A chi potrebbe mai servire questa roulotte a pedali?

Wide Path Camper

Idee pratiche, trovate intelligenti, tecnologie semplici e risolutive. Per quanto concerne i trasporti, non c’è mai carenza di fenomenali innovatori, tavolo da progettista nello studio, che s’impegnano nel corroborare un sentimento condivisibile quanto diffuso. Che i motori a combustione interna sono il male, trasportato sulla Terra. Perché ci costano, sia nella produzione che per le risorse necessarie a farli funzionare. Perché inquinano l’ambiente. Perché ci costringono a uno stile di vita innaturale, in cui siamo seduti non soltanto a casa e a lavoro e nel tragitto tra i due, ma addirittura nei periodi di vacanza che prescindono da tale spostamento reiterato. Si ma allora, cosa fare? La risposta della collettività è concorde: nulla, perché non esistono le alternative. Nello stile di vita moderno, si da per scontato che gli individui debbano spostarsi estremamente lontano anche per la necessità più semplice o insignificante. Nell’urbanistica moderna, interi quartieri sorgono privi di servizi essenziali come le poste, i negozi di prima necessità, un supermercato. Mentre la benzina, nonostante il suo prezzo sia in uno stato di aumento sostanziale e pressoché continuo, resta ancora un bene accessibile e da scialacquare con trasporto. Si, ma a questo punto, verrebbe anche da chiedersi PERCHÈ, nell’ora e il giorno dello svago, ci si debba sottoporre ancora a questo logorìo diffuso. Quale sarebbe mai il piacere, negli ultimi due giorni della settimana, nel mettersi di nuovo al volante, far vento lungo le autostrade, soltanto per un’escursione assieme a qualche amico in mezzo alla natura. Quando in effetti, la bellezza di un’esperienza è largamente soggettiva, e talvolta basterebbe superare l’ultima collina all’orizzonte, percorrendo un paio di decine di chilometri, per ritrovarsi in luoghi splendidi e mai visti prima. Ecco! Proprio a te, si rivolge Sam Garfield del Wide Path Bicycle Camper, l’ultimo esecutore di un concetto non del tutto nuovo, eppure sempre affascinante nella sua immediatezza utopica e sostanziale ottimismo, ovvero il concetto di un camper, da collegare…Alla bicicletta. Ma che idea…Interessante.
Nel video di presentazione, graziosamente accompagnato dalla musica upbeat ripresa da un vecchio cartoon Disney (la fischiettava il gallo di Robin Hood) l’inventore danese e protagonista della vicenda, alquanto appropriatamente vestito in abiti invernali ma con qualche vago riferimento alla controcultura degli hipster, si avventura lungo le strade provinciali del suo paese pedalando di buona lena, con al seguito il rimorchio che ha intenzione di farci acquistare, prima o poi. Alla fine, raggiunta l’aperta campagna, l’uomo abbandona la strada e si inoltra sugli alberi, dimostrando spirito d’intraprendenza e senso d’avventura finché, finalmente raggiunta la meta in prossimità delle rive di un vasto lago, non compie un gesto comparabile all’impresa di un prestigiatore: sganciata la roulotte, messa nella posizione deputata, con un rapido colpo di mano ne solleva la parte anteriore. Che ruotando su di un perno, raddoppia lo spazio vivibile all’interno. Una soluzione decisamente utile a risolvere il problema inerente dell’ingombro, che sulla strada avrebbe potuto condizionare non poco l’ipotetico ciclista campeggiatore. Il Wide Path in effetti, stando alle specifiche del sito ufficiale e come anche dimostrato in occasione di un evento ecologista di Sønderborg Rådhus, del diffuso genere “pedaliamo per il pianeta”, può facilmente ospitare fino a quattro persone contemporaneamente, di cui idealmente almeno una dovrebbe essere un bambino (per mere questioni di consumo d’ossigeno, nient’altro che quello). E se a questo punto, l’escursione di Mr. Garfield potrebbe sembrare solitaria e contemplativa, una sorta di fuga silenziosa dalla collettività, questo senso d’empatia misantropica non dura che per qualche labile minuto, visto come, dopo un prolungato primo piano sulla bottiglia di vino, egli si ritrovi a fianco della ragazza che potrebbe personificare nei fatti, o semplicemente rappresentare a scopo illustrativo, la sua ciclista ed anima gemella. Materializzatosi dal nulla, come una ninfa dei boschi o la dama dei laghi, perché naturalmente, ritrarre il suo approccio avrebbe distolto i nostri occhi troppo a lungo dal prodotto di giornata. È una pubblicità questa, tutt’altro che un film.

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Il sogno della strada che fluttua sul fiordo della Norvegia

Norwegian E29

Un fosso nel mare, profondo ed oscuro. Dimensioni incommensurabili, distanze fuori dalla comune concezione dell’asfalto bituminoso, fluido caldo e corposo. Il profondo Nord è il regno delle inaccessibili possibilità: raggiungere la propria meta, attraverso le asperità del clima e del suolo, lassù diventa una vera missione, che trova la sua giustificazione ed origine dalle molte risorse dell’ingegneria. Poggiando le sue fondamenta, sia metaforiche che letterali, sulle rocce sommerse dal tempo. Ma ci sono casi. Per case fantastiche d’Aesir, mai viste prima, persino da loro, i percorritori del mitico ponte cangiante/multicolore, l’arco del sommo baleno (giacché il Valhalla, secondo chi l’ha visitato, sarebbe accessibile solo per la via di Bifrost). Perché carri o cavalli, automobili e treni, una cosa ce l’hanno, in comune: non poggiano i piedi sull’aere dei vaghi corpuscoli riflettenti, né possono galleggiare, salvo imprevisti relazionabili ai pregni giubbotti di salvataggio. Non oltre qualche dozzina di metri, con un apporto notevole d’ottimismo, e di sicuro molto al di sotto dei 3700 metri, la misura del Sognefjorden al nocciolo della questione. Che va, pressapoco, così: nella vasta e variegata Norvegia, popolata in totale da circa 5 milioni di persone, ovvero circa la metà della sola città di Londra, esistono numerose comunità separate, ciascuna importante per un suo ruolo industriale, artigianale o turistico differente. È difficile per noi, abitanti mediterranei, immaginare una simile situazione: il fatto che il popolo all’estremità superiore d’Europa, così sparpagliato, sia da secoli abituato ai metodi dell’autosufficienza regionalizzata che rasenta il federalismo, non cancella la valida pulsione umana verso la costituzione di un’identità nazionale, il più possibile vasta ed inclusiva, in cui tutti coloro che si trovano vicini, capiscono e condividono le stesse esigenze. Con noi e vicendevolmente, con altri ancora, per l’istituzione di una metropoli virtuale, in cui la natura stessa, splendida e incontaminata faccia le veci dei semplici parchi della città. Il che richiede, incidentalmente, una notevole riduzione delle distanze. Inutile dirlo: lo fanno davvero bene.
La strada costiera E39 è un percorso scenico di 1330 Km, che partendo idealmente dalla città di Aalborg, la quarta per popolazione della Danimarca, invita gli automobilisti ad attraversare in traghetto un bel tratto di mare, fino alla municipalità costiera di Kristiansand. E da lì prosegue, fra gli alti e bassi del suolo indurito dal gelo e numerosi altri caselli d’imbarco, per numerosi paesi di 5.000, 10.000 abitanti, fino alla considerevole comunità urbana (oltre 200.000 abitanti) di Trondheim, nella contea estrema di Sør-Trøndelag, ove lo sguardo si perde verso l’artico mare di Greenland e da lì ancora, oltre le propaggini del mondo e del mare. Chi mai vorrebbe raggiungerla, potreste chiedervi…Ecco, parecchie persone: trattasi, in effetti, di un polo tecnologico di spicco, con numerose istituzioni industriali ed alcune prestigiose università. Eppure, ahimé, remoto. Quanto remoto! Considerate: l’entroterra norvegese, montagnoso e perennemente innevato, è il regno dei tunnel e duri tornanti, su strade provinciali con pochi metri di carreggiata. Basta puntare Google Maps sulla regione, per rendersi conto di un’immediata realtà: più che una ragnatela di strade, siamo di fronte alle poche arterie di sistema che ancora pompa, ma ben poco sangue. E l’alternativa effettivamente impiegata, ecco, non è molto migliore dal punto di vista della praticità.
Basta girare un vecchio mappamondo in plastica vinilica (non serve scomodare il PC di casa) per rendersi conto di quanto sia frastagliata la costa della Norvegia: sembra la schiena di uno stegosauro. Ciascuna insenatura, inoltre, non è certo un semplice golfo, ma la specifica realtà paesaggistica, di estrema ampiezza e profondità, che comunemente chiamiamo fiordo. Roba da far girare la testa a qualunque impavido costruttore. Quello mostrato come esempio nel video di apertura, nello specifico, vanta 1300 metri di profondità e un’estensione, nel punto presso cui andrebbe costruito l’ipotetico ponte, di poco superiore a quella del nostro stretto di Messina. Per questo, da tempo immemore, i viaggiatori di tali luoghi si sono giovati di un sistema d’imbarcazioni d’estrema efficienza, ormai un prestigioso simbolo nazionale. Ma la costruzione di uno o più ponti, per facilitare il passaggio, ridurrebbe di molto le loro attese. Del resto un’ingegnere può sempre far calcoli sul guanciale, per svegliarsi e dar forma al domani…

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