Il ristorante sexy-robot nei sotterranei di Shinjuku, a Tokyo

Robot Restaurant

L’estetica variopinta dei manga e cartoni animati, l’antica cultura giapponese dell’arte come intrattenimento in divenire, il caos totale del Carnevale di Rio e quattro torreggianti, discinte valchirie in plastica e acciaio, controllate con un sistema non dissimile da quello di Goldrake, Gundam o Mazinga. Sulle ginocchia di una di queste mega-virago virtuali, un turista occidentale. Inebriato dall’atmosfera inimmaginabile e assordato dal frastuono, sfoggia spensierato il sorriso di chi sta facendo un’esperienza nuova. La folla mangia e beve tutto intorno. Dove si trova costui, come ci è arrivato? Pianeta Terra, metropoli di Tokyo, quartiere di Shinjuku, zona di Kabuki-cho. Sotto terra. Nella mecca dell’elettronica e delle avanguardie giovanili, c’è una zona dedicata ai divertimenti per adulti, costantemente illuminata dai neon e patria di attrazioni più uniche che rare. Fra tutte queste, probabilmente, la più straordinaria è il paradossale Robot Restaurant. L’esperienza inizia con la discesa di una folle scalinata, fra milioni di luci e vetri colorati, verso quello che sembrerebbe un piccolo scantinato. Disposti ordinatamente ai lati dello stretto corridoio, distratti dalla musica, s’incomincia a bere e mangiare appoggiati a scomode seggioline, arredi tipici delle aule di università. Dopo qualche minuto, la terra trema. Tempo che passi il primo carro armato.

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Il vero volto di Popo-chan, gufo trasformista

Transforming Owl 2

Tra gli animali resi famosi da Internet va sicuramente citato l’assiolo faccia bianca di nome Popo-chan. Piccolo rapace notturno di origini sudafricane, comparve nel 2010 sui teleschermi giapponesi in quello che sarebbe diventato uno dei video di YouTube più famosi e amati al mondo. Eternamente diffuso, tradotto in più lingue,  lo spezzone ce lo mostra mentre reagisce in modo singolare a due diversi gradi di minacce simulate, schierate sul braccio in rapida successione, con scopo dimostrativo, dalla sua addestratrice: un barbagianni e un altro gufo, molto più grande. Dietro l’aspetto benevolo e inoffensivo, difficile dimenticarlo, Popo nascondeva infatti l’anima di un trasformista d’eccezione. E due versioni alternative di se stesso. Questa è la storia dello Ptilopsis leucotis, l’unico volatile in grado di cambiare aspetto. Con una versione normale (simpatica), un’altra arrabbiata (terribile) e la forma finale, un concentrato d’intento assassino e sguardo magnetico, in grado di gettare nello sconforto anche il più determinato dei predatori.

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La cacciata dei serpenti dal tempio Shinto di Matsuyama

Setsubun Kagura

Setsubun è il nome di una festa giapponese che si tiene ogni 3 febbraio per celebrare l’arrivo della primavera. Si tratta di un’occasione particolarmente gradita ai bambini, che secondo l’usanza ricevono il compito di scacciare i buffi e innocui Oni (orchi) dalla propria casa, lanciando manciate di fagioli contro degli adulti mascherati. Ma nei luoghi più sacri del paese, in grado di suscitare l’interesse di ben altre creature, occorre schierare guerrieri più formidabili e addestrati. Nell’isola di Shikoku, regione caratteristica e rurale, ci sono cittadine sperdute in cui tutto è ancora possibile e gli eroi leggendari, da un momento all’altro, sono pronti a ritornare in vita. Questo singolare numero scenografico, opera del tempio di Izumo-Taisha presso Matsuyama, vede un entusiastico monaco vestire i panni di un antico dio, per affrontare la versione in forma ridotta del più terribile mostro giapponese: Yamata no Orochi, il gran serpente. Il video, che si accompagna ad una serie di variopinte fotografie, è opera di The Roving Ronin, blogger viaggiatore. La storia da cui nasce, frequentemente reinterpretata attraverso i secoli e nei moderni manga e videogames, merita un breve approfondimento.

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Taichi Saotome, samurai che taglia le ombre

Taichi Saotome

Osservando il Giappone da Occidente, come isola culturale oltre cui nasce il sole, non riusciamo a vedere altro che i suoi aspetti più estremi e privi di compromessi. Le cime dei grattacieli e dei conglomerati appartenenti alle zaibatsu, templi del razionalismo in giacca e cravatta, svettanti sul mare di follie del mondo manga e televisivo, fantasiose vie di fuga dal grigiore della vita quotidiana. Accecati dal bagliore del mondo mediatico, filtro comunicativo della nostra epoca, scorgiamo solamente a fatica le commistioni concettuali più particolari e significative di quel paese, così diverso da ogni altro, che tanto ci affascina e coinvolge grazie alla sua forte originalità.  Ma scavalcare il mare che lo divide da noi, avvicinarsi e guardare oltre le apparenze, soprattutto qui, permette di apprezzare un profondo e unico senso della storia: dietro ogni lavoratore in carriera troviamo un samurai, sotto ogni grande albero si nasconde un kami shintoista… E per le strade, dentro i fiumi, in cima alle montagne, talvolta abitano ancora le spettrali apparizioni e i mostri delle credenze popolari.
Quando Taichi Saotome, giovane e famoso attore del genere teatrale taishū engeki (evoluzione alternativa del più internazionale kabuki) è salito sui palchi tokyoiti all’inizio del passato anno del coniglio, per questa vulcanica performance a base di spade ed ombre, probabilmente qualcuno, tra il suo pubblico avrà intravisto questa verità.

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