Chi visita abitualmente i blog di settore, o perlustra Internet alla ricerca di notizie sul Giappone, avrà di certo già fatto la conoscenza di John Daub, creatore ed unico conduttore del canale di YouTube ONLY in Japan, particolarmente bravo nel riassumere all’interno di concise esplorazioni particolari aspetti culturali del suo paese d’adozione. Sempre con grande simpatia, rispetto ed attenzione ai dettagli. Nel caso di questo recente video, credo tuttavia che sia riuscito addirittura a superarsi. Per il semplice fatto che non esisteva, in tutta Internet, una trattazione documentaristica tanto completa dei tombini giapponesi. Pensate che non la meritassero? Pensateci di nuovo.
Il concetto stesso dell’eroe ingiustamente rifiutato ricorre spesso nella letteratura e cultura Pop d’Occidente. Come nel caso delle Ninja Turtles degli anni ’80 e ’90, tartarughe mutanti in grado di combattere il crimine, ma non di camminare liberamente per le strade di New York, salvo essere schernite per il loro aspetto anormale. Lo stesso luogo in cui abitavano diventa, quindi, altamente simbolico: le fogne cittadine. Un luogo spiacevole, come loro, nascosto ai nostri occhi, altamente indesiderabile ed indegno. Ma anche la chiave stessa che ci permette di accedere alla validissima modernità: cosa sarebbero i nostri computer, le potenti automobili, i centri commerciali, senza un sistema di scarico delle acque reflue sufficientemente funzionale? Nient’altro che ninnoli, all’interno di città sommerse nelle nebbie dei miasmi e malattie. Il che è altamente comprensibile da chiunque ed in qualsiasi momento, al giorno d’oggi. Provate solo a rimanere senz’acqua per un giorno o due! Ma non fu sempre così. Il Giappone, la cui religione nazionale considera sacro il culto della pulizia, ha incluso nei suoi progetti urbanistici un qualche tipo di canali di scolo fin dall’epoca Yayoi (250 a.C. – 300 d.C.) ma non ha potuto disporre di vere e proprie fognature, salvo qualche rara eccezione, fino alla fine del XIX secolo, quando la riapertura del paese dopo il lungo shogunato segregazionista Tokugawa, l’arrivo delle Navi Nere del Commodoro Perry (1853) e il progressivo ampliarsi a tutte le fasce sociali dei segreti del rangaku (蘭学- gli “studi olandesi”) a seguito della lunga serie di trasformazioni socio-politiche fatte partire convenzionalmente con l’evento storico della Restaurazione Meiji (1868) permisero d’iniziare l’importazione su larga scala di libri, tecnologia e conoscenza provenienti dagli Stati Uniti e l’Europa. La soluzione di un sistema di condotte sotterranee, poi, che integrassero l’innominabile con le fondamenta degli edifici cittadini stessi , continuò ad essere indesiderabile ancora per lungo tempo, e molte comunità relativamente rurali non avrebbero potuto sperimentarne l’utilità almeno fino al secondo dopoguerra del ‘900, a causa della sfiducia della classe dirigente. Per non parlare della tipica reazione degli abitanti: disgusto e un categorico rifiuto. Il Japan Times racconta, nella risposta ad una lettera ricevuta nel 2008, di come all’inizio degli anni ’50 le principali città giapponesi già si stessero preoccupando di rendere in qualche modo benvoluta l’unica parte visibile nel quotidiano di un sistema fognario, integrando nella fusione metallica immagini caratteristiche ed immediatamente riconoscibili dagli abitanti. Un tombino non può, del resto, essere completamente liscio, pena l’estrema scivolosità in caso di pioggia, e l’inclusione di un pattern personalizzato non faceva crescere il costo unitario di più di un approssimativo 5%. Ma la vera rivoluzione sarebbe giunta solamente nella decade immediatamente successiva, con l’entrata in scena della figura di un burocrate nel Ministero delle Infrastrutture, il cui nome era Yasutake Kameda.
L’attuale Associazione dei Tombini Giapponesi (日本グラウンド マンホール業会 ) rinomata alleanza di 32 compagnie produttrici con sede a Tokyo, fu proprio lui, a partire dagli anni ’60 standardizzò e rese convenzionale la rivisitazione del concetto di tombino come un punto d’orgoglio delle diverse città e paesi, che proprio per questo venivano chiamati a proporre, tramite l’istituzione di un plebiscito, le immagini da far raffigurare sui loro tombini. Da quel momento, si sviluppò una proliferazione estrema di proposte, con il cittadino medio giapponese, che è generalmente molto orgoglioso della sua appartenenza ad un particolare gruppo o ambiente di provenienza, che si affrettava a proporre per le sue coperture fognarie monumenti, figure storiche e persino l’eventuale Yuru-chara (ゆるキャラ) ovvero il personaggio di fantasia, buffo o in qualche modo grazioso, usato convenzionalmente per rappresentare la città.