La serena esistenza della lucertola cane

Che cosa definisce il perfetto animale domestico? Secondo alcuni, il carattere. Dovrebbe trattarsi di una creatura amichevole, espansiva, capace d’interfacciarsi benevolmente con gli umani. Sotto questo punto di vista, una normale lucertola tegu (Tupinambis) avrebbe qualche problema a superare l’esame. Per quanto generalmente più intelligenti di un’iguana o una barbuta, questi scagliosi quadrupedi provenienti dall’Argentina rimangono pur sempre dei rettili, poco propensi a comprendere i gesti, riconoscere i volti, distinguere tra il cibo e il padrone (con conseguenze niente affatto trascurabili, vista la dentatura). A meno che… Ascolta: c’è sempre da fare una scelta. Il cane è perfetto, ma richiede compagnia e dedizione. Il gatto è indipendente, ma ti lascerebbe bruciare dentro una casa in fiamme. E c’è una cosa, soprattutto, che i padroni Ice, studentessa e Scott, programmatore, hanno sempre apprezzato nel loro beniamino, una T. rufescens di nome MacGyver, come il celebre eroe della Tv: le dimensioni. Con i suoi 8 Kg di peso per un metro virgola tre di lunghezza, nessuno potrebbe mettere in dubbio che sia: “Abbastanza piccola da prendere in braccio, abbastanza grande da abbracciare.” E sarebbe parecchio difficile, d’altra parte, resistere a quel dolce musetto dalle ampie guance, così deliziosamente simili a quelle di un grosso criceto… Delizioso criceto, hmmm (non lasciate girare il criceto in casa nell’ora del lizard-show). Ma la storia di questo piccolo drago rossastro adottato in Florida risulta essere piuttosto interessante sotto diversi altri punti di vista, a partire dal suo acquisto all’età di sole tre settimane nel 2012, quando ancora era abbastanza piccola da entrare nel palmo di una mano. Ice racconta nella sua intervista alla rivista Broadly di come il fidanzato avesse voluto, in origine, una lucertola in grado di diventare ancora più grande, ma i due si siano in fine accordati per la tegu proprio perché altrimenti, lei non sarebbe mai riuscita a sollevarla in caso di necessità. Quindi, vista la loro appartenenza all’odierna generazione tecnologica, fecero la cosa che ormai tutti tendono a fare, quando si acquista uno strano animale: riprenderlo quotidianamente, pubblicando le immagini su YouTube. La finalità originale, piuttosto pratica e sensata: confrontare la crescita e quindi il benessere di MacGyver rispetto a quelle dei suoi consimili adottati nelle case del resto del mondo. Ben presto, tuttavia, iniziò a succedere qualcosa d’inaspettato: migliaia di commenti, provenienti dagli angoli più diversi del web, dimostravano senz’ombra di dubbio che il loro cucciolo era diventato virale. Alcuni video superarono il milione di visualizzazioni. A quel punto, che fare? Se non fornire il tegu di pagina Facebook, profilo Instagram… Era nata una nuova celebrità.
Ovviamente, tutto questo successo era più che mai motivato. In primo luogo per l’educazione che i due sono riusciti a dare al loro lucertolone, letteralmente priva di precedenti nell’intera storia documentata dell’erpetofilia. Non solo essa, infatti, si lascia coccolare come un cane o un gatto, ma risponde al suo nome scrutando direttamente negli occhi i padroni, riuscendo a comprendere talvolta quello che vogliono da lui. In un video Scott gli porge del salmone direttamente dalla mano, quindi, una volta finito il cibo, mette le sue dita intrise del forte olezzo direttamente di fronte al muso dell’animale, mostrando come questi si astenga dal prestare la benché minima attenzione. Nella chiara realizzazione di uno dei più ripetuti stereotipi dell’addomesticazione, lo scaglioso non morderebbe mai la mano che lo nutre. Si tratta di un risultato paragonabile a quello del domatore che mette la testa nella bocca del leone, e per essere chiari, altrettanto distante dai naturali istinti dell’animale. La ragione di questo successo è altamente specifica, nonché derivante dalla quantità di tempo che i padroni sono riusciti a trascorrere col loro MacGyver, dalla nascita fino al raggiungimento di un simile stato di grazia umano-animale. Importante notare è che Scott, in uno dei suoi exploit più famosi, spiega chiaramente come l’acquisto di un tegu non sia per lui consigliabile a un “amante dei rettili” quanto piuttosto a “chi cerca un amico” per il semplice fatto che la quantità di attenzioni, il tempo e l’affetto necessario per costruire un rapporto con simili mostriciattoli non ne lascerebbe abbastanza da dedicare alle proprie altre lucertole o serpenti. L’ospite proveniente dal Sud America crescerebbe dunque semi-selvatico e scontroso, finendo per diventare soprattutto un problema. Ma questa non è l’unica ragione per cui l’acquisto di un simile pet sia poco adatto alla maggior parte delle famiglie…

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Echi nella pampa: lo strano abbaio del cervo-cane

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Un fruscio tra l’erba sudamericana, un movimento ai margini del proprio sguardo. All’improvviso, in mezzo alla vegetazione, si palesano due orecchie triangolari. Una volpe rossa? A queste latitudini? Con la barba bianca? Poteva sembrarlo, fino a poco fa. Se non che in questo momento, dietro a quel paio di acuti occhi neri, si sta sollevando una criniera scarmigliata, simile per certi versi a quella di iena. E poi, cosa ancor più strana, tutto l’animale parrebbe fluttuare nell’aria fresca della pianura, tanto è distante da terra in proporzione alle sue apparenti dimensioni. Esso avanza lentamente all’altezza di 90 cm circa, senza sobbalzare in alcun modo. quindi fuoriesce  dalla copertura del sottobosco, per mostrare…. Quattro zampe nere, lunghe, lunghe, affusolate. Degne del più leggiadro tra i levrieri o gli ungulati. Che si muovono in alternanza, negli spostamenti: prima le due destra, poi quelle in opposizione. Finché l’impossibile chimera, giunta ormai troppo vicino, apre la sua bocca. Ed inizia a parlare.
Si usa dire che il lupo sia l’antenato del cane, così come la scimmia lo è dell’uomo, ma se lupi e scimmie ancora esistono, come potrebbero mai questi essere i nostri progenitori? Non è attestato, nell’evoluzione così come in qualsiasi aspetto dell’universo, il concetto di un qualcosa che resta immutato attraverso i secoli e i millenni, senza sviluppare dei tratti che derivino in qualche maniera dal suo ambiente naturale. Sarebbe quindi più corretto affermare che, in ciascuno dei due binomi citati, sia presente un punto di partenza in comune. Un precursore, una creatura simile a una delle due rimaste che colonizzò il pianeta, incorporando il seme della propria crescita futura. Proprio per questo si usa parlare di “albero” genealogico, in cui il tronco è antico e solido, mentre i rami molteplici, flessibili e progressivamente più sottili. Certo, non fa piacere pensarlo! Che una creatura elevato come l’uomo, persino all’apice delle sue possenti e variegate civiltà, non possa fregiarsi di una discendenza più onorevole di quella dell’orango, del gorilla e dello scimpanzé. Ma la stessa cosa si sarebbe potuta dire dell’Homo neanderthalensis, e guardatelo ora. Riprodotto nella cera, dietro le vetrose teche dei musei. L’abbiamo (fin troppo) chiaramente dimostrato: noi non siamo figli suoi.
Mentre il genere canis, cui appartengono le mille e più razze del nostro compagno domestico più diffuso, si sa, è piuttosto omogeneo. Non c’è una grande differenza, dal punto di vista genetico, tra un carlino, un pitbull, un alano, o persino la temibile creatura che divorò la nonna di Cappuccetto Rosso. Benché i ruoli e gesti quotidiani, questo è inevitabile, risultino piuttosto vari. Diverso è invece il caso, se prendiamo in considerazione l’intera famiglia dei canidi, della quale fanno parte anche gli sciacalli, i dingo le volpi… Esseri non così distanti nell’aspetto superficiale, ma che presentano caratteristiche altamente specifiche nella dieta, nella dentatura, nella forma del cranio e per innumerevoli altri marker distintivi della biologia. Tanto da costituire, a tutti gli effetti, dei rami ben distinti dell’antico arbusto, il cui punto condiviso è tanto in basso che potremmo situarlo, se vogliamo, anche nel punto in cui s’incontrano le radici; che per inciso, nella classica metafora non andrebbero considerate. Tutto cresce e muta, dunque. Ma talvolta, riesce a farlo rimanendo ben distante dai suoi simili, tanto da mantenere la propria fondamentale identità. Se oggi esistessero ancora gli uomini di Neandertal, che fine avrebbero fatto? Li avremmo riconosciuti come nostri distanti e meritevoli cugini? Nel mondo dei cani, qualcosa di simile è già successo. Purtroppo, nessun lupo accetterebbe nel suo branco un crisocione.

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La tenera caparbietà dei cuccioli di panda

Panda Pups

In quel giorno memorabile fu chiaro a tutti fin da subito che c’era stato un forte vento, tra le fronzute recinzioni della Base di Ricerca di Chengdu per l’Accoppiamento dei Panda (BDRCPLAP?) O in altri termini, che stava per giungere un tifone, carico di nubi delle alterne circostanze. Perché ogni drammatica volta, in ciascun singolo caso, in cui le foglie secche finivano nell’area riservata agli animali, a ciò faceva seguito un’astrusa e incomprensibile battaglia. Con Mei, la responsabile di questo particolare aspetto della loro custodia, che scendeva nell’arena in mezzo ai suoi adorabili protetti, due giovani esemplari di Ailuropoda melanoleuca, localmente detti “orsi-gatto giganti” (dàxióngmāo) oppure “orsi del bambù” (zhúxióng) con lo stesso recipiente usato per portargli il loro vegetale preferito, con la scopa e un grosso portarifiuti di metallo e poi tentare, strenuamente, di rettificare il senso di disordine che da fastidio al capo dell’istituto, ai colleghi guardiani, al gruppo dei visitatori. Da fastidio a tutti, tranne a loro. I panda. Che dinnanzi alle montagne che si stagliano sull’orizzonte, suggestione di una vita libera che non faranno mai, sembrano quasi aver giurato l’uno all’altro: “Io, mi divertirò tutto il possibile, finché sarò in possesso dei miei giorni migliori. E tu? E tu?” Ciò che segue è ormai leggenda, nell’ambiente professionale degli ammaestratori di panda, così come tra gli osservatori da lontano, passanti casuali del vasto e labirintico catalogo dei video con i cuccioli sul web. Immaginate per comparazione uno scoiattolo, che tenti di radunare tre ghiande in un prato mentre un passero le becca per sentirne l’ottimo sapore. Il roditore riuscirà a ad avvicinarne un paio,  per poterle poi nascondere fino alla fine dell’inverno. Poi si affretterà verso la terza, spostata via da un colpo dell’uccello dispettoso. Ma recuperata quella, con suo sommo dispiacere, scoprirà che lo stesso fato è ormai toccato alle altre due, finite a una distanza di diverse paia di decine di centimetri, costringendolo a ripetere tutto da capo. E così via.
In questi giorni in cui il futuro dei panda giganti appare più lungo e prosperoso che mai, visto l’aumento di popolazione consentito dallo sforzo di installazioni come quella di Chengdu, torna nuovamente attuale un chiarimento relativo a questo animale così giustamente amato, di cui quasi nessuno, tuttavia, conosce le reali specifiche comportamentali: se fossimo persone completamente insensibili, potremmo affermare che il più celebrato orso della Cina sia a tutti gli effetti un rompiscatole viziato. Ma la giusta maniera per esprimersi in materia, perché valida a comprendere il fondamentale nesso dell’intera questione, è che in gioventù esso possiede in se un’incommensurabile desiderio di comprendere e capire il mondo. Il che significa, esattamente come accade per noi umani, giocare. Facendo fruttare gli strumenti di cui l’evoluzione l’ha dotato, tra cui l’osso sesamoide attaccato ai tendini di ciascuna zampa, ingrossato per svolgere in qualche misura le funzioni di un vero e proprio pollice, con la funzionalità teorica di agguantare i germogli di bambù. Ma che funziona altrettanto bene per afferrare il bordo di una cesta di fibre intrecciate, come pure il manico di una scopa e i portarifiuti. Così, prima ghianda: la guardiana sorride, stacca l’orsacchiotto dal recipiente, mentre nel frattempo un altro gli si aggrappa ad un gamba. Seconda ghianda: Mei sorride, spinge via quel malandrino, mentre già il fratello sta agguantando gli altri attrezzi, con l’unica finalità apparente di gettarli a terra. Terza ghianda: Mei sorride, sconsolata. Ma come chi lavora con i panda già saprà molto bene, tutto questo non è ancora nulla, rispetto a quello che può far succedere il più amato dei divoratori seriali di piante…

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Il fraintendimento anatomico del mega pirahna vegetariano

Pacu Fish

È un insolito scenario, questo presentato dall’omonimo autore del seguitissimo Bill’s Channel, canale di YouTube dedicato ad ogni aspetto del regno della pesca. Vi compare Steve Townson, discendente degli indiani Arawak, mentre mette in pratica tra le turbolente acque del Rio delle Amazzoni il metodo di pesca preferito dai suoi antenati: individuare con lo sguardo, quindi trafiggere grazie all’impiego di una freccia creata artigianalmente, uno dei pesci più al tempo stesso amati ed odiati di quella regione geografica: 60 cm di bestia color della ruggine, mediamente rappresentativa della sua genìa. Benché sia chiaro: differenti varietà possono raggiungere, senza troppa fatica, anche il metro di lunghezza ed i 30 Kg di peso. Però loro, dopo tutto, che colpa ne hanno? Tutto quello che serve è UN singolo caso sfortunato, la fame di UN minuto, UN attimo di distrazione, UN momento in cui ci si dimentica delle caratteristiche naturali della propria dieta, andando a mordere le pregiate proprietà personali di un essere umano di sesso maschile: e BAM, tutti prendono a chiamarti “pesce tagliatore di testicoli”. Reputazione rovinata! Che poi voglio dire, se la natura non avesse voluto che li mangiassi, non li avrebbe fatti della grandezza precisa delle tue fauci sminuzzatrici. E non li avrebbe resi così straordinariamente simili, nella forma e nel modo in cui oscillano appetitosi nella corrente, alle bacche d’albero che consumi nel resto della tua settimana. L’anno è lungo, ci sono molte stagioni. Non puoi sempre mangiare verdura. In definitiva, e per scagionare l’autore scaglioso della mutilazione, vogliamo anche porci la fondamentale domanda? Perché mai la presunta vittima faceva il bagno nel fiume della giungla tropicale, tra gli esponenti faunistici di uno degli ambienti più notoramente selvaggi del pianeta, completamente nudo… Se te lo sei andato a cercare, dopo non venirti a lamentare. Poteva pure capitarti una visita dell’altro rinomato Serrasalminae, quello che si dice conosca il segreto per fagocitare una mucca intera in due soli minuti. Ti sarebbe rimasto soltanto lo scheletro, altro che palle.
L’avrete senz’altro visto nei vostri incubi, o nell’alternativa più prossima che sussiste nel regno dell’informazione: il terribile tabloid su modello inglese. Decine, dozzine d’articoli, che avvisano i bagnanti naturisti di rimandare le loro abluzioni all’anno prossimo, perché “il terrore dei mari del Sud (America)” è stato incautamente introdotto, da acquaristi decisamente incauti, tra le specie native di questo o di quel paese. Negli ultimi anni, è stato un continuo. Pacu, questo è il suo nome, avvistati tra le acque britanniche, in Danimarca, nel New Jersey, a Parigi. Persino, tra giugno e luglio scorsi, nelle frigide acque del lago Michigan, grande quasi tre volte la Sicilia, dove molti abitanti locali e turisti hanno riportato degli avvistamenti dell’implacabile masticatore, generalmente coronati da gridolini isterici e gambe immediatamente accavallate onde meglio proteggere quel che si ha di più caro.

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