attraverso la cronistoria delle successive visite compiute alla sua residenza, non ha fatto di sicuro eccezione in tal senso, parrebbe che la scelta di un simile nido abbia pagato gli interessi desiderati. Fatta eccezione per un piccolo dettaglio: in origine, un mese fa, di uccelli ce n’erano due. Laddove sembra che la natura abbia scelto di fare il suo corso… Se possiamo scegliere di usare un eufemismo, in merito a quello che sostanzialmente può soltanto aver costituito un piumato ed impietoso esempio di fratricidio.
La vita, dopo tutto, è anche questo. La vita è morte. Come sanno fin troppo bene gli esponenti di una tale specie, Cathartes aura, il “purificatore dorato” che accompagna l’anima al di là della sottile siepe che divide il mondo vivido dalla nazione inconoscibile dei defunti. Liberandola dal peso, ormai non più necessario, del corpo. E quanto bene, il lungo cursus naturale pregresso, sembrerebbe averli preparati ad una simile mansione, con la testa totalmente priva di piume e il becco acuminato, l’ideale per creare un foro nella pelle di ungulati, plantigradi o altri massicci abitatori del bosco. Recentemente transitati a miglior vita e proprio per questo, non ancora del tutto decomposti. Non che ciò debba per forza costituire un problema, visto il sistema immunitario straordinariamente efficace di questi uccelli, capace di distruggere ed annichilire ogni agente patogeno presente all’interno della carne marcescente. Il che non vale, d’altra parte, per chi sia tanto affamato o disperato da tentare di fagocitarli. Il che implica l’esistenza di un pericoloso meccanismo, che almeno a giudicare dai rumori emessi il documentarista del pulcino non era troppo lontano dal provare a sue spese; cosa dovrebbero fare infatti gli uccelli, quando si sentono minacciati successivamente ad un pasto che li rende più pesanti ed incapaci di fuggire? Rigurgitano, chiaramente. Il che finisce anche per assolvere a una doppia mansione, quando il suddetto riflusso finisce per presentarsi come un liquido oleoso e maleodorante, capace di far passare la fame a qualsivoglia presunto aggressore. Poiché gli ricorda, con rapidità eccellente, la propria stessa e imprescindibile mortalità…