Così ineffabile, imprevista, impermanente ed invisibile scintilla della vita, che discendendo dalla dimensione superna percuote la materia inanimata, s’insinua tra le crepe e sobillando gli atomi nascosti, li connota con la forza necessaria a trasformarli in altrettante piccole campane vibranti. Cellule, potremmo definirle ma di un tipo assai particolari: poiché nell’elaborazione del fantastico creato dagli umani, così pervasivo è il vasto repertorio delle nostre aspirazioni e desideri, che progressivamente generano conflitti la cui soluzione può essere una sola. E soltanto quella: un combattimento. L’incrocio del più valido ed inoppugnabile degli argomenti? Il tagliente sibilo del dialogo piegato su stesso cento volte? Oppure lo sgorgante ruscello di quel fluido arterioso (in questo caso… Segatura) così notoriamente al centro di un particolare tipo di cinematografia giapponese, il cui massimo livello fu raggiunto da un uomo chiamato Kurosawa… La storia degli spadaccini e tutti coloro che influenzarono quel mondo, in bilico tra antico e moderno, costruito in base ai crismi e metodi dei samurai.
Guerrieri ma anche poeti, studiosi e qualche volta validi artigiani, una casistica quest’ultima ben nota agli storici, benché più raramente utilizzata come fondamento per storie d’intrattenimento popolari della nostra epoca post-moderna. Lo sa bene chi conosce la figura semi-leggendaria di Itami Toshikatsu, vissuto all’inizio dell’epoca Edo (XVII secolo) come abile praticante di molti mestieri creativi, tra i quali venne associato in modo particolare al mondo dell’intaglio e la carpenteria ornamentale. Pur essendo, secondo alcune fonti e del tutto incidentalmente, anche un membro dell’antico e stimato clan degli Ashikaga, precedente dinastia al potere shogunale, ed in quanto tale assai probabilmente addestrato nella pratica e il mestiere delle armi, cui avrebbe fatto ricorso in almeno un caso, difendendo a quanto pare il segreto di una via di accesso nascosta al castello di Edo, alla cui costruzione aveva collaborato nel corso della sua lunga carriera. Ed è molto chiaramente ispirandosi ad un tale aspetto di questa eclettica figura, passata alla storia con lo pseudonimo di Hidari (左 – sinistra/o) Jingorō in quanto persona probabilmente mancina o addirittura priva del braccio destro, che il noto direttore creativo e pubblicitario dei nostri giorni Masashi Kawamura, coinvolgendo altre personalità di spicco dell’intrattenimento del suo paese ha deciso di rendergli omaggio, con il progetto per quella che potrebbe facilmente diventare una delle opere d’animazione più interessanti dell’anno 2023. Interamente realizzata con la tecnica fotografica dello stop-motion, pur traendo ispirazione diretta dall’ambito tradizionale del bunraku (文楽) o teatro dei burattini, e che attraverso questo breve film pilota (una specie di trailer dimostrativo) vediamo alle prese con un temibile nemico simile a un boss della malavita con il segno molto caratteristico di un grosso ideogramma 犬 (inu-cane) sul volto, apparentemente responsabile di averlo attirato in trappola attraverso un qualche tipo di tranello. Entrambi costruiti in legno un colpo di cesello alla volta, grazie alla perizia dei pluripremiati studi Tecarat e Dwarf così come le figure di contorno del combattimento a seguire, mediante una tecnica particolarmente grezza e distintiva, così da enfatizzare la loro natura di piccoli esseri artificiali creati appositamente per il palcoscenico, all’interno di un mondo che diventa in questo modo approssimazione immaginifica di quello reale. Così attraverso un breve dialogo secondo i precisi crismi dell’estetica di genere: (“Io avrò perso un braccio, ma tu sembri aver perso la memoria” e “Credevo fossi morto assieme al nostro maestro!”) ciò che segue per i circa 5 minuti a venire è un breve quanto memorabile esempio di poesia in movimento…