Dov’è andato l’uomo che stampò il sofisticato vortice dell’orologio?

Un passo alla volta, delicatamente, il meccanismo gira e assieme ad esso girano le parti che sostengono il suo cuore complicato. Potenza della carica instradata, con ingegno sopraffino, all’interno di quel labirinto d’ingranaggi che ha dal primo giorno preso il nome di tourbillon, da un termine (turbine) storicamente e filologicamente messo in relazione con i moti della Rivoluzione Francese. Quasi come se la messa in opera di un qualsiasi limite meccanico, piuttosto che costituire un’imposizione, diventasse il raggiungimento di un’inconoscibile assenza d’errori, indipendentemente dalla posizione, che semplicemente non può mancare di essere considerata avveniristica all’interno di qualsiasi contesto attuale o pregresso.
Se è vero che, citando Arthur C. Clarke, ogni forma di tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia, è anche vero che a differenza di quest’ultima, qualsiasi cosa eserciti il funzionamento dei dispositivi costruiti dall’uomo pretende di essere impiegato, se possibile più volte al giorno, al fine di giustificare l’esistenza dei suoi stessi princìpi generativi pregressi. Niente sobrietà dello stregone, o temperanza druidica, per non parlar della morigeratezza del mago, in tutto questo: allo stesso modo di chi ha montato una GoPro sul casco, poco prima di lanciarsi a capofitto nel suo sport d’azione preferito, chiunque abbia portato in casa una stampante tridimensionale con il suo corredo di materie prime dovrà necessariamente mettersi a creare cose, possibilmente differenti da quello che possiamo normalmente avere tramite l’acquisto nei negozi o per corrispondenza. Cose come, nel caso specifico del misterioso Dan. T, la perfetta nonché funzionante riproduzione dell’intero meccanismo situato all’interno di un orologio con tourbillon, sistema usato fin dalla fine del XVIII secolo al fine d’incrementarne la presunta precisione, ma anche e soprattutto per finalità di status e aumento esponenziale del prestigio di colui che lo indossa tra la mano e l’avambraccio. Attenzione ai minimi dettagli e tolleranza per gli errori prossima allo zero: non propriamente il tipico sistema produttivo dei nostri giorni, particolarmente per il tipo di prodotto creato interamente in plastica, con presumibili finalità educative. A meno d’inoltrarci in prodotti dalla storia e il campo d’applicazioni assai specifiche, vedendone aumentare il prezzo di conseguenza. Problema che naturalmente tende a scomparire, nel momento in cui la manodopera ed il perfezionamento degli errori siano il frutto della perfetta unione tra progettista, creatore ed utilizzatore finale. Ovvero, per l’appunto, Dan. T. Il che intendiamoci, non era totalmente rivoluzionario neanche un anno fa: di meccanismi frutto del disegno tridimensionale al computer ed il movimento alfanumerico della testina FDM ne avevamo visti molti. Sebbene l’effettiva qualità di quanto qui mostrato, nonché l’alta qualità del video, sembrassero esulare dai comuni limiti di questa classe di creazioni online. Per non parlare del funzionamento affascinante di questa versione fai-da-te del meccanismo sopra descritto, utilizzato inizialmente al fine di compensare la costante inclinazione verticale di un orologio da taschino, e in seguito i movimenti imprevedibili del polso umano, idealmente capaci d’aumentare la rapidità discendente, e diminuire quella contrapposta, dell’ultima e fondamentale raison d’être ovvero la sottile coppia di lancette, grandi assenti di questa particolare interpretazione funzionale allo scopo. Ma chi ha detto che una macchina debba necessariamente servire a qualcosa, prima di meritare di essere il soggetto dell’umana ammirazione….

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