Fondamentale risulta essere in filosofia la distinzione tra l’infinita grandezza e l’infinita potenza di un qualcosa, perché se da una parte è facilmente possibile immaginare uno spazio che non si esaurisce mai (molto più complesso, piuttosto, è concepire il nulla che dovrebbe circondarlo) risulta molto evidente che la capacità di modificare la realtà appartiene al concetto largamente religioso di un Essere Supremo, che non può essere provato o cancellato dalla logica, semplicemente perché appartiene al puro regno della Fede. Oppure…No? Se soltanto prendiamo in analisi quell’insignificante fetta di universo che si trova alla portata dei nostri occhi scrutatori, si inizia a sospettare una profonda ed assoluta verità: che più un qualcosa si estende nello spazio, maggiormente sembra in grado di esercitare l’effetto di una remota e inconoscibile volontà. L’attrazione gravitazionale che determina il passo delle orbite dei pianeti, il passaggio regolare e cadenzato delle comete, l’occhio nero come la pece che genera fiammate sito nel centro esatto della Via Lattea… Tutto avviene per una ragione, quella ragione, se vogliamo, può essere definita suprema fatalità del cosmo. Prendete ora, per un attimo, come vera tale sfrenata ipotesi. Dove si troverebbe, dunque, l’esistenza più possente di tutte? Difficile capirlo, va pur detto. Ma ne conosciamo alcune che ci vanno particolarmente vicino… Come l’ammasso di galassie della Fenice o SPT-CL J2344-4243, sito a 5,7 miliardi di anni luce dalla Terra e ne occupa 1,1 fino ai suoi più distanti confini. Che risulta tuttavia facilmente misurabile, per le sue dimensioni totalmente spropositate: 2 x 1015 masse solari, abbastanza da causare un picco nei rilevamenti dell’impianto di radiotelescopi ALMA, sito nel deserto di Atacama in Cile, o disegnare una chiara impronta sulla scansione a raggi X del Chandra, telescopio portato in orbita nel 1999, durante uno degli ultimi voli dello Space Shuttle Columbia, nave spaziale andata incontro ad una fine tragica nel 2003. Tanto che nel corso delle prime due settimane di febbraio, come coronamento di un lungo studio dei dati raccolti, un team di scienziati formati in parte da ricercatori del MIT e dell’Università di Cambridge ha pubblicato un articolo sull’Astrophysical Journal che potrebbe gettare luce su una delle proprietà più particolari di questo e molti altri luoghi del cosmo, inclusa la via Lattea che abbiamo l’abitudine di chiamare casa. Proprio così: sto parlando della capacità di crescere, generando una quantità variabile di nuove stelle.
È una questione largamente nota, in effetti, che il nostro Sole ed i suoi innumerevoli simili vadano incontro ad un ciclo vitale chiaramente definito, per cui all’esaurimento del combustibile che ha generato la loro stessa esistenza, esse si spengono o ancor peggio, esplodono e collassano in qualcosa di eccezionalmente piccolo e pesante. Per lo meno, all’inizio… Come sarebbe possibile, dunque, che nel cielo risplendano ancora innumerevoli costellazioni, nonostante l’antichità dimostrabile della materia, per come possiamo dire di conoscerla e comprenderne il funzionamento? Se la morte non fosse un qualcosa di diametralmente opposto alla fine, dando l’inizio ad una nuova sinfonia della Creazione, un qualcosa di così pericolosamente vicino al concetto di un Dio rinato. Prendete atto, dunque, dell’insospettabile realtà: al centro di SPT-CL J2344-4243, in corrispondenza dell’occhio dell’uccello mitologico da cui l’ammasso prende il nome, è sita una galassia di proporzioni pressoché normali, che risulta essere tuttavia il singolo oggetto più luminoso verso cui siano mai stati puntati gli strumenti e i telescopi della Terra. La ragione di tale anomalia è da ricercarsi nella natura stessa del suo nucleo: un buco nero supermassiccio equivalente approssimativamente alla grandezza di 20 miliardi di Soli, tanto è riuscito attraverso gli eoni ad attirare verso di se incalcolabili quantità di materia. Ora noi siamo abituati a pensare, grazie a quanto ci è stato insegnato da generazioni di romanzi e film di fantascienza, che nulla possa sfuggire all’attrazione gravitazionale di un simile luogo, dove la fisica cessa di esistere per come l’abbiamo conosciuta fino ad ora. Mentre a tutto c’è un limite e la realtà dei fatti non potrebbe essere più diversa.