AB-ET-GH-58-67-28-12… Avete mai provato ad inserire sillabe a caso nella casella di ricerca di Google? Cifre senza senso, oppure sigle improvvisate, scovando imprevedibili risultati appartenenti a genìe senza una chiara provenienza. Letterali parole abbandonate nell’etere di un mondo digitalizzato… Tuttavia sempre attraverso il filtro di un archivio e l’indice creato da un insieme di algoritmi artificiali, che potremmo definire, in un certo senso, l’intelligenza sublime del Web. Ma prima delle connessioni a banda larga, prima dei computer meno ingombranti di una scrivania, prima di Facebook, Instagram e indirizzi IP di chiara provenienza, c’era un modo differente per “surfare” sopra il flusso delle informazioni dall’origine del tutto sconosciuta. E quell’approccio prevedeva, in modo estremamente semplice, l’estensione dell’antenna telescopica facente parte di un compatto apparato: il ricevitore radio a onde corte. Immaginate perciò negli anni 60 o 70 nella città di Odessa, un uomo che cammina nel parco con in mano una comune radiolina. Con un gesto totalmente naturale, quindi, egli l’avvicina all’orecchio sinistro ascoltando con attenzione, per poi guardare alcuni attimi il quadrante del suo orologio. Quindi si siede su una specifica panchina, ad aspettare. Un giardiniere intento a potare una siepe gli passa vicino; nessuno, negli immediati dintorni, nota che gli ha passato una piccola capsula dal contenuto sconosciuto.
Niente di REALMENTE inusitato, giusto? Tutti sappiamo come operavano le spie prima della caduta del muro di Berlino, quali fossero i loro metodi ampiamente mostrati nella cinematografia di genere e l’approccio particolarmente furtivo al trasferimento di ordini ed informazioni. La cosa assume tuttavia una proporzione totalmente differente qualora, procurandoci un semplice residuato di storia dell’elettronica, iniziassimo a metterci in ascolto in questo anno 2020. Udendo risuonare nelle nostre orecchie, alla stessa identica maniera, gli echi di un approccio comunicativo tanto persistente da attraversare, letteralmente intonso, il trascorrere delle generazioni. Scovare una delle cosiddette stazioni numeriche ancora attive, senza conoscenze pregresse, non è particolarmente semplice: richiedendo, oltre alla sintonizzazione del canale corretto anche la pazienza di restare in attesa, finché il suono familiare di una musica o voce umana inizia ad emergere dal sottofondo dei rumori bianchi eternamente identici a loro stessi. Ed è perciò una fortuna, per i curiosi dell’intera faccenda, che molte di esse siano già lungamente note nell’ambiente degli appassionati, con tanto d’indirizzo pronto da inserire all’interno del macchinario. Come 5473 kHz, la ruota scricchiolante: letterale propagazione ininterrotta del suono titolare, accompagnato da una serie di messaggi inintelligibili in diverse lingue slave. 5422 Khz, il Bracconiere del Lincolnshire, che era solita esordire le trasmissioni con un brano musicale della celebre canzone folkloristica inglese, seguìta dall’incomprensibile serie di codici o numeri dal mittente rigorosamente sconosciuto. Per giungere, quindi, alla più famosa e longeva di una tale serie di emittenti l’UVB-76 situato sui 4625 kHz, anche detto “The Buzzer” che ha continuato ad emettere la ragionevole approssimazione di una sirena antiaerea distante per un periodo stimato attorno ai 45-47 anni, intervallato da occasionali interruzioni per l’invio dei codici alfanumerici dall’obiettivo misterioso.
Potrebbe perciò sorprendere la maniera in cui un sistema per le comunicazioni a distanza come le onde corte, inclusivo per definizione, in quanto capace di raggiungere distanze particolarmente elevate anche senza l’uso di satelliti, grazie al modo in cui la trasmissione riesce a rimbalzare sugli strati superiori dell’atmosfera terrestre particolarmente dopo il tramonto del Sole, possa essere stato scelto in passato per l’impiego nel campo spionistico, dove la segretezza dovrebbe (idealmente) farla da padrone. Almeno finché non si considera che cosa, esattamente, riesca a fare la crittografia applicata…
crittografia
Tra queste mura nascono i Bitcoin
Se qualcuno puntasse un visore termico verso quel capannone niente affatto diverso dagli altri della Cina rurale, laggiù nella campagna di Liaoning, rivelerebbe una macchia di calore vasta e variegata, con due poli gelidi alle estremità. Come denti fiammeggianti, o arcane merlature, osserverebbe un susseguirsi di scatole rettangolari, ciascuna posta in batteria con le sue simili, per una schiera dopo l’altra di ingombranti macchinari. Difficile chiamarli, semplicemente, dei computer. O normali server. Almeno nell’accezione più moderna del termine, che prevede un certo grado di funzioni e versatilità. Questi attrezzi astrusi, raffreddati senza l’uso di un condizionatore ma soltanto con pareti intere trasformate in delle impressionanti ventole giganti, assomigliano piuttosto a delle bestie. Usate per produrre i loro doni, alla maniera delle mucche, anatre in batteria o di un tremendo alveare d’api tranquillamente ronzanti, seppur pericolose da toccare. Ciascuna di queste scatole nere è unicamente un massiccio conglomerato, in effetti, di ASIC (Application specific integrated circuit) processori concepiti per svolgere quell’unica funzione, con furia estrema e ripetuta, fino al giorno non lontano della fine della loro esistenza. Ciò che ne risulta, è un’ondata senza fine di calore. E soldi, questo va se. Altrimenti chi la paga, la bolletta…
Il concetto stesso del denaro è un’astrazione dalla genesi tutt’altro che apparente. Da principio, c’era un pozzo senza l’argano, nell’esatto punto al centro del villaggio dell’umanità. Sopra di esso, appeso ad una lunga corda lì gettata, un grosso secchio di metallo del peso, grossomodo, di 15 Kg. Possiamo considerare un simile apparato, a scopo puramente metaforico: la fonte da cui attingere, ciascuno dopo l’altro, per raggiungere lo stato di una sussistenza dignitosa, solo e unicamente grazie alla fatica dell’individuo. Non si può quantificare lo sforzo fisico necessario a sollevare un carico, per lo meno in una forma che sia meno che arbitraria. Né metterlo da parte, per usarlo nei momenti o nei periodi del bisogno, come al sopraggiungere della vecchiaia, quando 15 o 200 Kg, da immergersi a parecchi metri sotto il suolo, non fanno alcuna differenza: il troppo tale resta e tanto vale non illudersi. In principio c’era solo la famiglia. Un nucleo di persone deputate da legami non quantificabili, disposte e deputate ad aiutarsi. Fin dall’epoca preistorica, dunque, poteva bastare un singolo individuo, o gruppo di individui giovani e prestanti, per ciascuna schiatta, clan, tribù o stirpe, perché tutti o quasi potessero suggere la soave limpidezza, e depurarsi e dissetarsi quanto necessario.
Però immaginate, tanto per fare un’ipotesi, di essere sperduti con gli altri passeggeri di un volo precipitato presso un’oasi, nel centro esatto del deserto, per un tempo esatto di due settimane. Tutti esimi sconosciuti. E che l’unica speranza di raggiungerne la fine sia poter immergere, ed estrarre nuovamente, tale mestolo salvifico e pesante, così terribilmente pesante. Ora, tra i vostri compagni esisteranno due categorie: tutti coloro che sapranno procurarsi l’acqua e invece gli altri, troppo poco in forma per poter provvedere a se stessi…