Danger, achtung, 危ない, rischio di esplosione! Non toccate ciò che non vi appartiene, specialmente se ha un’origine di tipo naturale, costituendo una parte inscindibile del grande fiume delle cose indipendenti. O in alternativa, l’ornamento vegetale di paludi sottintese, agglomerati di casistiche del tutto inusitate. Chi avvicina la sua mano… Sarà presto inseminato. Ricoperto, in modo totalmente letterale, della spuma bianca dello spazio-tempo. 100.000 piante già complete in ogni loro parte, dallo stelo semi-rigido alle foglie con la forma di una lama. Nonché il cruccio, ovvero il nesso, di quest’infiorescenza tubiforme di un color netto marrone, il cui peso appare molto superiore alla realtà. Certo, non è un vegetale come gli altri, ciò di cui stiamo parlando. Bensì la tifa o stiancia, mazzasorda, coda-di-gatto (cattail) salsiccia di palude, erba-della-culla, pannocchia del cosacco o cumbungi, un susseguirsi internazionale di metafore che alludono, di volta in volta, all’aspetto o la funzione di una tale pianta, tanto vicina alle esigenze degli umani da un periodo di almeno 30.000 anni (come da ritrovamenti archeologici di tale Era). Da dunque molto da pensare, e lascia un po’ stupiti, che una maggioranza di persone, benché vivano in prossimità di un luogo dove crescono selvaggi questi giunchi, non conoscano il segreto che si trova al loro interno. O forse sarebbe più preciso dire, la materia stessa di cui sono costituiti, la lanugine biancastra la cui confronto, addirittura il dente di leone sembra un copripenna anallergico.
Il fatto è che, in effetti, soffiare sulla tifa produce risultati largamente deludenti. Poiché essa è ben più solida del succitato pappìo, richiedendo quindi sollecitazioni d’altro tipo, o l’energia del vento stesso, per diffondere il suo carico di vita potenziale, duplicandosi per tutta l’area circostante. Ma il migliore ausilio alla propagazione resta, a dire il vero, l’intervento più o meno informato di creature assai determinate, che facendo il gioco della pianta la distruggono, garantendogli in questa maniera l’immortalità. Internet è piena di simili storie: l’esperienza di ex-bambini americani, ormai membri produttivi della civilizzazione memetica digitale, che scoprirono accidentalmente le surreali proprietà del salsicciotto da cui fuoriesce una punta smussata (in realtà il fiore maschile). Stringendolo tra le manine, per generare l’assoluto Caos. Credete che io stia esagerando? Ma il raceme femmina del cattail è un vero capolavoro del processo biologico evolutivo, compresso come un mobile dentro i cartoni dell’Ikea. Al punto che una volta aperto, o disfatto che dir si voglia, esso pare espandersi in maniera esponenziale. Quasi che al suo interno si nasconda un’apertura interdimensionale verso il piano d’esistenza della purissima allergia. E di certo, più di un genitore deve aver sbraitato all’indirizzo di coloro che, per gioco, ne hanno colto una dozzina o più e commettendo il gesto sopra descritto dentro al giardino di casa propria, ponendo le basi per vederne presto crescere milioni. A discapito delle rose rare di mamma e papà.
Mentre un tempo, molto prima dell’inizio dell’epoca industriale, il salsicciotto di palude aveva costituito una pianta estremamente desiderabile, vista la maniera in cui sembrava migliorare la vita di chicchessia. In primo luogo facente funzione di cibo, per tutti coloro (cosacchi in primis) che erano soliti sradicarla da terra, onde accedere al rizoma semi-sepolto, quella parte dello stelo da cui partono le radici e che una volta sottoposto al peso della macina, dava origine a una farina con 266 calorie per 100 grammi. E poi, per la leggendaria flessuosità ed il grado di resistenza delle sue lunghe foglie a punta, materia prima d’infiniti manufatti umani…