Una è per il suono: un rombo impressionante, fuoriuscito dall’inferno a combustione interna del motore di una letterale superbike, la Suzuki GSX-R1000, trapiantato per l’occasione all’interno di un veicolo che in linea di principio, non avrebbe neppure dovuto riuscire a contenerlo. La seconda, se vogliamo, può essere individuata nell’ebbrezza: quell’ubriacatura ai massimi livelli che deriva dalla momentanea perdita di cognizioni relative alla propria mortalità, mentre ci s’inoltra a una frazione significativa degli stimati 230 Km/h di velocità massima proprio nel mezzo di una fitta foresta, a bordo di un veicolo tra i più pericolosi mai assemblati dalla mano meccanica dell’uomo. Perché il Quad, o ATV (All Terrain Vehicle) che dir si voglia non è solamente la più essenziale nonché perfetta realizzazione di quale sia la “condizione minima” per trasportare una persona ai ritmi accelerati del più impercorribile ed accidentato fuoristrada. Bensì l’unione di una serie di elementi, funzionali, strutturali e di contesto, che cooperano nel tentativo reiterato e cronico di separare le anime dai corpi, a seguito del benché minimo e altrimenti perdonabile (non Trascurabile) errore.
Soltanto un paio dunque delle plurime, e possiamo sospettare ottime (*) ragioni che portarono nell’ormai remoto 2012 Ian Ffitch, il veterano e più volte campione della relativa disciplina motoristica in terra d’Oceania, a salire in sella a quello che potremmo definire senza troppe esitazioni il suo massimo e più inquietante capolavoro: il BRM1000 “Quadzilla” Active Aero 143Hp/220Kg SuperQuad. Prima di tornare a descriverne il metodo d’impiego, a questo punto, vediamo d’analizzare l’origine di un così lungo nome. La dicitura iniziale rappresenta chiaramente il motore, un quattro tempi da 1000 di cilindrata e 59 Kg di peso, capace di trasmettere fino a 160 cavalli di potenza direttamente alle due ruote posteriori del veicolo, dal peso appena superiore a un paio di quintali; con un risultante rapporto di potenza largamente sufficiente, nella fattispecie, a sconfiggere ben più costose & ponderose vetture nel corso della propria originale raison d’être, l’edizione del 2002 della corsa in salita neozelandese Silverstone “Race to the Sky”, capace di costituire nei lunghi anni tra il 1998 e il 2007 il più lungo tragitto su ghiaia al mondo. La solita associazione anglofona al mostro gigante del cinema giapponese Godzilla è invece un soprannome ereditato, in via indiretta, dalla base usata per il telaio largamente riprogettato di una simile creatura, ovvero l’originale Suzuki LT500 del 1987, semplicemente il più veloce quad di serie che sia mai stato assemblato all’interno delle fabbriche di una grande casa motociclistica. Un mostriciattolo in potenza, con il suo due tempi da 500 cc e un ritmo massimo dichiarato di 160 Km/h, semplicemente spropositato per un veicolo come questo, capace di sbalzare il proprio utilizzatore in curva con tutta l’enfasi autodistruttiva di una catapulta. Ma è quando giungiamo finalmente alla bizzarra dicitura Active Aero, che le cose iniziano a farsi davvero interessanti…
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La notte delle Lamborghini samurai
Un miraggio fulminante del sararayman, lo stipendiato. Sette tori sfolgoranti nella notte. Ore 20:30. Lavoratore fedele e affezionato, che completa l’ennesima sessione di straordinari nell’azienda della Megalopoli d’Oriente. Stanco e soddisfatto, sale sulla sua umile Toyota e imbocca la monumentale Shuto Kōsoku Dōro, superstrada tokyoita. La città gli scorre sotto indifferente, un mondo senza ruote e aspirazioni, privo dell’asfalto migliore, quello sostenuto dal cemento. Solo sua è la Via Fluttuante, questa Tokaido dei moderni samurai. O così spera. Scorge luci all’orizzonte, finestre di altri uffici e abitazioni, un firmamento delle umane attività. Pensa al suo ruolo, alla sua famiglia, alla giornata. Sempre, comunque! Ligio alle regole, sicuro! Responsabile perché…Rispetta i limiti! Cinquanta Km/h, cento splendidi lampioni per minuto, raggiunge lo svincolo per Yokohama, imbocca il braccio dello sterminato lungomare e già pregusta il rombo del motore ed il sapore; di una ciotola di ramen, nesso di una cena troppo a lungo rimandata. Sono le 21. Le luci elettriche si fanno rarefatte, meno frequenti, mentre si amplia la fiducia in concessione agli automobilisti. Sono queste vaste corsie, corsare. Di feroci scorribande. Mentre gradualmente aumenta la velocità fino ad ottanta, immaginando inesistenti paraboliche su lievi curve a destra, scorge il variopinto deretano di una diavolesca supercar. È una Lambo punteggiata di pazzesche luci al neon, che procede, momentaneamente, a passo di riposo. Innanzi a lei, altre meraviglie provenienti dall’Italia. D’un tratto, si ritrova in mezzo al vortice. Il fiore di ciliegio a inizio aprile, rosa candido e spontaneo, poi rosso vivo dei guerrieri del Kai, con ancora più cavalli! E lentamente vira verso il bianco abbagliante, purezza di un foglio calligrafico, l’esteriorità che attende il suo pennello. Accecando momentaneamente il pendolare, che di rimando intinge la sua mente nell’inchiostro: “Chi vi credete di essere voialtri, i proprietari della strada?” Improvvisamente elettrizzato, afferra saldamente il suo volante grigio topo. Preme l’acceleratore, si sposta verso destra preparandosi al sorpasso e…