Presentata l’Hyperion XP-1, demone su 4 ruote con l’idrogeno nel cuore

Quando l’intera industria automobilistica tace per qualche attimo e volge lo sguardo verso la California, è facile prevedere che qualcosa di speciale stia per verificarsi. Terra di opportunità e tecnologia, responsabile di suo conto di un’alta percentuale dell’intero PIL statunitense, dove piccole startup fioriscono ed assumono crescenti proporzioni non più soltanto per la stereotipata iniziativa di un gruppo di ragazzi nel garage, bensì l’intuizione ed il finanziamento di possenti multinazionali e facoltosi “eroi” del capitalismo globale. All’interno di stabilimenti come quello di 1032 W. Taft Avenue, Orange, California, sede da ormai oltre nove anni della misteriosa compagnia operativa nel campo dei carburanti a idrogeno che il suo fondatore e CEO Angelo Kafantaris ha scelto d’intitolare ad Iperione, uno dei dodici titani che guidati da Crono, si ribellarono e sconfissero il loro padre ponendo le basi dell’Universo. Associazione altisonante per un marchio che si dichiara operativo nell’originale campo della “Tecnologia dell’epoca spaziale applicata alla guida su strada” benché nessuno, a conti fatti, avesse gli strumenti per decifrare a fondo una simile dicotomia… Fino a ieri. Quando bypassando non soltanto il passaggio considerato obbligatorio di una presentazione fisica alla stampa, ma anche la prevista sessione in streaming per gli investitori, il primo esemplare tangibile di tanto duro lavoro da parte dell’Hyperion ha visto sollevarsi il velo dell’anonimato, per fare la sua comparsa coreografica sulle pagine del sito della compagnia.
Chiarendo come ben poco, nonostante le nostre conoscenze pregresse, avrebbe potuto prepararci all’esperienza audiovisiva della XP-1 (X-treme Prototype? X-tra Power?) un veicolo dai 356 Km/h di velocità di punta e 0-96 in 2,2 secondi che ha tutte le intenzioni, e gli strumenti, per presentarsi come una vera e propria macchina venuta dal futuro. La cui alimentazione mediante il succitato sistema privo di emissioni risulta essere soltanto il primo pezzo di un avveniristico puzzle, composto dall’estetica fiammante di un qualcosa di fuoriuscito direttamente dal sogno di un supereroe, con linee che ricordano vagamente una Bugatti Chiron portata fino alle più estreme conseguenze, una cabina di guida con bolla panoramica presa direttamente da un aereo da combattimento e l’unica proposta strumentale di un enorme schermo touch curvo da 98 pollici, controllabile anche mediante i gesti. E un peso di appena 1.036 Kg, capace di porla ai massimi vertici nel settore delle supercar stradali. Completano l’offerta esterna cerchi dall’estetica quasi vichinga e dei montanti laterali che agiscono come pannelli solari, a quanto pare addirittura articolati per “seguire il sole” benché le mere leggi della termodinamica ci lascino intuire come la loro estensione possa contribuire soltanto in proporzione minima all’autonomia del mezzo. La quale d’altra parte già raggiunge una vetta totalmente priva di precedenti, con i 1.615 chilometri che ancora una volta fanno più che altro pensare al mondo degli spostamenti via cielo, benché tale aspetto diventi niente meno che necessario, quando si considera l’attuale diffusione tutt’altro che capillare dei distributori capaci di stoccare e vendere l’idrogeno necessario ad alimentare questo impressionante cavallo fatto di metallo, fibra di carbonio ed ambizioni senza limiti apparenti. Apparso, come soltanto assai raramente può riuscire ad accadere, non dalle alte cime di un grande e rinomato marchio bensì l’oscuro settore della Valle antistante…

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L’ultima di Bugatti, stravaganza di un giocattolo per bimbi miliardari

É la classica storia di “Azienda vecchia di oltre un secolo celebra il suo anniversario. Azienda costruisce nuovamente la replica dell’auto che negli anni ’20, il suo fondatore aveva regalato al figlio di 8 anni. Quindi, l’Azienda scopre che in un mondo colpito da una pandemia globale, persino 500 esemplari di veicoli elettrici in scala 1/2 con una velocità concepita per girare nei terreni privati di una grande villa, che costano circa il prezzo di una Nissan Leaf nel loro allestimento più accessibile, potrebbero non appartenere esattamente alla categoria più facile di oggetti da piazzare sul mercato. Per cui Azienda si rivolge alla potenza di marketing virale del Web, nella speranza di trovare nuovi spazi per un prodotto un po’ superfluo, certamente decadente ma che può definirsi, a pieno titolo, una piccola opera d’arte.” Non a caso c’è un signore di mezza età, e non suo figlio o nipote, alla guida dello strano e compatto veicolo nel video di presentazione offerto sul canale della compagnia inglese The Little Car Company, in qualità di collaboratrice e produttrice di un qualcosa che in origine il buon vecchio Ettore B. aveva creato, assieme al figlio adolescente Jean per il fratello di quest’ultimo, decidendo in ultima battuta di farne costruire qualche centinaio in serie, per i conti, duchi e nascenti capitalisti di un’Europa soggetta a significativi cambiamenti. Con il nome ragionevolmente descrittivo di Bugatti Baby, laddove carrozzeria, aspetto e funzionalità generali erano stati concepiti per riprendere quelli dell’allora celeberrima Tipo 35, senza dubbio una delle vetture da corsa di maggior successo nella lunga storia degli sport a motore. Oltre 2.000 vittorie nella stima più aggiornata, uno status leggendario nel collezionismo nonostante la quantità di esemplari prodotti ed ora, all’inizio del secondo decennio del secondo millennio… Questo. Ed emerge ad un preciso sguardo una certa passione, difficile da mettere in dubbio, nel modo preciso in cui sono stati ricostruiti i più minuziosi dettagli dell’ispirazione full-size dai fari sporgenti fino agli interni, probabilmente anche meglio del giocattolo motorizzato di circa 10 decadi a questa parte, al cui propulsore a combustione è stato tuttavia sostituito un impianto elettrico di concezione contemporanea, capace di operare a un ritmo “ridotta” di 20 Km/h aumentabili fino a 45 nel più costoso dei tre allestimenti, previo inserimento dell’apposita chiave di sblocco, dando vita a quello che potremmo definire come uno dei passatempi fanciulleschi più potenzialmente pericolosi da questo lato delle piccole armi da fuoco donate ai pargoli di certi ambienti, che lo stereotipo vuol essere soprattutto statunitensi. Tralasciando ad ogni modo il rischio d’incidenti, ciò che resta è una vettura creata molto chiaramente come oggetto di prestigio, espressione di quello stesso concetto di lusso che porta a ricoprire i telefoni cellulari o le mascherine di oro e gemme preziose, benché diretto, almeno in linea di principio, alle menti particolarmente fertili delle nuove generazioni. Poiché anche se un bambino o una bambina potrebbe non sapere esattamente cosa rappresenta o è veramente stata una Bugatti Tipo 35 all’epoca della sua reale commercializzazione, tutti possono capire, grazie all’interpretazione dell’altrui lingua del corpo, quale sia il valore non sempre arbitrario delle cose. Ed è guidando, come si usa dire, che vien la fame (di entrare di diritto nella Leggenda)…

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Progetto Skycar, l’orizzonte mai raggiunto di una vera macchina volante

“Se la vostra civiltà moderna è tanto grande, umano, allora perché la stragrande maggioranza dei veicoli che utilizzate per spostarvi su questo pianeta continua laboriosamente strisciare lungo inefficienti e pericolose strade asfaltate? Abbiamo studiato con interesse, da Alpha Centauri, i vostri film e videogiochi, e sappiamo quanta familiarità abbiate col concetto di un dispositivo di spostamento personale capace di attraversare lo strato superiore delle nubi argentate…” Qui il Grigio fece una pausa, la grossa testa con gli occhi bulbosi voltata, per quanto possibile con l’articolazione limitata del suo collo, verso la finestra panoramica dell’astronave, la città di Sacramento ormai poco più che un ammasso di luci grande come un pugno, che continuava a rapidamente a ridursi nelle dimensioni. Paul Moller, con un’espressione infastidita, guardò ancora una volta l’orologio portato al polso sinistro: “Ve l’ho già detto e ripetuto, sedicenti alieni. Le macchine volanti esistono da 50 anni e sono stato IO a inventarle; se non sono da tutte le parti ciò costituisce una chiara scelta del grande pubblico che, per non un motivo o per l’altro, non le ha volute. Ora abbiamo finito con questo rapimento? Sulla Terra ho un progetto per lo sfruttamento del carburante biologico, da perfezionare.”
Più in salute e fisicamente attivo che mai, il professore ormai in pensione, inventore e imprenditore di origini canadesi ma operativo in California di 84 anni si guardò intorno pensierosamente, apprezzando se non altro lo spazio utilitaristico dell’astronave interstellare. “E comunque, sia chiaro che neanche la vostra tecnologia è perfetta. Scommetto che questo arnese richiede anni ed anni di apprendimento, prima di essere pilotato con accettabile efficienza.” Il punto debole, come lui ben sapeva, della maggior parte delle tecnologie finalizzate al trasporto di esseri dalle proporzioni ragionevolmente antropomorfe: la semplicità di utilizzo. Ciò che aveva, da sempre, impedito all’uomo della strada di possedere un aeromobile a decollo verticale, poiché l’elicottero, in se stesso, costituisce una macchina che tenta costantemente di uccidere il pilota seduto nella sua cabina di comando. Mentre pensava questo, riandò quindi con la mente alla famosa seconda offerta di Henry Ford, che esattamente 10 anni prima della sua nascita, dopo il grande successo conseguito dall’automobile Model T aveva pensato di adattarne l’economica produzione al volo con ala fissa, mostrando all’America il monoplano Ford Flivver, un aereo economico, semplice, alla portata ideale di chiunque. Almeno finché il pilota sperimentale, perdendone il controllo, finì per schiantarsi nell’oceano presso Melbourne, dimostrando a tutti l’effettiva complessità del progetto.
Macchina volante, automobile fluttuante; la risposta al sogno, universalmente impresso nelle nostre menti, di potersi sollevare in cielo la mattina prima di andare al lavoro. Per atterrar soavi, soltanto una manciata di minuti dopo, nello spiazzo di fronte alla scrivania dell’ufficio. Un approccio veicolare che potrebbe, da un punto di vista individuale, migliorare sensibilmente la vita delle persone. E non c’è niente che Paul Moller abbia mancato di fare, nel corso della sua lunga e complessa vita professionale, nel tentativo di dare una forma valida e realmente pervasiva a questo concetto di vecchia data. Incluso reinvestire, con chiaro intento operativo, una cifra stimata attorno ai 100 milioni di dollari attraverso il reiterato trascorrere delle decadi, nel tentativo di veder staccarsi da terra quella che originariamente aveva chiamato Discojet, quindi Volantor ed infine, con un nome commerciale che resiste tutt’ora, M400 Skycar. Un qualcosa di al tempo stesso meno ambizioso, ma dal potenziale largamente più realizzabile, dell’auto del Professore in Ritorno al Futuro o i velivoli impiegati in Bladerunner e il Quinto Elemento. Eppur cionondimeno, largamente frutto di una possibile fantasia futura…

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Che tipo di auto elettrica può costare meno di uno smartphone?

Estasiato non inizia neanche a descrivere l’atteggiamento di Jason Torchinsky, recensore del celebre blog automobilistico Jalopnik, mentre si gode il contenuto del grosso pacco da lui finalmente ricevuto dopo circa un mese l’ordine piazzato, per un capriccio del momento ed appena 930 dollari, sulle pagine del sito Alibaba, vero e proprio punto di riferimento di chiunque abbia un qualche tipo d’interesse nei confronti del nuovo mercato spesso sorprendente dei cosiddetti prodotti Made-in-China. Arricchitosi proprio in questi ultimi tempi di una nuova categoria merceologica, quella degli LSEV o Low Speed Electric Vehicles: mezzi di trasporto molto economici, prevedibilmente lenti e facili da guidare, particolarmente apprezzati nel loro paese di provenienza e non soltanto da chi abbia il bisogno di spostarsi senza avere la patente. Quelli che nelle metropoli della grande superpotenza asiatica sono soprannominati 老头乐 (lao tou le – il divertimento degli anziani) possiedono infatti una predisposizione particolarmente meritoria: la capacità di essere immatricolati, senza eccessive lungaggini, spese o la vincita di una vera e propria lotteria, per circolare nelle città di classe 1, 2 e 3, dove lo smog è l’unica cosa più pesante del traffico, nonostante strade dall’ampiezza e lunghezza inimmaginabili per gli abitanti di un grande centro europeo. Ecco dunque tali arterie arricchirsi, secondo una concezione urbanistica tipica di quelle parti, di apposite corsie laterali, ove gli abitanti del quartiere possono spostarsi per brevi trasferte, come casa-supermercato o casa-scuola nel caso debbano accompagnare figli/nipotini, perfette per un tipo di vetture dalla velocità limitata (qualche volta artificialmente, certe altre per mere ragioni di potenza) ai circa 30-40 Km/h. Ciò che emerge dall’improbabile e quasi surreale serie di articoli del sito americano, tuttavia, è la sorprendente qualità e ricchezza di optional del nuovo acquisto di Torchinsky, piccolo veicolo regolamentato come fosse un triciclo a motore con “una ruota addizionale” denominato Changli Nemeca, il cui aspetto complessivo può essere riassunto come quello del mezzo di Topolino o una versione effettivamente guidabile su strada della Little Tikes, l’automobile giocattolo tipicamente gialla e rossa integrata nei carrelli della spesa di alcuni dei maggiori supermercati al mondo. Poiché almeno ad un’analisi superficiale, non manca semplicemente nulla alla compatta quattro-ruote d’Asia adibita al trasporto ideale di due persone al massimo, in configurazione avanti-dietro all’interno di una sorprendentemente solida struttura in metallo. Benché le caratteristiche di sicurezza, effettivamente, non possano competere con quelle di un vero e proprio autoveicolo e le stesse doti prestazionali diventino maggiormente limitanti tanto più si tenta di scalare un qualche tipo di salita o collina, dove la Nemeca può essere facilmente superata almeno per brevi tratti, come dimostrato anche nel video, da un bambino in corsa. Mentre la stessa autonomia, data la dimensione necessariamente ridotta delle batterie, non supera i 120-150 Km totali. Ma i punti negativi, come esplicitamente vantato dal nuovo proprietario, finiscono qui essendo controbilanciati da un livello di rifiniture, per il prezzo risibile, decisamente superiori alle aspettative: a partire dalla dotazione di autoradio con lettore MP3, il riscaldamento e il sistema di ventilazione montato sul tetto. Per non parlare dell’improbabile telecamera per il parcheggio con visuale posteriore, certamente apprezzata in modo particolare dagli ideali clienti senior per cui è stato concepito in patria questo tipo di prodotto. E poi, c’è il discorso estetico; che sebbene possa anche non piacere, a seconda dei propri gusti e storia personale, risulta dotato di un certo fascino spiritoso e quasi naïf che non potrà fare a meno di far sollevare, in senso positivo, una considerevole quantità di sopraccigli lungo il corso delle proprie (rilassanti) avventure stradali…

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