Lo Hobbit parte II, trailer della versione Lego

Lego The Hobbit

La riconoscibile figura dell’eroe di bassa statura, avvezzo a vivere in luogo comodo e moderno, che intraprende un’impossibile, lunghissima ricerca. Amante della buona cucina. Amico degli stregoni. Portatore, suo malgrado, di un terribile tessoro… A questa breve descrizione potrebbero corrispondere tre soggetti: Bilbo, Frodo e Peter Jackson. E se i primi due hanno avuto a che fare soltanto con draghi, negromanti, troll e torri occhiute monocole giganti, al terzo é andata pure peggio. Perché ha dovuto difendersi, senza tegua, dagli attacchi di uno scrutatore senza palpebre ancor piú penetrante, ovvero quello critico della mente-alveare digitale. Internet, a volte, é come un grande tritacarne che macina minuzie, producendo acido corrosivo e diecimila opinioni differenti. C’era un tempo in cui era possibile ricercare “il consenso della critica cinematografica”. L’approvazione di una doppia dozzina di figure autorevoli, allora, poteva bastare a convincersi di aver fatto un buon lavoro, indipendentemente dagli incassi ottenuti ai botteghini. Gli elfi notturni ancora percorrevano la Terra di Mezzo, i soavi echi della musica di Eru Illúvatar risuonavano tra le intercapedini di leggiadre sfere celesti. Successivamente, attraverso il portale cosmico di forum, bbs e social media, venne l’Hype (trad. ingiustificata aspettativa). Questo sentimento pervasivo, materiale fondamento per la buona riuscita di ogni creazione intellettiva moderna, che suddivide e incapsula lo scibile del fantastico creativo. “Ah, cosí vogliono fare un film live action di Spongebob?” – mickeymik78 “Ho sentito che non hanno neanche usato della vera acqua di mare” – z4orkyfromzork; orribile, semplicemente inadeguato. “r u even trying? lol umad trololol” etc. Questo, grosso modo, é il tipo di dialoghi che si rincorrono, da 11 anni a questa parte, per ciascuna nuova uscita dei pur ottimi film jacksoniani sull’opera di Tolkien. Si va, giustamente, per gerarchie. Chi ha letto ciascun libro 16 volte puó analizzare scenografie e costumi. A 30 ripetizioni, Silmarion incluso, si riceve un mandato per affermare che “l’autore non avrebbe mai approvato” l’una o l’altra scena. I veri esperti, poi, criticano anche l’apporto della modernitá. C’é un opinione piuttosto diffusa secondo cui andava evitata l’illuminazione elettrica dei set, come avvenne per Barry Lindon di Stanley Kubrick (pare che il dettaglio facesse parte di un’antica lettera scritta dal prof. T in persona). Ecco, quel particolare Balrog l’avrei voluto vedere. Un tripudio infernale di gasolio e vere fiamme turbinanti, perso nella notte eterna delle Miniere. E dire che Tolkien, prima di ogni altra cosa, era un linguista. Avrebbe capito, piú di chiunque altro, il ruolo determinante del metodo espressivo. Tradurre vuol dire questo: veicolare un contenuto, spesso a discapito della forma. Se il primo é davvero meritevole, la seconda, inevitabilmente, ne seguirá l’esempio.

Leggi tutto