Contrariamente a quanto si potrebbe essere indotti a pensare da una ripresa in campo lungo, nessun vecchio stregone visse mai nella ridente cittadina di Anaconda, nella parte orientale dello stato del Montana nordamericano. Ma tre possenti sovrani calcarono le sue strade, possessori di un potere più antico ed incombente di qualsiasi stregoneria. I re del rame, li chiamavano, ed i loro nomi erano William A. Clark, F. Augustus Heinze e Marcus Daly. E soltanto uno, tra questi, poteva affermare di aver costruito la città stessa. E con ciò intendo riferirmi ai viali, la ferrovia, la torre tubolare svettante per 178 metri in mezzo alle colline, il suo involucro esterno misurato da un’impressionante susseguirsi di anelli di metallo. Come Mordor, come Orthanc, come Rameumptom nonché naturalmente, la più antica e significativa ispiratrice a simili strutture, che sorse per qualche tempo presso l’ancestrale metropoli di Babele. Un solenne monito a chiunque sogni di costruire in base alla disponibilità di una risorsa meno che infinita… Aprendo il portone della storia architettonica a solenni e significative vestigia, la cui ombra sembra estendersi oltre il regno della semplice materia.
Costruita originariamente accanto a uno stabilimento, che dopo aver letteralmente accompagnato le vicende umane di un intero secolo di storia, chiuse i battenti verso la metà degli anni ’80 del Novecento, per essere completamente demolito a fini ambientalisti, questo imponente camino lievemente rastremato sopravvisse nonostante tutto all’ansia di rinnovamento, causa enfatiche proteste portate avanti dall’intera popolazione cittadina. Poiché c’è un significativo merito che viene espresso dalla sua esistenza: quello di esser stato, e di rappresentare ancora oggi, la singola struttura di mattoni più alta al mondo. 2.464.652 di essi, per essere maggiormente precisi, dalle dimensioni di circa una volta e mezzo quelli standard e attentamente impilati nel corso di appena sei mesi tra il maggio ed il novembre del 1918. Quando gli ingegneri addetti all’impianto di processazione mineraria che era poi la stessa ragione d’esistenza, nonché omonimo di questa intera comunità indivisa, realizzarono come la sostituzione delle multiple ciminiere in uso fin da inizio secolo con una singola e più grande potesse fare una significativa differenza; ovvero quella di far ardere i fuochi in maniera ancor più intesa, causa il tiraggio potenziato, ma anche e soprattutto sollevare in alto i fumi velenosi prodotti dalla sua mansione principale, affinché il vento dell’Ostro li afferrasse e trasportasse via lontano, verso nord, fin sopra la piccola e vicina città di Opportunity. Tuttavia questa, come si dice, è tutta un’altra storia (nonché un diverso problema). Poiché tutto quello che oggi ne resta, più di qualsiasi altra cosa osservabile d’istinto, è tale monumento impressionante collocato sopra un plinto di cemento ottagonale dall’apotema di 30 metri, e il cui diametro presso la sommità risulta essere di appena 18. Abbastanza, ad ogni modo, per riuscire a contenere l’intera presenza del colossale obelisco di Washington nel Distretto di Columbia, fatta eccezione per la sommità piramidale di quest’ultimo, convenientemente costruita in alluminio.
Al momento del suo impiego maggiormente significativo, il camino risultava dunque in grado di trasportare fino a 3-4 milioni cubici di gas collaterali al minuto, essendo interconnesso ad una serie di complicate condotte che si diramavano dall’intero impianto sottostante di Washoe. Uno spazio al di sotto dei tubi e protetto da una grata, nel frattempo, permetteva ad un grande carrello di raccogliere le precipitazioni di metalli preziosi che venivano trasportate in alto dal fumo, mentre almeno una volta al mese personale specializzato doveva arrampicarsi all’interno, al fine di raschiare via dalle pareti gli accumuli di arsenico e di altre venefiche sostanze, prodotti collaterali della fusione mineraria. Abbastanza per costituire una provincia visitabile dell’Inferno, ma anche una faticosa via d’accesso al Paradiso, per quella che fu durante l’intera “Epoca Dorata” degli Stati Uniti la singola collina più ricca della Terra. La fonte particolarmente rilevante, per un lungo periodo, di un rilevante percentuale di tutto il rame prodotto e utilizzato dall’umanità intera…
rame
Il limone che fa il fuoco ed altre strane fonti di energia
Potrebbe capitare. Voglio dire, cioé, non è impossibile. Che un giorno in viaggio verso mete interessanti, come Sidney o le Hawaii, il nostro aereo precipiti nel mezzo del Pacifico, trasformando uomini e donne moderne in naufraghi, del tutto privi di comodità. Come l’impianto di riscaldamento, la presa elettrica per caricare il cellulare o i vestiti (quest’ultimo punto, evidenziato con particolare enfasi dai reality televisivi, chissà poi perché!) Magari trovando successivamente nella stiva dei bagagli, con un sommo senso di dislocamento spazio-temporale, un’intera cassetta di pregiati agrumi di Sorrento, assieme a una fornita collezione di ciò che potremmo definire unicamente “simpatica chincaglieria”. Come? Non siamo nel regno del probabile? Ma il mondo è pieno di sorprese: le clips decorative in rame esistono, così come il filo elettrico, la lana ferrosa ed i chiodi zincati. Qualche volta, si trovano persino in un raggio di poche decine di metri uno dall’altro! Il che alla fine, da il principio di un’idea potenzialmente utile, di quelle che già in precedenza abbiamo avuto modo di trovare su YouTube. Fare il fuoco senza l’accendino. Né il cerino, la lente d’ingrandimento, i bastoncini da strofinare, un lanciafiamme della seconda guerra mondiale. Una missione apparentemente impossibile, ma che come molte altre, può essere risolta con l’intelligenza. Ed un particolare tipo di esperienza pregressa.
Che per inciso, il qui presente genio della sopravvivenza dal nome d’arte North Survival, non avrà acquisito in un contesto meramente accademico, giacché questo particolare tipo di esperimento, per quanto sia utile a dimostrare il principio della batteria di Alessandro Volta, è praticato assiduamente solo nelle scuole americane. Mentre nella sua nativa Svezia d’Europa, come qui da noi del resto, si preferisce apprendere simili nozioni scientifiche solamente grazie alla teoria. Con eterna gratitudine di rane e vermi, salvati dal destino didattico di un poco invidiabile sezionamento. E che dire invece, di cinghiali, scimmie, creepers esplosivi, orsi, lupi, falchi d’acciaio e squali di terra, soltanto alcune delle possibili creature tropicali, che con l’uomo non hanno alcun tipo di familiarità, né mai vorrebbero acquisirla…Ma che uno spuntino, dopo tutto, non potrebbero mai rifiutarlo? L’unica speranza: impugnare l’arma di cui Prometeo ebbe l’ardire di fornirci, accettando di pagare il più tremendo prezzo. Evocandone lo spirito, per quanto possibile, attraverso gli strumenti di cui disponiamo. Ah! McGyver ne sarebbe molto fiero. Perché l’ingegno nasce, in ogni situazione, dalla capacità di creare connessioni, partendo se possibile a ritroso. Che è poi il principio di un qualsiasi tipo di creatività. Postulato: devo fare luce nella notte, prima che l’oscurità nasconda il mondo agli occhi della mia disperazione. Per produrlo, occorre una scintilla. Per fare quest’ultima, che c’è di meglio, “Eureka!” Che impiegare l’elettricità? Ora, non lo nego: probabilmente voi ed io, in mezzo alla natura incontaminata, non evocheremmo simili pensieri neanche in via ipotetica, figuriamoci poi mettersi ad agire in conseguenza! Eppure, l’essere documentati aiuta. E chi può davvero dire, dove potrebbe trasportarci la memoria, nel momento del bisogno più terribile e opprimente? Come ad esempio, a questo giorno di marzo, in cui vedemmo questo giovane infiggere con forza i suoi chiodini e clips oltre la scorza dell’asprissimo esocarpo, collegandoli quindi in serie con il filo fatto in materiale conduttivo. Onde generare, senza neanche un’attimo di esitazione, una corrente elettrica di circa un volt, che poi sarebbe a dire, un rapido spostarsi di elettroni, da un capo all’altro dell’intero meccanismo. Ora, se fossimo stati alla fiera scolastica di scienze di Springfield, a questo punto ai fili si sarebbe collegato un piccolo orologio, oppure una lucina al LED. Per dimostrare l’efficacia delle fisica, nella risoluzione dei problemi! Ma poiché qui ci troviamo, devo forse ricordarvelo? Nel bel mezzo del “selvaggio nulla”, l’exploit conduce a una risoluzione totalmente differente: i due fili scoperti, posti a contatto con la lana di ferro, generano un piccolo, ma efficace corto circuito. E sfrigolando, danno fuoco a…
Gli strani trofei di chi squaglia i metalli per sport
Sapete cos’è una water balz, anche detta spit ball artificiale? Probabilmente…No. Si tratta di uno strano piccolo gadget, o per meglio dire un giocattolo chimico, che si presenta simile a un grano di sale. Siti specializzati le vendono online. Ora, questo oggetti hanno la strana caratteristica di poter assorbire una quantità d’acqua pari a 200 volte le proprie dimensioni, crescendo progressivamente fino a diventare simili a biglie trasparenti. Una volta estratte dal recipiente, quindi, possono essere tenute in mano per divertimento, o come suggerito in diversi ambiti, lanciate all’indirizzo di un compagno di giochi (volente o nolente) esattamente come le palline di carta inumidite di saliva, da cui prendono il secondo dei propri nomi. Ma persone particolarmente creative, come spesso capita, ne hanno fatto un qualcosa di assai più particolare!
Osservando la collezione di misteriosi manufatti tintinnanti posseduta da Chemical Kevy, il popolare autore di YouTube anche noto come “Lo scienziato da cortile”, si potrebbe pensare di avere di fronte un coltivatore di occulti sementi alieni. Tra le piante del suo giardino, sul comodino, persino sopra il camino: dozzine di ammassi lucidi e vagamente brillanti in metallo squagliato, poi modellato in forme fantastiche, attraverso stampi dalla genesi misteriosa. Ci sono ovoidi sferoidali, simili a granate, curiosamente corrispondenti all’incavo di un melone. Ramificazioni selvagge, più imprevedibili di una figura di Lichtenberg, che rappresentano il modo in cui qualcosa di terribilmente caldo può scivolare all’interno di un frutto, bagnato ma pur sempre combustibile, come l’eterno sacrificio alla scienza, la falsa bacca più grande del mondo. Non stiamo parlando di zucche, bensì di un cocomero, baby! E poi, nella sezione etichettata come “nuove invenzioni”, dove soltanto i visitatori più fidati possono accedere, quali il fido golden retriever e assistente di laboratorio, ci sono questi… Cosi. Delle creazioni vagamente rassomiglianti a coralli ma prive di una vera analogia naturale, verticalmente svettanti nei loro 40-50 cm, ricoperte di rigonfiamenti emisferoidali e quasi altrettanti spazi vuoti, affini per apparenza alle celle interne di un alveare. O giustappunto, piccole water balz. Ma neppure una vespa cosmica, a conti fatti, potrebbe produrre simili dimore. Che risultano piuttosto da una particolare serie di attenti gesti, compiuti dal giovane sulla base di una vera diabolica ispirazione, miranti a replicare col DIY (Do It Yourself: fai da te) uno dei processi industriali più onnpresenti del mondo civile: la fusione dell’alluminio.
È in un primo momento sorprendente prendere atto, facendo un rapido giro su Internet, della quantità di persone disposte a lasciarsi coinvolgere da questa passione apparentemente priva di applicazioni pratiche, almeno nel campo dell’hobbista privato, che consiste nel costruire una piccola fornace dalla capienza di qualche litro, in cui inserire gradualmente le proprie lattine, poco prima di accendere la fiamma distruttrice di una torcia a propano. Ciò senza contare come, in effetti, si tratti anche di un’attività potenzialmente pericolosa: l’alluminio fonde ad “appena” 660 gradi, ovvero 200 più di un forno a legna per pizza, ma come qualsiasi altro metallo sottoposto a liquefazione, può intrappolare bolle di vapore sotto la propria superficie. Ciò significa, per dare un volto al pericolo, che nel caso in cui il recipiente fosse caratterizzato dalla presenza di alcune trascurabili goccioline d’acqua o condensa, queste potrebbero espandersi e formare bolle, giungendo a schizzare l’ardente fluido all’indirizzo dei presenti. Per questo è sempre consigliabile utilizzare equipaggiamento protettivo, tra cui occhiali, una maschera e guanti dall’alto potenziale di isolazione termica. Lo stesso Kevy, che in passato si era dimostrato relativamente incosciente in materia, fa un riferimento scherzoso ai suoi commentatori più dotati di senso critico, poco prima di adottare, finalmente, i loro veementi suggerimenti. Il che è un bene, nel presente caso, visto come l’esperimento consistesse nel versare l’alluminio in un acquario di plexiglass a sviluppo verticale riempito e palline, neanche a dirlo, letteralmente grondanti H2O.