Non sai dove parcheggiare la bici a Tokyo? Mettila sottoterra.

japanese bike parking

La viabilità giapponese segue regole dettate da un fondamentale bisogno di ottimizzare gli spazi urbani. In un paese estremamente popoloso in cui gli automobilisti sono la minoranza e i trasporti pubblici raggiungono vette di efficienza superiori, le aree pedonali diventano spesso luoghi di passaggio per grandi quantità di persone e punti d’incontro culturali, caratterizzati da ore di punta frequenti ed estremamente affollate. Persino il diritto a possedere un’automobile in Giappone, subordinato ad una lunga serie di lungaggini burocratiche, prevede tra le altre cose la dimostrazione del possesso di un garage o posto macchina riservato, con la precisa finalità di non sottrarre metri quadri al prezioso suolo pubblico cittadino. Può tuttavia capitare, camminando per grandi città come Osaka e Tokyo, di imbattersi in vaste zone designate al parcheggio delle biciclette, un mezzo piuttosto popolare e largamente utilizzato da giovani e pendolari. Un problema che sembrava impossibile da risolvere, almeno fino all’installazione del primo parcheggio sotterraneo automatico. L’incredibile dispositivo, non dissimile da una sorta di juke-box gigante, è una creazione dell’azienda Giken, produttrice di macchinari industriali situata nella parte meridionale dell’isola di Shikoku, presso la grande e antica città di Kōchi. Il funzionamento è molto semplice: si paga la sosta presso il chiosco a lato della strada, si riceve una tessera (non perdetela) e si posiziona la bicicletta sull’apposito nastro trasportatore. Ci penserà la macchina a farla sparire nelle profondità della terra…

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Le due viti infinite che nel ’26 viaggiarono oltre la neve

Snow_Devil

E’ tutta una questione di superfici. Puoi avere il motore più potente, il battistrada termico di gomme specializzate di ogni marca o le migliori catene d’importazione, ma se il bianco manto invernale è davvero profondo dovrai restare lo stesso a casa. La tecnologia motoristica che sfruttiamo per muoverci ha il suo inevitabile peso, mentre la neve è per sua natura friabile e traditrice. Quante buche si sono aperte a sorpresa sotto i capaci pneumatici di un automobilista determinato a raggiungere il posto di lavoro a gennaio? Quante motoslitte artiche, con tanto di cingoli, sono scivolate in invisibili crepacci ghiacciati, rivelati all’improvviso da un sottile e rassicurante manto nevoso? I veicoli di terra convenzionali non sono in grado, come le imbarcazioni o gli aerei, di sfruttare a loro vantaggio i complessi equilibri fisici delle sostanze che compongono il loro ambiente, galleggiando tranquillamente sopra i pericoli nascosti dalle strade ricoperte di neve profonda e ghiaccio. C’è stata però un’epoca in cui il problema era stato risolto, sembrava, per tutte le epoche a venire. Un anno lontano, a cavallo tra le due guerre, in cui i trattori americani viaggiavano non più su ruote ma impiegando l’energia dinamica di una coppia di viti di Archimede, simili a trivelle. Questo è il Fordson “Snow Devil” uno dei mezzi di trasporto più rivoluzionari del secolo scorso, un’invenzione geniale che, per un capriccio della storia, non diede inizio ad alcun tipo di rivoluzione.

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Quattro ruote tonanti alla conquista di un lago semi-congelato

garagashyan

Nell’ingegnosa Russia, i fuoristrada fatti in casa sono talmente inarrestabili che si guidano anche sull’acqua. Questo è Alexey Garagashyana, a bordo del suo speciale ATV diesel con motore turbo Kubota dotato di trasmissione differenziale, che si inoltra con impeto temerario sul ghiaccio sottile di un piccolo e profondo lago solo parzialmente congelato. Dopo qualche secondo, ovviamente, il pesante e compatto mostro meccanico si ritroverà sommerso quasi fino alla cabina di guida. Ma superato un comprensibile attimo d’incertezza, lo scopo insolito del suo creatore ci appare presto chiaro: le grandi ruote da trattore del veicolo, profondamente intagliate, agiscono infatti come pale idrauliche, fornendo una propulsione sufficiente a scongiurare il suo prematuro inabissamento. Come un rompighiaccio anfibio uscito da un universo alternativo, il potente mezzo inizia allora un distruttivo giro della polla ghiacciata, lasciando dietro di se acque nebulose e turbolente ma perfettamente navigabili.

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Il 787 Dream Pass: un tour a 360° del nuovo jet della Boeing

Boeing 787

Negli ultimi anni si è molto parlato del futuribile jet di linea Boeing 787, primo aereo commerciale ad essere costruito primariamente in fibra di carbonio e altri materiali compositi, del 20% più leggero rispetto ai suoi predecessori. Dopo una lunga progettazione, conclusasi nel 2009 con la messa in opera del suo prototipo funzionante, nonchè il superamento di qualche significativo imprevisto, il mese scorso la United Airlines ha finalmente avuto l’onore di battezzare questo innovativo aereo nel suo primo trionfale volo con a bordo passeggeri paganti. I presenti, quasi tutti giornalisti o personalità note, hanno avuto modo di riscontrare caratteristiche di comfort, intrattenimento tecnologico e silenziosità decisamente sopra la media. Chi tra noi avesse perso tale occasione, o per qualsivoglia motivo non abbia ancora avuto modo di entrare in uno di questi evoluti mezzi di trasporto, potrà provare a immaginarne l’emozione attraverso la completa visita virtuale preparata per l’occasione dalla compagnia aerospaziale di Chicago, denominata Boeing 787 Dream PassSi tratta di una serie di video interattivi con tecnologia streaming a 360°, ovvero ruotabili a piacimento. Ce ne sono di ambientati all’interno della cabina di comando, in fase di decollo e di atterraggio e con tanto di commento audio opzionale, oppure tutto intorno alla carlinga e al di sopra delle ali in un’affascinante carrellata in steadycam.

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