La mente e l’occhio umano: due parti della stessa macchina il cui funzionamento, la maggior parte delle volte, risulta essere misterioso. O quanto meno, sembra operare attraverso sentieri poco chiari, come in tutti quei casi in cui si può osservare un qualcosa, per innumerevoli volte, senza notare alcunché possa definirsi fuori dall’ordinario. Finché un giorno all’improvviso, per la convergenza di una serie di fattori o il sussistere di un particolare stato d’animo, la verità appare lampante, scardinando ogni certezza che precedentemente avevamo dato per una labile ovvietà. Sta facendo il solito giro dei video virali e divertenti online questa breve animazione, dall’origine non sempre dichiarata, rappresentante una sorta di colonna color cemento, al cui interno sembra intenta a discendere una certa moltitudine di persone, tutte alla stessa identica velocità. E a un primo sguardo dato di sfuggita, la scena appare fin troppo “evidente”: la strana struttura deve contenere una lunghissima scala mobile, o in alternativa, un qualche tipo di tapis-roulant rotativo, se non fosse che… Grazie alla prospettiva, è possibile osservare i piedi delle persone che camminano ai livelli inferiori. Le quali, esattamente come i passanti di una comune strada cittadina, sono semplicemente intente a mettere un piede dopo l’altro, ovvero in altri termini, camminare. Il senso di suggestione, a questo punto, piuttosto che calare, aumenta: poiché riguardando il resto della scena con la nuova conoscenza, è inevitabile provare un certo senso di empatia portato innanzi dalla percezione a distanza dell’esercizio fisico, immaginando l’avanzata con lo sguardo puntato sulla persona davanti, mentre ci si adegua spontaneamente alla sua andatura. E il mondo che sembra fare lo stesso, ruotando spontaneamente al di sopra del parapetto: questa è la forza ipnotica della spirale. Una delle forme più significative in tutto l’Universo della natura.
Però signori e signori, ecco la verità: non c’è proprio niente di sovrannaturale o cosmopolita in tutto questo. Poiché la scena si svolge, guarda caso, nella bella città italiana di Milano. Dentro, o per meglio dire sotto, il secondo edificio più famoso dell’intero suddetto contesto urbano, quella titanica astronave poggiata nel bel mezzo di un quartiere risalente al XVII secolo, che un tempo era soltanto un villaggio agricolo sulle rive del fiume Olona. Finché non arrivo l’integrazione amministrativa e di seguito a questa, l’opera innovatrice dei costruttori. Saltiamo quindi qualche generazione, ed arriviamo al 1925, quando l’imprenditore e allora presidente del Milan, Pietro Pirelli, decise che uno stadio dovesse essere costruito per la sua squadra, non troppo distante dall’ippodromo cittadino. Lo spazio fu quindi trovato, i permessi vennero concessi (all’epoca, era meno difficile che adesso) e con l’aiuto dell’architetto di fama Ulisse Stacchini (classe 1871) sorsero quattro tribune attorno a un appezzamento di terra, di cui una coperta, complessivamente capaci di ospitare fino a 35.000 spettatori. E fin lì, nessuna traccia di spirali. Il suo completamento richiese all’incirca un anno, al termine del quale si tenne uno storico derby amichevole che venne vinto dall’Inter, tra l’esultanza dei suoi tifosi in ogni angolo d’Italia. Nel 1935, quindi, il Comune acquistò lo stadio, aggiungendo le curve ed incrementando la capienza delle tribune. Ma il vero e più significativo mutamento della struttura non sarebbe giunto fino al 1955, quando il coinvolgimento dell’architetto Armando Ronca permise di aggiungere un secondo anello di spalti posizionato al di sopra di quelli precedentemente esistenti, potenziando inoltre l’impianto d’illuminazione. Lo stadio, ora e finalmente in grado di accogliere più di 80.000 persone, assunse allora l’aspetto che lo caratterizza ancora. Una delle difficoltà maggiori da superare nel nuovo progetto, tuttavia, era di tipo sostanzialmente nuovo: come far muovere svariate decine di migliaia di persone fino all’altezza di circa 50 metri (la sovrastruttura si trova a 68) senza che queste si urtino l’un l’altra, creino ingorghi pazzeschi o finiscano per sfogare in una sorta di carica selvaggia le frustrazioni di un’eventuale sconfitta sul terreno di gioco? La soluzione fu innovativa, benché in campo mondiale, non del tutto priva di precedenti: integrare le scale stesse nelle massicce colonne di sostegno costruite per sostenere la struttura, creando un lungo camminamento che sarebbe stato ascendente all’inizio dei fatidici 90 minuti, e discendente al termine degli eventuali tempi supplementari. Sarebbe stata la naturale tendenza degli esseri umani ad adeguare la propria andatura chi si ritrovano intorno, purché in un contesto in cui la meta sia comune e del tutto evidente, a occuparsi del resto…
illusione ottica
Le illusioni ottiche perdute del creatore dei cilindri ambigui
Un’automobilina gialla è parcheggiata al sicuro sotto la sua piccola tettoia, dall’apparente forma di un rettangolo convesso o sezione di un cilindro che dir si voglia. Ma basta osservare la scena allo specchio, per scoprire una visione alternativa della realtà: la struttura assume la forma, a quanto pare, di un paravento disposto a zig-zag, decisamente meno utile a far scivolare via la pioggia… Qual’è dunque la realtà, l’una oppure l’altra delle due visioni? O magari la più improbabile via di mezzo tra le due? Nel proseguire della carrellata, un cerchio che rappresenta la luna viene fatto ruotare su se stesso. Raggiunta la posizione dei 180°, esso diventa all’improvviso…Una stella! Un fiore si trasforma in farfalla. Una bottiglia di vino, in bicchiere. È difficile, raggiunto un tale punto, immaginare quale sia il segreto di quest’uomo…
Si, potremmo chiederlo alla Francia, in forza della conclusione dei recenti Europei di calcio: vincere non è facile, ma ciò che costa veramente fatica, alla fin fine della fiera, è giungere secondi nell’assegnazione degli onori del torneo. Perché se è vero che hanno inventato quella cosa, il podio che è struttura metaforica e/o effettivamente calpestabile (ne vedremo molti laggiù a Rio) va anche detto che posizionarsi sui due cubi laterali comporta quasi sempre un senso di rimpianto inalienabile, ricolmo del “forse avrei dovuto fare la tale cosa” oppure “perché mai ho scelto di rispondere a quel modo!” La strategia: un punto fondamentale degli sport, siano questi di squadra oppure individuali, il valore oggettivo che condiziona l’esito della disfida. Mentre diverso è il caso di una gara che, per quanto prestigiosa, comporta la selezione di un qualcosa di creativo. L’àmbito contestuale, da che il mondo è tondo, dell’assoluta soggettività dell’individuo, che seleziona sempre ciò che maggiormente colpisce il SUO modo di vedere le cose e l’Universo, la SUA inclinazione perfettamente personale. Il che ci porterebbe a chiederci, in ultima analisi, a cosa serva l’annuale competizione “Illusione dell’Anno” che si tiene presso il Centro Filarmonico delle Arti di Naples, in Florida, con lo scopo di premiare colui o colei che ha saputo dimostrare la migliore capacità di trarre in inganno le pupille ed i neuroni degli umani. Quando è chiaro che persino la giuria più esperta, in ultima analisi, non potrà che far classifica di ciò che in quel particolare momento, tutto considerato, gli è sembrato maggiormente fantasioso, creativo, originale. Se poi si dovesse addirittura decidere di far votare i migliori tra i finalisti al “grande pubblico” attraverso un semplice sondaggio online, come orgogliosamente dichiarato dall’organizzatrice dell’evento, la Neural Correlate Society, allora apriti cielo!
Disinteressato, spontaneo, sincero: tre meriti che l’utente medio di Internet, pur possedendoli nella sua vita reale, tende a non mostrare in ciò che clicca e tenta di portare alle più estreme conseguenze. Così è capitato che quest’anno, al termine della prestigiosa kernesse, una proposta visivamente sorprendente come quella dei “cilindri ambigui” di Kokichi Sugihara, professore di matematica all’Università Meiji di Tokyo, siano giunti dietro a una realizzazione che si è rivelata secondo l’evidente opinione dell’ancor più grande prova popolare, a conti fatti, molto meno significativa. Intendiamoci, non si può certo dire che la breve sequenza di Mathew T. Harrison e Gideon P. Caplovitz dell’Università del Nevada, intitolata “Motion Integration Unleashed: New Tricks for an Old Dog” sia stata priva d’interesse o meriti di sorta. E i loro gabors in traslazione, pallini astratti in grado d’ingannare l’occhio con il movimento interno di un pattern, certamente avranno stupito più di un occhio ed un cervello privi di alcun preconcetto pre-esistente. Ma quando la maggior parte dei blog mondiali, Reddit e persino alcuni quotidiani online di fama, pubblicano un raro articolo sulla gara (più che altro per mostrarne i video) ponendo nel titolo non il primo, ma il secondo classificato…È chiaro che qualcosa non è andato per il verso giusto.
Il segreto per far muovere le uova decorate
Pasqua, tempo di rinascita. Per Padri, Figli, Spiriti Santi…Ed anche, all’altro lato dello spettro, mostri senza volto, nome o un’epoca di provenienza. Secondo una credenza degli Hutsul, popolazione indigena dell’Ucraina Occidentale, sotto le montagne dei Carpazi è incatenato un colossale serpente, il cui agitarsi causa frane o terremoti. Ogni anno, con il sopraggiungere della stagione primaverile, esso invia i suoi dodici servitori nel mondo, affinché gli dicano se è giunto il suo momento. Pare infatti, per quanto sia incredibile, che la lungamente temuta liberazione della bestia sia in realtà unicamente connessa alla nostra capacità di mantenere una particolare tradizione. Finché gli esseri umani continueranno a decorare delle uova offerte alla memoria del Salvatore, recita la profezia, quelle scaglie non potranno mai conoscere la libertà. Se invece i messaggeri dovessero trovare nelle città e nei paesi una quantità insufficiente di pysanky (questo il nome della relativa arte nell’idioma locale) questi faranno subito ritorno nell’oscuro labirinto sotterraneo, ghignando con diabolica soddisfazione. Per allentare, come concessogli da un patto molto antico, le catene del loro padrone, che in tutta risposta potrà muoversi di qualche metro in più, causando ulteriori orribili disastri naturali in giro per il mondo. Se poi un giorno, addirittura, non dovesse venire riscontrata l’esistenza di una sola singola pysanka, allora, una calamità suprema ed orribile cadrà sopra di noi! Perché il draco sarà finalmente libero. E allora l’universo intero, conoscerà finalmente la sua grande fame. Sembra una situazione estremamente precaria, a descriverla in questa maniera. Ma non temete: innanzi tutto, perché la decorazione del tipico guscio che produce la gallina, o di altri uccelli più imponenti o nobili, è diffusa in innumerevoli paesi, e per di più comune sia al Cristianesimo d’Occidente che a quello Ortodosso. Per il quale ultimo, incidentalmente, la Pasqua deve ancora arrivare, per il fatto che una semplice espressione come: “La prima domenica dopo la prima luna piena dopo l’equinozio” è in realtà condizionata da fattori di contesto, quali il calendario utilizzato (giuliano, gregoriano) ed il tipo di fase presa come riferimento, che può essere astronomica o ecclesiastica (formale). Per non parlare dei diversi tipi di equinozio, non sempre corrispondenti all’effettivo moto dei pianeti, fissati dalle due culture in date differenti. Quindi, c’è ancora tempo! Pensate che quest’anno, addirittura, l’attesa festività giungerà in tali paesi unicamente per il primo di maggio…
Nel frattempo, il secondo motivo per cui conserviamo la facoltà di farci beffe degli sforzi del diabolico rettile, eternamente condannato nel suo esilio sotterraneo, è di un tipo più contemporaneo e tecnologico. Esiste in effetti, strano a dirsi, un metodo automatico per fare le pysanky. Come una sorta di macchina CNC, o per usare un termine più casalingo, la stampante del nostro PC. Prodotto e messo in commercio da niente meno che la Evil Mad Scientist Laboratories, in collaborazione con l’artista americano di fama Bruce Shapiro, a cui per primo venne l’idea. Il suo nome, neanche a dirlo, è già un programma: EggBot. Per usarlo basta sostanzialmente prendere l’ovetto, e metterlo sopra un apposito bastoncino motorizzato. Quindi inserire la propria programmazione nella macchina, che tramite alcune agili movenze del proprio braccio meccanico, impiegherà la selezione ritenuta appropriata di matite o pennarelli per creare un qualche tipo di magnifico design. Datelo in mano al mondo delle aziende, un simile strumento incomparabile, ed avrete unicamente in cambio un sacro logo stampigliato sulla superficie candida del pegno di sedere di gallina. Fornitelo magari ad un creativo, e quello lo userà per esprimere le proprie idee, per la prima volta, lungo la superficie curva della più semplice e comune meraviglia naturale. Ma che succede se a disporre di un simile apparato, per gli alterni casi del destino, fosse invece la facoltà di Ingegneria Elettronica dell’Università di Praga? Ce ne saranno, assai probabilmente, da vedere delle belle. Come dimostrato, guarda caso, in questo video più che mai intrigante, nel quale Jiri Zemanek (Prof.? Ric.? PhD?) procuratasi del tempo di utilizzo dell’Eggbot, lo mette al servizio delle sue equazioni preferite, costruite e messe alla prova grazie all’ambiente di programmazione MatLab, attorno al concetto di spirografia applicata al mondo naturale (Fillotassi: l’armonia naturale delle cose viventi). Il risultato è…Ipnotico, a dir poco.
L’illusione del dinosauro diffidente
Creature rettiliane percorrono le nostre tubature, zigzagando silenziosamente in cerca di un’uscita. Soltanto in pochi le hanno viste. Dentro sono vuote. Presentano colorazione verde, rossa oppure blu, hanno degli occhi grandi e supplichevoli, piccole zampette dalle unghie acuminate. Spesso si rincorrono la coda, instancabili per ore, prima di fermarsi a ponderare l’universo. A quel punto, diventano come delle statue. Ma fate attenzione a non perdetele di vista! Tutt’altro che indifese, queste lucertole possiedono un cervello fine, quanto quello dei mustelidi e dei ratti. Sono attente al minimo dettaglio. Stamattina, ce n’era una sopra questo tavolo. Dico davvero! Nulla sfugge a un tale sguardo… Ebbene, facendomi coraggio l’ho toccata. Le scaglie, devo dirvelo, sono lisce, brillanti. Ricoprono una pelle sottilissima, simile alla carta. Anzi, è proprio carta. Fuori c’è l’inchiostro. Credo che si trovi ancora lì.
Il drago di Gardner, che in questo video ricompare nella versione preistorica di Brusspup (lo youtuber delle cose insolite a vedersi) è il simulacro di un essere guardingo, il cui grugno ha la caratteristica d’inseguirti in ogni direzione. Non guardandoti, però, dritto in faccia, ma di sguincio, quasi di sottecchi. Ed è proprio questo a renderlo speciale. Si tratta in effetti, non di un qualcosa di vivido e strisciante, ma di un semplice gioco, che prende il nome dallo scienziato statunitense Martin Gardner (1914-2010), celebre matematico e scrittore per bambini. Appartiene al conturbante genere delle illusioni ottiche basate sull’ambiguità, come la coppia di Rubin e l’anatra-coniglio. Però, a differenza di queste due, si basa su un principio prettamente psicologico: la pareidolia. Siamo tentati, di fronte all’improbabile, dal riconoscere schemi o modelli della nostra quotidianità. È un meccanismo di semplice autodifesa, questo, usato dagli ominidi per individuare un potenziale predatore, che tuttavia, nei secoli, ha trovato applicazione in molte forme d’arte. Nella grafica, ad esempio, per un motivo visuale soprattutto: la faccia. Persino quella di un’insolita creatura, il dinosauro che fa capolino dalla quarta dimensione.