Il cuore della taiga nel macigno in bilico sule precarie alture siberiane

I grandi territori e le meravigliose geometrie della natura, gli alti picchi, le profonde valli, i laghi scintillanti che rispecchiano gli azzurri cieli distanti. Cosa può colpire maggiormente la fervida fantasia delle persone? Forse centinaia di migliaia di anni di fenomeni geologici, coadiuvati dal frangente di cause ed effetti quanto meno singolari. Il tipo di evenienze in grado di lasciare in corso d’opera un processo, se così vogliamo definirlo… Gravitazionale. Da innumerevoli generazioni è cosa nota, nel distretto federale di Krasnoyarsk Krai, che talvolta ciò che sembra è esattamente quello che campeggia nella concatenazione delle pietre evidenti. Per il modo in cui un esempio di quest’ultime dal peso significativo di 500 tonnellate, 1.000 metri sopra il vasto teatro del cratere endoreico del lago Радужное (Raduzhnoye – Arcobaleno), appare prossima a staccarsi rovinando rumorosamente fino all’increspata superficie di quell’acqua riflettente. Eppure questo non succede, né parrebbe in grado di verificarsi, fino a che le condizioni in essere non incontrassero una variazione dei propri reciprochi e latenti presupposti. È la Висячий камень (Visyachiy kamen’ – Pietra sospesa) l’imponente macigno di sienogranito dalla remota origine ignea, che periodicamente ricompare online venendo erroneamente attribuita a varie circostanze geografiche tra il Nord America, l’Europa e l’Asia Orientale. Piuttosto che il parco naturale di Ergaki, lo “Yosemite di tutte le Russie” dislocato in corrispondenza ed attorno alla catena dei monti Saiani, ove costituisce suo malgrado una popolare attrazione turistica per chi nell’epoca moderna si è trovato a riconoscerne l’esistenza. Una sfortuna potenziale quest’ultima, se non fosse per la sua inerente stolidità e resistenza agli spostamenti. Giacché persistono all’interno di questo mondo, un certo di tipo di persone che quando sentono parlare di qualcosa di eccezionale o inspiegabile, lo interpretano da subito come una sorta di sfida. Potendo prendere la situazione in mano, con l’intento di restituire il mondo a proporzioni ad un livello consono ai confini delle proprie limitate ambizioni situazionali. E non sto parlando semplicemente dei soliti curiosi ed imprudenti, che in luoghi simili si affollano invariabilmente a spingere o tirare il macigno, nella superficiale speranza di poter riuscire a “cambiare le cose”. Bensì un vero e proprio sforzo di concerto, posto in essere in trascorsi incerti da una squadra di ben 30 persone, armate di argano e martinetti con il puro e sincero intento di rovinare l’ineccepibile costrutto della natura. Soltanto per andare incontro a una maledizione, quando per ogni centimetro che gli sembrava di guadagnare, la Visyachiy oscillava sulle loro teste in modo stranamente minaccioso. Finché non divenne all’improvviso chiaro che tentando di persistere, non solo avrebbero fallito nel proprio obiettivo. Ma ne avrebbero pagato le severe conseguenze finali. Ciò favorì in modo considerevole, potrete facilmente immaginarlo, l’ulteriore crescita di miti e leggende…

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Dalla Svizzera una ruspa intelligente in grado di creare muri dai macigni sparsi

Una mente realmente efficiente non può fare a meno di essere slegata dal proprio corpo. Dopo tutto non è forse proprio questo l’obiettivo dell’attività meditativa associata a tante religioni e discipline orientali? Alleggerire, liberare il pensiero, per tornare sulla Terra liberi dalle catene metafisiche capaci d’intrappolarci ancor più strettamente della gravità stessa. Ma soprattutto, tale stato riesce ad essere desiderabile in tutti quei casi in cui ci si avvicina ad una mansione creativa, intesa come valida attribuzione delle nostre abilità inerenti ad uno scopo pre-determinato. Come dipingere un quadro. Scrivere un romanzo. O costruire un muro. Del tipo a secco, s’intende, ovvero privo di un medium che obbliga i componenti ad aderire l’uno all’altro, risultando per di più questi ultimi la risultanza pressoché diretta di un processo produttivo pregresso. Niente affatto, capo! Anche perché si tratta di un approccio che inerentemente implica difficoltosi aspetti da considerare: il costo in termini di tempo (ed impronta carbonica) d’immense, sempre più numerose fabbriche di mattoni; la necessità logistica di trasportare il materiale a destinazione fin da un centro operativo distante. Nel mentre un esperto addetto ai lavori ben capisce come niente di più comune occupi gli spazi delle nostre valli e pendici montane, che letterali laghi di macigni, oceani di massi, diluvi di detriti sovradimensionati. Esattamente quel tipo di orpelli che gli antichi, tanti secoli o millenni a questa parte, avevano imparato a sovrapporre come in un gioco spaccaschiena del Tetris, creando un tipo di elementi architettonici capaci di superare indisturbati il passaggio delle generazioni. Ed è proprio questa l’idea del macchinario dotato di una “sua” mente, rigorosamente artificiale, creato dal precedente ricercatore del Politecnico di Zurigo, Ryan Luke Johns, ad oggi CEO della sua startup per il settore dei contractors, o per meglio dire un settore che a partire da un domani potrebbe anche fare a meno dei contractors stessi. Grazie a un circo di robo-animali di cui l’oggetto qui presente potrebbe anche essere soltanto il precursore. Pur risultando incomparabilmente, innegabilmente utile in ciò che gli riesce meglio. Definito HEAP (Hydraulic Excavator for an Autonomous Purpose) esso tende a presetnarsi come un Menzi Muck M545 da 12 tonnellate con configurazione “camminatrice” o “a ragno” dotato di una quantità superiore alla norma di sensori e tecnologie di rilevamento. Questo per la predisposizione a ciò che riesce ad essere una rara prerogativa: quella di muoversi e operare nella più totale assenza di un guidatore umano. Mentre sposta, solleva, seleziona ed osserva attentamente i suddetti agglomerati minerali prima d’impegnarsi a sovrapporli in una configurazione particolare. Quella necessaria affinché, spalleggiandosi l’uno con l’altro, si sostengano a vicenda per molti anni a venire…

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