Quattro palle irsute sulla testa dell’insetto con l’antenna globulare

Alto, magnifico, straordinariamente intelligente. Una creatura che in qualche maniera fondamentalmente inaspettata a tutti gli altri, sembrerebbe aver varcato l’ultima barriera dell’Evoluzione. Rendendo futili, sotto qualsiasi punto di vista, gli sforzi biologici delle specie con cui deve condividere gli spazi del pianeta: tutto ciò oramai ritiene d’essere, l’uomo. Eppure soprattutto a nostre spese, occorrerà venire a patti, presto o tardi, con il fatto che una simile presunta superiorità non può essere, in determinati casi, retroattiva. E la maniera in cui colui che nasce con lo scopo ultimo di confondere, quando lo vuole, riesca a farlo ancora con noi. Insetto? Alieno? Accessorio rimovibile per cellulari? O più semplicemente, quel Bocydium! (Globulare) che giacendo sulla foglia dove ha la dimora, può godersi l’ombra di uno straordinario “grattacielo” di chitina. Che fa parte, strano a dirsi, del suo stesso corpo alato, non più lungo di un paio di centimetri e tutt’altro che costruito con l’aerodinamica, come preoccupazione principale. Di volar non se ne parla, dunque, benché costui risulti essere, come gli altri membri della sua famiglia dei Membracidae, un (quasi) perfetto saltatore, come esemplificato dal nome anglofono di treehopper. Ed un parente sotto-dimensionato dell’assai più familiare cicala europea, che del resto qui in Brasile, non avrebbe nicchie adatte ad ospitarla con comodità. Un regno tropicale dove tutte le creature, volanti, striscianti o deambulanti, sembrano rispondere ad un ordine di magnitudine ulteriore, che le ponga in vetta alla piramide dell’incertezza. Eppure nessuna Strana, a conti fatti, quanto il portatore dell’antenna qui mostrata.
E sia chiaro che stiamo parlando, tra tutti i gruppi tassonomici degli insetti, di uno dei più vari e affascinanti per definizione, pari o addirittura superiore per varietà e imprevedibilità delle forme a quello ben più celebre dei coleotteri. I cui membri tuttavia risultano essere abbastanza piccoli, e rari, da sfuggire tra le maglie del senso comune, risultando di sicuro effetto quando all’improvviso, finalmente, vengono rivelati. Ed è niente affatto priva di precedenti, la tipica reazione di personalità magari esperte ma disinformate nello specifico, che venendo al cospetto di simili immagini, finiscono per dichiararsi certi che si tratti di un falso scientifico. Finché un giorno assai distante, finalmente, non camminano dentro la giungla sudamericana (prassi tipica degli entomologi in erba) e uno di questi non finisce per cadergli dritto nel retino. Nient’altro che il più rappresentativo, appariscente e per certi versi notevole membro della sua intera famiglia, usato in quanto tale come esempio chiarificatore di quanto, occasionalmente, la selezione naturale possa condurre verso binari dalle caratteristiche misteriose. Questo perché tale antenna, in effetti, compare sia sopra la testa degli esemplari maschi che delle femmine, permettendo di scartare l’ipotesi che si tratti di un ausilio per l’accoppiamento secondo il principio dell’handicap, che vedrebbe i potenziali partner più validi riuscire a sopravvivere nonostante il problematico elemento. Il che lascia spazio ad una serie d’ipotesi che attraverso gli anni, si sono rincorse a vicenda…

Leggi tutto

L’irascibile pollo che sognava di sconfiggere i mulini a vento

Sono splendido, sono terribile, sono il Dio della radura. Sono un diavolo dal cuore d’oro. Un guerriero, un condottiero. Quando si alza la mia cresta, tremano i nemici e anche gli amici, non riescono a restare indifferenti. Uno, tre, quattro colpi di coda. Contando sul perfetto mimetismo della mia armatura, avanzo indomito verso il gigante, che pur guardando nella direzione opposta, continua ad agitare le sue grandi braccia, minacciando gli abitanti aviari del tranquillo Nulla nordamericano. A meno che… Perfetto! La distanza è quella giusta: adesso apro le mie ali e balzo verso l’alto. Gonfio il mio vessillo globulare, portato sopra il collo e simile ad un astro mattutino. Il becco sferza l’aria, mentre argute, sagge sopracciglia, si sollevano con fare minaccioso. Ed a quel punto che trattengo il fiato, mi concentro, e metto in campo la mia arma più terrificante: “Whoo-Whoo-Whoo!” riecheggia lungo l’aere, mentre il suono sale, scende, poi sconfina oltre la soglia udibile dalle persone. Il mio terribile nemico, senza un attimo d’esitazione, sembra accelerare i movimenti delle braccia, mentre mi risponde con ferocia inusitata: “Boom-Boom-Boom!”. Il mio sangue, ghiaccio nelle vene. I corvi si allontano terrorizzati. Tra i cespugli, un movimento: è un gruppo di galline che mi osservano con interesse. Ammirate, entusiaste, innamorate? Poco importa, questo è il mio segnale: danzo, balzo, faccio giravolte. Lancio ancora un grido per chiamare il mio destriero inesistente: “Whoo-Whoo-Whoo!” E con gli artigli scavo nella terra, afferro un verme, lo divoro e guardo ancora all’indirizzo del gigante. Egli non reagisce, eppure “Possibile che sia soltanto un’impressione?” Il suono che trasmette sembra essere calato d’intensità. E così anche il suo terribile gesto rotante. Mi volto: nei “loro” occhi c’è soltanto gratitudine. Chiudo le ali, taccio un’attimo, poi torno a pensieroso a mormorare: “Whoo?”
Naturalmente, se l’hidalgo “El Ingenioso” Don Quijote de la Mancha fosse nato nel nostro secolo, i suoi nemici non sarebbero stati i mulini, bensì pale eoliche costruite a lato del sentiero. Così come nel caso del feroce (nella sua mente) nonché stravagante e magnifico (ai nostri occhi) tetraone maggiore della prateria (Tympanuchus cupido) o “pollo” di quest’ultima, come lo chiamano dalle sue parti, esponente della famiglia dei fasianidi dotato di una storia, caratteristiche e abitudini decisamente interessanti. Diffuso, originariamente, nell’intero territorio degli Stati Uniti centro-meridionali ma oggi rimasto per lo più in Minnesota, Illinois, Kansas, Nebraska e South Dakota, a causa della spietata che caccia che ne è stata fatta fino agli anni ’30 dello scorso secolo, esso è stato preso spesso in considerazione come marker (specie indicativa) dello stato di conservazione del suo habitat, per l’abitudine particolarmente cauta a nidificare solamente a distanza di sicurezza dalle strade, strutture umane e strade. Tanto che, in uno studio del 2014 era stato determinato che le strutture necessarie per la trasformazione del vento in energia elettrica rientrassero negli ostacoli alla sopravvivenza di questa specie proprio perché istintivamente temute come punti di sorveglianza per gli uccelli rapaci. Se non che verso la primavera dell’anno scorso, la pubblicazione di un nuovo studio durato sette anni ad opera di Jocelyn Olney Harrison e ricercatori dell’Università di Nebraska-Lincoln, giunse a dimostrare l’esatto opposto: ovvero, che non soltanto i tetraoni non avrebbero alcun timore delle pale eoliche, ma addirittura, in loro presenza, aumenterebbero sensibilmente il volume dei loro canti di corteggiamento. Al fine di sovrastare le basse frequenze emesse dalle strutture artificiali, con conseguente prova ulteriore della loro prestanza fisica e pennuta virilità…

Leggi tutto

La foglia che cammina quando il vento smette di soffiare

Di certo avrete già sentito il detto universalmente valido: “Sei quello che mangi”. Ma difficilmente avreste mai pensato di associarlo, in senso tanto letterale, a un piatto d’insalata… Se voi foste, in questo preciso momento, sotto il tetto umido della giungla della Malesia, spostereste a un certo punto il vostro sguardo verso l’alto. Soltanto per scorgere, come un lieve movimento ai margini del campo visivo, un piccolo corpuscolo marrone che precipita verso il terreno. Forse un seme, forse frass, tipica deiezione degli insetti erbivori, costituita dalle foglie masticate e semi-digerite all’interno di quel piccolo condotto digerente? Oppure lo speciale recipiente, come si trattasse di una capsula spaziale, di colui che giunto al culmine di un tale stratum, non può fare a meno di dimenticare ciò che è stato responsabile per la sua crescita iniziale: il duro, distante, quanto mai spietato suolo. Phyllium giganteum è il nome scientifico di quell’inusitata creatura, considerata tra le maggiormente rappresentative di un’intero ordine di fantasmi, che solo in pochi hanno provato l’emozione di vedere, all’interno dello specifico habitat di provenienza. Per lo meno, riconoscendola per ciò che veramente è: già! Stiamo parlando, dopo tutto, di un’artropode dalla lunghezza di 11-13 cm (se di sesso femminile) e largo fino a 6, nel punto piatto del suo addome frastagliato. Seghettato, dentellato, addirittura morsicato all’apparenza, per sembrare esattamente quel che maggiormente può servire a esonerarlo dal pericolo dei predatori: figlio della foglia, e foglia prima di ogni cosa. Segno sopra il foglio, di una pagina che può passare inosservata.
Naturalmente, per il più grande insetto foglia al mondo, non c’è una singola ragione al mondo per cui i propri figli non dovrebbero nascere già dotati della sua unica arma e straordinaria strategia di difesa, il mimetismo. Eppur non sempre, ciò che è conveniente risulta essere anche possibile, ragion per cui i piccoli nati dall’incontro possibile, ma non obbligatorio tra i due sessi (molti fasmidi praticano la partenogenesi facoltativa, ovvero l’autoclonazione femminile) vengono letteralmente espulsi in maniera relativamente infrequente, circa ogni 3-4 giorni, ma continua per l’intero anno. Finché al termine di un simile periodo, sotto l’albero di acacia o di melone che li ospita, si accumulano fino 400 di queste letterali pillole della vita, del tutto simili alla forma potenziale di un futuro arbusto equivalente. Almeno fino a che… Cadendo nella trappola creata dall’evoluzione, qualche inconsapevole formica non passi casualmente da quelle parti, decidendo subito di aggiungere simili oggetti alla dispensa della sua colonia. Ed è proprio allora, in mezzo all’esultanza delle moltitudini, che inizia il più importante tra i capitoli di questa storia. Poiché per 4-6 mesi, totalmente impervio ad ogni tentativo di violarne il guscio, l’uovo d’insetto foglia rimarrà sopìto nella più profonda delle stanze sotterranee. Finché un giorno prefissato, aprendo dall’interno la speciale botola biologica (opercolo) di un tale carro armato, farà proprio zampettante ingresso nel consorzio dei viventi. Con l’aspetto totalmente indistinguibile… Non certo dalla madre.
Oppur dall’eventuale padre, rispetto cui risulta, d’altra parte, avere meno di un centesimo di stazza. Bensì l’imenottero padrone di quel mondo, mirmecologico percorritore delle oscure sale: la formica. Davvero conveniente, nevvero?

Leggi tutto

2020: rinnovata la speranza di un ritorno della tigre tasmaniana?

Prendiamo due animali che hanno una dieta simile, uno stile di vita quasi identico, dimensioni, postura e agilità piuttosto comparabili nella maggior parte dei casi. Ma mettiamo il caso che uno dei due sia (potenzialmente) addomesticabile, mentre l’altro, almeno nella sua visione più stereotipata, un ladro di galline, uccisore di pecore, potenziale rischio per i figli dei fattori e allevatori dell’outback. É davvero così difficile, a questo punto, immaginare quale sia quello avviato verso il triste fato entropico dell’estinzione? Così mentre il dingo (Canis lupus, come tutti gli altri) continuava a prosperare ed a moltiplicarsi indefesso, la sua controparte marsupiale, unico vero carnivoro di proporzioni medie del continente australiano, iniziò a vedere assottigliarsi le sue fila, ben prima che l’uomo bianco, con le sue ingombranti navi, giungesse per colonizzare queste terre straordinariamente remote. Il caso del tilacino o “tigre” della Tasmania (Thylacinus cynocephalus) costituisce ad oggi una delle più eclatanti estinzioni di una specie animale nel corso del ‘900, primariamente perché furono in molti, a torto o a ragione, a ritenere che potesse essere salvato. E secondariamente per la casistica, più volte reiterata, di avvistamenti effettuati da abitanti di entrambe le maggiori isole d’Oceania, ma in modo particolare nella regioni maggiormente rurali dell’isola che prende il nome dall’esploratore olandese Abel Tasman, l’ultimo degli habitat dove quest’animale ebbe l’occasione di sopravvivere in gruppi sparuti, la cui varietà genetica aveva iniziato ad assottigliarsi già a partire da parecchi secoli a questa parte. Della cui estinzione, in molti, non ebbero mai modo di convincersi: sono in effetti oltre 200 gli avvistamenti registrati dell’animale, dagli anni ’80, in una quantità progressivamente minore mano a mano che la sua memoria culturale svanisce dalla mente delle persone, trasformandolo in una leggenda comparabile a quella di Bigfoot o del mostro del lago di Lochness. Se non che, risale alla metà di questo mese d’ottobre l’improvvisa, quanto inaspettata pubblicazione di un completo rapporto dell’ente governativo tasmaniano DPIPWE (Department of Primary Industries, Parks, Water and Environment) con 8 casi tutti concentrati negli ultimi 3 anni, alcuni coadiuvati da prove videografiche tra le migliori raccolte da almeno una mezza generazione; ciononostante mai perfettamente a fuoco, mai abbastanza da vicino. Ma ciò sottintende la prassi internazionale in materia di criptidi, e chi mai avrebbe potuto desiderare di meglio? Due turisti in visita che avvistano la belva, con la coda erta e le strisce sulla schiena, che gli attraversa la strada mentre ritornavano alla civiltà. Un agricoltore che ne intravede la sagoma in mezzo alla nebbia, riconoscendola per l’unica cosa che, a tutti gli effetti, avrebbe mai potuto essere, date le circostanze. L’autista in viaggio lungo le strade asfaltate della Deep Gully Forest Reserve, spiazzato dalla forma “Simile a un felino, ma troppo grande per esserlo” che gli corre accanto a circa 200 metri distanza. Troppi per riconoscerne le strisce… Ma tant’è. E poi le impronte, a più riprese ritrovate e fotografate, così particolarmente asimmetriche e con le unghie perfettamente in linea, ben diverse da quelle di qualsivoglia canide di queste regioni del globo! Possibile che in una qualche sorta di Valle Perduta, il predatore sia in qualche maniera sopravvissuto? Per comprendere a pieno l’importanza di una simile affermazione, sarà prima spiegare brevemente che cosa effettivamente, la tigre tasmaniana ERA…

Leggi tutto