Recita il proverbio: “Tre cose non sono facili da far stare ferme: il corso di un fiume, il volo di una freccia, la lingua di uno sciocco.” Si tratta di una Trioedd Ynys Prydein o Triade dell’Isola di Britannia, l’accorpamento di tre concetti distinti in funzione di un singolo tratto rilevante. Sistema tradizionale di ragionamento filosofico, particolarmente apprezzato dai pragmatici abitanti della brughiera. Il che spiega perché manchi la menzione di un perfetto quarto elemento. Che sorge dal suolo a seguito di mutamenti imprevedibili del clima. Che assume forme sempre varie e qualche volta, vagamente inquietanti. Che evapora lasciando la limpidità di un cielo di primavera, quando il Sole emerge dall’orizzonte per gettare il suo possente calore nella giusta direzione. Gli antichi abitanti del Galles la chiamavano féth fíada o in senso lato “foschia magica” attribuendola alle macchinazioni dei Tuatha Dé Danann, gli dei preistorici evemerizzati, ovvero trasformati in uomini dal flusso incalcolabile delle generazioni. Mentre Internet, come suo solito, ha elaborato un altro tipo d’idea: “Si sarà certamente trattato di un ufo che tentava di nascondersi da occhi indiscreti” Ha dichiarato subito qualcuno. Già! Perché non c’è modo migliore di occultare la propria presenza, che coprirsi con un’impossibile cupola biancastra, dai contorni netti che vanno a formare un’impossibile parabola nel bel mezzo del cielo uggioso… Così come, per l’appunto, la scena è stata ripresa qualche mese fa da Hannah Blandford, giovane insegnante di Tremeirchion, nella contea di Denbighshire, mentre era uscita di mattina presto per andare a portare il cane. Esistono visioni che la mente umana può immediatamente metabolizzare, come “Una delle strane cose che succedono a questo mondo.” Ed altre invece, che modificano il concetto stesso di pianeta Terra, in qualche maniera estremamente specifica, eppure nondimeno profonda. Ora della cupola di nebbia, come stringa di ricerca su Google, non vi sono altre notizie o foto che questa singola, specifica evenienza. Mi pare chiaro che dovranno esserci all’opera un qualche tipo di forze misteriose…
Passiamo, a questo punto, a un’ottica d’analisi più prettamente scientifica: tra le teorie più interessanti, c’è quella che definisce lo strano oggetto vaporoso come frutto di un fenomeno noto in meteorologia col nome di “inversione”. Ovvero quando l’aria calda, spinta innanzi dall’energia del vento, si ritrova sopra un’area comparativamente più fredda, invertendo il naturale gradiente della temperatura atmosferica terrestre. Un situazione che può generarsi spontaneamente ogni notte, in determinate zone della Terra prossime al Circolo Polare Artico, oppure per compressione adiabatica altrove, a seguito del fenomeno noto come anticiclone. Una situazione in cui la naturale convezione atmosferica si blocca, causando una temporanea immobilità dei normali processi di ricircolo dell’atmosfera, il che crea un gradiente facilmente visibile ad occhio nudo. Non sempre si tratta di un fenomeno innocuo: famoso resta il caso, ad esempio, del grande smog di Londra del 5 dicembre 1952, quando una vera e propria tempesta perfetta di simili condizioni unita all’assenza di vento creò una letterale cappa d’inquinamento sopra la City, causando danni a lungo termine all’apparato respiratorio di molte migliaia di persone. Pensate che si stima come circa 4.000 persone sarebbero morte, negli anni successivi, in funzione di un simile tragico, quanto inevitabile episodio. È dunque possibile che l’accumulo di sostanze velenose prodotte dall’industria, nel caso della pacifica campagna gallese, sia stato sostituito da un fronte d’aria umida, fatta aderire dall’inversione a una possibile struttura umana, come un granaio o capannone di qualche tipo. In alcune versioni della storia, il calore stesso generato dall’edificio (possibilmente dotato di riscaldamento?) Potrebbe aver contribuito alla formazione di condensa nell’aria e quindi, gradualmente, alla nebbia. Il che potrebbe essere alla base, nei secoli passati, di svariati avvistamenti della piccola, ma operosa famiglia sovrannaturale dei Tylwyth Teg, che in altre regioni del folklore britannico prendono il nome di Fae. Ma al tempo stesso risultare sufficientemente raro perché il mondo digitale, suo malgrado, debba ammettersi ignorante del fenomeno. Non che simili episodi siano del tutto inauditi nella terra di Pryderi fab Pwyll, il leggendario re di Dyfed…
regno unito
Il ponte inclinabile che sembra fare l’occhiolino
Fu un momento memorabile, in grado di attrarre decine di migliaia di abitanti provenienti dalla città e le campagne circostanti. Sua Maestà la Regina che, durante le celebrazioni per il Giubileo d’Oro, giungeva in visita presso uno dei centri abitati principali del Northumberland assieme al marito, per assolvere a svariati compiti istituzionali: l’inaugurazione della statua di un cardinale cattolico nato da queste parti, nel primo caso di un simile onore reso da parte della guida spirituale della Chiesa anglicana dall’epoca della Riforma protestante; assistere al passaggio del solito benché imprevisto uomo nudo, prontamente (brutalmente) arrestato dalla polizia locale; effettuare la pressione di un grosso pulsante rosso, posto su un piedistallo giustamente ornato di fiori. Il quale, collegato attraverso un lungo cavo ad una scatola d’acciaio ad alto tasso tecnologico, a sua volta incastonata in un parallelepipedo di cemento, avrebbe dato il “La” ad un’evento totalmente senza precedenti nella storia DEL MONDO (se si escludono le molte prove effettuate in-situ poco prima di questo storico momento). Un’imbarcazione posizionata ad arte suonò la sirena, il Principe Filippo si lasciò sfuggire un sorriso, il vento agitò lievemente il fiore di stoffa sull’amabile cappellino d’ordinanza. Un agglomerato di 800 tonnellate di acciaio, cemento e vetro prese quindi a roteare su se stesso senza un suono, ricreando il movimento di un’ala di gabbiano. Ma se voi foste stati sospesi sopra l’onde, in mezzo all’incresparsi delle acque ancora fresche in pieno maggio, non sarebbe stata questa la metafora destinata a colpirvi. Bensì un’altra ancor più calzante: l’occhio senza palpebra di Sauron, sommo signore dell’oscurità, trascinato dalla cime della torre al fondo della via transitabile con nave. *Meno le fiamme infernali e il suono d’organo vibrato tendente all’acuto finale.
Molte delle cose che diamo per scontate nascono da una diretta applicazione del principio di convenienza: ogni curva nella strada è motivata dalla forma del paesaggio, la presenza di edifici oppure il bisogno di correggere una deviazione precedente. E le città che sorgono sulle due sponde di un corso d’acqua, senza troppo cogitare, fanno affidamento su metodi collaudati per far di ciò che era diviso, un solido tutt’uno. Sistemi di collegamento come i molti ponti sul Tyne, parola che in lingua celtica voleva ipoteticamente dire “il fiume”, a riconferma di quanto fosse determinante una simile barriera geografica nei loro viaggi, spostamenti e commerci. Come molto chiaramente, lo è tutt’ora. Tanto da aver fatto del vecchio e omonimo arco di metallo, il beneamato Tyne Bridge del 1928, il soggetto d’innumerevoli fotografie e un personaggio ricorrente sullo sfondo di serie Tv e film. Pari, nella mente degli abitanti locali, a un punto di riferimento come il Golden Gate. E sembrava che nessuna struttura simile costruita nei pressi, passata, presente o ancora da venire, dovesse superare il suo fascino senza tempo: non il Redheugh, né il King Edward o lo Scotswood. E neppure le alternative dall’estetica più marcata e particolare, quali l’antico High Bridge (1989) riaperto nel 2008 dopo una lunga serie di restauri, dal succedersi di arcate dall’estetica monumentale, oppure lo Swing Bridge, montato su un perno centrale e in grado di spostarsi in senso longitudinale, al fine di lasciar scorrere le navi; finché nel 2001, tramite lo stesso progetto responsabile di tanti nuovi simboli della città di Londra, ovvero la Millennium Commission finanziata con i soldi della Lotteria Nazionale, non venne deciso di donare alla città un qualcosa di radicalmente innovativo e mai visto prima. Furono quindi chiamati, tra gli altri, i rinomati architetti dello studio WilkinsonEyre, che con la collaborazione della ditta ingegneristica Gifford, seppero fare una proposta in grado di stravincere sopra la concorrenza: niente di cui stupirsi. Si trattava, dopo tutto, di un’interpretazione completamente nuova del concetto stesso di ponte. Destinato ad essere inserito nei libri di architettura come primo esempio esistente della classe, tutt’ora piuttosto rara, dei cosiddetti tilt bridge: i ponti che si inclinano, per lasciar passare i natanti. Ma non sarebbe stato tanto facile, questo è certo, superare la semplice bellezza estetica di una simile creazione…