Il maniero barcollante sul Mar Bianco

Sutyagin house
Via

Un mostro di castello getta la sua ombra sulle celebri bicocche dell’Arkhangelsk Oblast, presso il porto principale dell’Imperatore, punto di partenza delle navi mercantili fin dai tempi di Repubbliche perdute. L’edificio è nuovo, moderno eppure incombe minaccioso, sui vichinghi, sopra Novgorod e sulle teste degli eredi rispettivi, con il piglio aristocratico di un’altra era. Orribile dimora dei vampiri. Risplende in parte della luce folle delle fiabe, senza un briciolo di logica organizzativa, fuori dagli schemi dei prefabbricati e sogna. Il sogno degli tzar! Pietro il Grande, visionario, ci avrebbe apposto lietamente la sua firma. Però a salirci, assai probabilmente, non avrebbe osato neanche lui. Guardate, non fatevi notare (per carità, neanche fosse la famiglia Addams!) Sono tredici pazzeschi piani, per quarantaquattro metri d’incubo di legno, di una pencolate, strabica struttura, nata dalla mente di un magnate visionario, mediante impresa cominciata nel ’92. E per 15 anni vi ha battuto il suo martello, insieme a tutta la famiglia, sega e chiodi tra le stanche mani, Nikolai Petrovich Sutyagin, ex-trafficante, ex-galeotto, imprenditore ed architetto, per così dire, vernacolare. Persona assolutamente priva di qualunque senso di Vertigine, altrimenti non si spiega…
Spesso citata nei libri di architettura, la sua strana casa viene ritenuta l’edificio in assi e tronchi più alto della Russia, forse addirittura del pianeta. Si sta parlando, da diversi mesi, del progetto per il nuovo grattacielo sostenibile di CF Møller, fatto prevalentemente in legno, che sorgerà nel centro di Stoccolma, con giardini pensili, massiccia pompa geotermica e numerosi pannelli fotovoltaici. Tale meraviglia della tecnica ecosostenibile, socialmente iperutile, avrà comunque un cuore solido di calcestruzzo, perché i materiali a base d’alberi hanno un limite di fondo: vanno facilmente a fuoco. Eppure.

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Come fare due sgabelli in un minuto

Echtwald

L’inverno termina in anticipo. L’acqua porta via la nebbia, si svegliano precoci gli orsi marsicani, tuonano le seghe sui remoti tronchi. I fiumi scorrono selvaggi, indifferenti. Tra i cieli tersi, oltre le nubi più distanti, lo sguardo spazia libero fra i monti e vede uccelli: vivaci pettirossi, il tordo e la poiana, pernici bianche come il manto della neve, caduta sopra i picchi e nelle valli floride, lussureggianti. Passano le ore, in un momento. La mente immagina, pian piano, cosa occulti questo muro che si chiama Alpi: oltre la Svizzera, dietro ai molteplici castelli, sotto all’ombra di alti valichi, c’è un antico Stato (risale al primo secolo) che fu romano, poi alemanno e dopo molti anni, finalmente, diventò tedesco. Baden-Württemberg è il suo nome, lo attraversano il Danubio e il Reno. Proprio in mezzo c’è una splendida Foresta, Nera, turgida e polposa. Piena di urogalli, volpi, ricci, cervi, civette nane, cinghiali, topi, falchi, cucù, cucù, scoiattoli e gatti selvatici affamati. Mesopotamia l’alberata, però a due passi da Stoccarda, con poche tigri e molti frati. Ci vuole occhio, per trovare il potenziale di un ambiente tanto verdeggiante: l’echt del wald, per così dire. Il nesso! E il vero oro, per questa regione piena di miniere, ottimi mulini, artisti e musicisti, è sempre stato il legno.
L’abile artigiano mitteleuropeo, depositario di arti secolari, trovando l’olmo e il tiglio, abbandonati, pensa sempre a renderli immortali; affettandoli in duecento pezzi, ovviamente. Sopra il camino, mensole, all’ingresso della stanza, porte o pendole, gnomoni, meridiane, corrimano e poggiapiedi e librerie, giocattoli intagliati. Soprattutto poi, sedie e tavolini. Talmente è ancora conosciuta, questa associazione tra l’ambiente e una così ricca tradizione artigianale, che sopravvive pure oggi, nell’epoca fluidifica del web. Una roccia solida fra i turbini dell’e-commerce, lo scoglio che resiste alle maree: questo è Echtwald.com, dove ti creano lo sgabello e il suo gemello, sul battito di ciglia. Un doppio pezzo quasi unico, fatto a mano*.

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I segreti della pialla giapponese

Yosegi

Non c’è prova migliore dell’abilità di un falegname che chiedergli di realizzare questa scatolina, decorata secondo il metodo yosegi-zaiku (寄木細工). Lui dovrà prendere fino ad otto campioni di legno differente, perfezionandoli fino all’aspetto di sottilissime bacchette, bianche, nere, rosse, gialle e così via. Ciascuna proveniente da alberi diversi. Poi, con mano attenta, incollarle saldamente fra di loro, creando l’equivalente non commestibile di un rotolo di sushi-maki, senza riso, ovviamente, ma dalla superficie lignea e geometricamente ripetuta. E ben prima che si possa contemplare tale strano oggetto, così artigianalmente calibrato, sarà già giunto tempo di tagliarlo! In sottili striscioline, come fosse un trancio di salmone. Grazie all’uso di un ineccepibile strumento: la kanna (), tradizionale pialla giapponese.
Chi l’avrebbe mai detto, che l’opaco legno potesse diventare quasi trasparente! Un colpo dopo l’altro, quel blocchetto si trasforma in carta variopinta. È una meraviglia della tecnica artigiana che viene da lontano, anche cronologicamente. Venne infatti utilizzata, fin dagli albori dell’epoca Edo (1603-1867), come sistema decorativo per soprammobili, cassetti, scrivanie e varie tipologie di scatole tra cui questa, rettangolare con coperchio, è senz’altro la più semplice. Un’aspetto interessante di queste creazioni è che non erano per niente fuori dal comune, appannaggio dei potenti, bensì un prodotto a basso costo, ancora oggi favorito per l’esportazione. Ne preparavano a dozzine, in poche ore, grazie al metodo descritto in apertura. Il segreto per crearle, probabilmente, veniva tramandato dentro alle botteghe, di padre in figlio, attraverso la pratica e con significativo orgoglio di categoria. C’era persino un grano di sacralità. Dal punto di vista culturale e secondo la prassi culturale dello Shintō, lavorare il legno è sempre stato un mestiere veramente puro, proprio perché prossimo agli spiriti della foresta. Colui che potesse prendere un qualcosa di organico e complesso, per trasformarlo in cose utili alla società, funzionali o gradevoli allo sguardo, veniva mantenuto in grande considerazione.
Anche il celebre Katsushika Hokusai (1760-1849) con le sue xilografie, raffigurò più volte i falegnami, possibilmente in giustapposizione con la cima del monte Fuji, in lontananza. Ecco un esempio, tratto dal suo ciclo illustrativo più famoso, di un fabbricante di botti armato della pialla a lancia, remota antenata della kanna. Chi meglio di quel grande artista, che dell’incisione in legno fece un mezzo visuale rivoluzionario, avrebbe potuto comprendere quell’importanza, di assemblare un metaforico contenitore di sapienza?

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