Il ponte-drago che attraversa il fiume Han

Dragon Bridge 00

Chi sarà, un domani, il Grande Drago d’Oriente? In tempi recenti, saremmo tentati d’indicare dritti verso il centro della Cina. Basti considerare, del resto, la sua economia formidabile, l’aumento esponenziale del numero di abitanti e l’avvicinamento costante verso lo status di superpotenza globale. Negli anni ’80 e ’90, prima dello scoppio della bolla, storici e analisti non avevano alcun dubbio: tale fato sarebbe toccato al Giappone, per via dell’avanzata industria elettronica e per l’influenza possente sull’etica aziendale e sulla cultura di almeno mezzo mondo occidentale. In un futuro ipotetico, forse non più così lontano, tale destino potrebbe toccare alla Corea, spinta dal boom produttivo di un paese rinnovato, improvvisamente uscito dai contenziosi territoriali e politici di almeno due generazioni. Affascinati dalla storia recente di queste tre nazioni, colpiti dai loro successi e dalle gravi vicissitudini che le hanno caratterizzate, spesso ci dimentichiamo di quell’altra penisola dell’Asia, anch’essa battuta da una sanguinosa guerra ma che a partire dal 2011, secondo gli studi del comitato 3G Citigroup, gode dello status invidiabile di paese con la maggiore crescita nel mondo. Beh! D’ora in poi, di sicuro, nessuno potrà più negare al Vietnam un suo drago fiammeggiante: eccolo qui, un’incredibile mostro di cemento e ferro, dotato di sei corsie, 15.000 luci al led, attraversato da migliaia di automobili ogni giorno. Il suo nome è Cầu Rồng, ma tutti su Internet lo chiamano “il Ponte del Drago”.  È stato inaugurato lo scorso 29 marzo, proprio in occasione dell’anniversario di liberazione di Da Nang. Un luogo detto, non a caso, città dei ponti.

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Svista cinese: il ponte così basso che ci sbattono la testa

Low bridge Nanning

Pensando alle grandi città della Cina, è facile fermarsi all’immagine stereotipata di Pechino ricoperta dal cemento e dallo smog, sovrappopolata, iper-trafficata, assediata dai monsoni e spesso vittima di estese tempeste di polvere. Eppure, nello stesso paese ci sono enormi centri abitati che spiccano per vivibilità, in cui parchi e viali alberati caratterizzano l’offerta civica di ogni quartiere. Una di queste è la città di Nanning, sita a 100 km dal confine del Vietnam, luogo in cui vivono più di 6 milioni e mezzo di abitanti tra università, musei e vaste zone residenziali e commerciali. L’amministrazione pubblica, in particolare, può vantare una coscienza ecologica estremamente rinomata, con servizi di manutenzione e nettezza urbana dagli standard qualitativi molto alti.
Ma negli ultimi giorni un seme della discordia sta generando tra i locali parecchi disagi e qualche (letterale) mal di testa. Sono persino iniziate le prime manifestazioni pubbliche di sdegno: ecco un video tratto dalla TV locale, caricato online presso il portale LiveLeak.

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Il camionista che doveva scaricare, ma nessuno lo aiutava

Scaffolding

Il bambù è una pianta straordinaria. Non solo cresce più velocemente di ogni altra al mondo, ma è anche tra le più flessibili e resistenti. Nei tipici film d’arti marziali, l’eroe lo sfrutta per proiettarsi da un lato all’altro della foresta, tra feroci dragoni e pugnali volanti. Nelle città moderne, invece, lo usano per farne impalcature. Perché caricarsi l’acciaio quando si può disporre di tali steli, molto meno pesanti, legati saldamente con semplice e sicuro filo al nylon? L’impiego delle impalcature di bambù, probabilmente su influenza occidentale, è stato bandito in vaste aree della Cina per i palazzi superiori a sei piani. Ma continua a trovare un largo impiego nelle Filippine, a Hong Kong e nell’isola di Formosa, l’odierna e affascinante Taiwan. Proprio in quei luoghi, forse a Taipei, troviamo questo camionista pieno di risorse, che dovendone consegnare un lotto in tempi brevi applica con stile le dinamiche inerziali, nonché la coppia generosa del suo piccolo ma scattante autocarro. Un colpo di frizione o due sono quanto basta a concludere la missione. Si dice che questa pianta sia uno dei quattro aristocratici confucianiinsieme all’orchidea, il pesco e il crisantemo, e di certo qui non la vediamo trattata con particolare rispetto o deferenza. Ma d’altra parte, un lavoro portato a termine con ingegno nobilita, inevitabilmente, l’uomo. E la pianta. Un pò meno, magari, le sospensioni.

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Demolendo torri di raffreddamento in bullet time

The Slow Mo Guys

“Non avere paura. L’isola è piena di rumori, di suoni e dolci arie che danno gioia e non fanno male.” così si aprivano a fine luglio i giochi olimpici di questo 2012, citando un brano shakespeariano sul colonialismo e l’industrializzazione. Perché a seguire, tra i fuochi d’artificio e le fiamme scenografiche, sorgevano dal suolo dello stadio le alte ciminiere delle fabbriche, antico emblema di rinnovamento così strettamente legato alla storia e al paesaggio dell’intera Gran Bretagna. Elemento architettonico che, purtroppo o per fortuna, ogni giorno che passa diventerà sempre più insolito e superfluo. Con la progressiva crescita dei paesi emergenti, infatti, fautori di una nuova e più moderna Rivoluzione Industriale, fatta di transistor e servomeccanismi, il governo e le aziende inglesi hanno intrapreso da circa un anno il mega-progetto finalizzato alla demolizione di tutte le vecchie e ormai inutili centrali elettriche a petrolio e carbone, disattivate da tempo, annientando con esse ogni singolo esemplare della loro struttura più caratteristica e riconoscibile: la torre di raffreddamento iperboloide (quella della centrale atomica di Springfield, per intenderci).  Di certo le dolci arie della nuova Inghilterra, dotata di un più sincero e profondo senso di attenzione per la natura, danno gioia e non fanno male. Tranne che alle arcaiche ciminiere, vittime inconsapevoli del cambiamento.

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