Banco attraente della fiera sulla strada di un quartiere di periferia, il sole prossimo al tramonto in grado di accentuare i margini e i colori delle cose. Rosso, giallo, il verde smeraldino delle insegne issate dal vicino templo degli antichi Dei della fortuna. “Venghino signori, venghino” [in cinese] “Prezzi convenienti, efficacia garantita. Soltanto i migliori ingredienti, provenienti dai quattro angoli del paese.” Una frase, quest’ultima, di difficile interpretazione. Poiché l’unica pietanza posta sul suo piano di lavoro, alquanto inaspettatamente viste le circostanze, sembrano essere dei grossi pomi dalla forma ovoidale ed un colore tendente al marrone. Che qualcuno chiamerebbe delle zucche, se non fosse per la buccia lievemente bitorzoluta. Quasi come un agrume! Ogni tenue barlume o ereditata aspettativa, d’altra parte, tendono a sparire nel momento in cui l’addetta volta quella cosa e con la massima attenzione, inizia a penetrarne l’inconsueta scorza con un grosso ed affilato coltello. “Quella cosa… È dura.” Viene da pensare tra se e se. Molto più di quanto si potrebbe tendere a pensare. Ma la meraviglia più definitiva doveva ancora palesarsi, così come nel momento in cui portato a termine quel taglio, la superficie mezza sfera risultata fu voltata contro me, il pubblico [potenzialmente] pagante. Eccolo, guardalo, pensalo, credici: marrone come mallo di noce, ed altrettanto liscio e compatto. Quale frutto a questo mondo può essere del tutto secco e privo di polpa? E a dirla tutta, chi mai potrebbe immaginare di riuscire a consumarlo in quello stato? Una risposta presto posta in secondo piano, nel momento in cui il coltello sibila di nuovo. Tagliuzzando le due fette ancora e ancora, in plurime strisce parallele, quindi dei cubetti dalla forma totalmente artificiale. Gli spigoli perfetti, la sostanza intonsa come quella di un cubetto zuccherino. “Oh, Dea della Misericordia!” Continua il filo del ragionamento necessariamente astruso: “Chi di voi ha creato l’assurdo Frutto degli Otto Immortali?”
“Il bāxiān guǒ (八仙果) mio caro atterrito partecipante all’infinita ruota della Vita, e puro appannaggio della parte della Triade che appartiene alla vostra esplicita competenza. Né Terra, né Cielo. Solo e soltanto te, l’Uomo.” Verità rivelata: qualcuno in base ad un’antica procedura, nella grande sala di uno spazio deputato, ha separato la parte superiore della buccia di un grosso pomelo (benché un tempo pare che si usassero i cedri o limoni giganti). Quindi ne ha tirato fuori, un pezzo alla volta, l’interezza della polpa aspra e dal sapore astringente. Per mescolarla e prepararla, assieme ad un intruglio che non avrebbe fatto sfigurare il Primo Alchimista della storia, Zhang Daoling. Operazione a seguito della quale, con contegno quasi tipico di un rituale sacro, ha riversato dentro il recipiente la sostanza risultante. Prima di portare il tutto in un luogo asciutto e caldo, per favorirne l’asciugatura. Oh, stupore. Accompagnato dalla comprensibile domanda di che cosa diamine sia, esattamente, l’assurdo Frutto degli Otto Immortali bāxiān guǒ?
medicina tradizionale
Dalla Cina il bianco fungo che facilita l’intramontabile ricerca della bellezza terrena
Potrebbe sembrare strano avvicinarsi all’antica e vasta disciplina della Medicina Tradizionale Cinese con le aspettative dogmatiche tipiche di un culto religioso, considerando le profonde implicazioni per lo meno pseudo-scientifiche necessariamente facenti parte di qualsivoglia procedura mirata alla conservazione, o la riconquista del benessere dell’organismo umano. Eppure non sarebbe del tutto erroneo individuare in un particolare testo redatto nel periodo culturalmente importantissimo della dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C.) il ruolo di effettivo libro sacro, e nell’autore alle origini dell’ancestrale tradizione orale da cui deriva quello di un effettivo nume tutelare ed imperituro. Sto parlando chiaramente del Ben Cao Jing (本草经 – Canone delle Erbe Mediche) di Shennong (神農 – Il contadino divino) semi-leggendario dio-antenato e Imperatore Rosso vissuto attorno a 5.000 anni fa, cui viene attribuita un’ampia gamma di nozioni relative alla coltivazione e l’utilizzo dei tesori della terra come tramandate da un’insigne ed operosa posterità cinese. Trattazione parzialmente basata su atti di fede e preconcetti, oggi facilmente superati dalla scienza moderna, benché in altri casi le due discipline abbiano trovato, inaspettatamente, significative ragioni di concordia in merito a particolari argomenti. Ed ingredienti: vedi per l’appunto il caso dell’Yin’er shu (银耳属 – Orecchio d’argento) trattato nel capitolo sulla salvaguardia dell’energia oscura dello Yin, ovvero la specie fungina correntemente nota come Tremella fuciformis, una specie parassita dai caratteristici corpi fruttiferi candidi come la neve, simili nella forma a dei voluminosi fiori o da un’altra angolazione, piccoli cervelli abbarbicati alla corteccia degli alberi della foresta. “Andate a coglierli in inverno nelle foreste d’abeti.” Recitava l’antica trattazione, in assenza di una metodologia evidente per poter riuscire a coltivarne significative quantità all’interno di situazioni controllate artificialmente. Almeno finché molti secoli dopo, attorno al XVIII-XIX secolo, le prime fattorie iniziarono a perseguire una produzione seriale di questa particolare specie, mediante l’utilizzo di tronchi sezionati e fatti marcire negli spazi cupi ed umidi di apposite foresterie. Un procedimento ulteriormente migliorato, in epoca più recente, tramite l’acquisizione della tecnica per il trapianto intenzionale del micelio o spore di questo fungo, sebbene anche un tale approccio sembrasse lasciare nel processo dei significativi margini di miglioramento. Questo perché ancora mancava la presa di coscienza, risalente essenzialmente all’epoca contemporanea, della necessità dell’ingrediente di crescere a discapito di altre specie usate come base fertile, da cui trarre il necessario apporto di sostanze nutritive per la crescita: varie specie dall’ascomicete Hypoxylon, tra cui soprattutto quella successivamente riclassificata nella specie Annulohypoxylon archeri, oggi mescolata preventivamente all’interno di un apposito additivo, contenente anche la forma generativa del fungo Tremella. Per quella che è giunta progressivamente a costituire un’industria gastronomica e di portata quanto meno asiatica, mentre niente meno che globale riesce ad essere quella consistente nella creazione di creme e trattamenti cosmetici prodotti con sostanze di questa natura, con un’effetto misurabile d’idratazione della pelle paragonabile a quello dell’acido ialuronico. O persino superiore, in base a certi parametri, ad un simile prodotto dell’odierna tecnologia clinica, dimostrando una solida base per l’originale utilizzo da parte delle classi privilegiate della Cina pre-moderna, tra cui quella più importante di tutte: la corte stessa dell’Imperatore…