La grande vasca nella villa che la Russia ha dimenticato: tonnellate di granito per il bagno del suo sovrano

In un’affermazione popolare che non vuole essere mero commento storico, ma piuttosto una freddura politicizzata rivolta ai trascorsi nazionali dei secoli passati, i russi sono soliti affermare che il periodo monarchico abbia lasciato in eredità al paese tre imponenti quanto inutili manufatti: un cannone che non ha mai sparato; una campana che non ha mai suonato; una vasca da bagno che non è mai stata riempita. Probabilmente… Chi può dirlo, davvero? 8.000 secchi d’acqua sono tanti, soprattutto nel primo trentennio dell’Ottocento, quando Alessandro I era solito recarsi presso la sua residenza per così dire “segreta” nel condurre la sua tresca clandestina con la figlia del banchiere di corte e barone Osip Petrovich, Sofia Velyo. Il fatto d’altra parte è che a differenza dello strumento metallico privo di batacchio esposto al Cremlino e l’adiacente bombarda semplicemente troppo grande per essere utile, la vasca del palazzo Babolovsky presso il villaggio vicino San Pietroburgo di Tsarskoe Selo risponde se non altro ai crismi di una perizia costruttiva priva di difetti e pressoché assoluta nella sua apprezzabile realizzazione. Essendo non a caso il prodotto dello scalpello di Samson K. Sukhanov, lo scultore leggendario cui vengono attribuiti numerosi monumenti di questo periodo storico particolarmente incline alla celebrazione del grandeur monarchico ereditato dal tardo Rinascimento. Così come questa intera struttura, originariamente fatta costruire nel 1782 all’architetto I.V. Neelov sul terreno di una dacia dalla nonna di Alessandro, Caterina la Grande, al fine di donarla al suo favorito nonché autore politico del colpo di stato contro il marito Pietro I, il principe Grigorij Aleksandrovič Potëmkin. Sovrana illuminata e nota mecenate delle arti, nonché di opere d’ingegneria dalla portata significativa, che in epoca coeva all’edificazione del suo Grande Palazzo di Carskoe Selo in questo tratto di foresta paludosa e precedentemente disabitata commissionò assieme al maniero la costruzione di una diga, canali ed un giardino formale in stile inglese, benché il nobile recipiente di quel dono sarebbe stato destinato a utilizzarlo solamente una manciata di volte negli anni a seguire. Cui fece seguito un lungo periodo di abbandono, fino alla riapertura e aggiornamento delle sale ad opera del nuovo Imperatore, che amava particolarmente un luogo tanto isolato, al punto da farlo restaurare ed ampliare ad uno dei fondatori dello stile Impero, Vasily Stasov. Fu dunque nel 1823, grazie al coinvolgimento tra gli altri dell’ingegnere spagnolo Agustín de Betancourt, che lo Zar decretò di far portare in situ qualcosa di eccezionalmente notevole e imponente: lo strumento ideale per la pratica dei bagni freddi, che da educazione egli considerava un’importante risorsa per poter preservare lo stato di salute di un lungimirante sovrano…

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Le lunghe notti dei robotaxi urlanti: disanima di un imprevisto esperimento stradale

Immaginate adesso se l’intera moltitudine di un formicaio, durante le proprie operazioni diurne, cominciasse a emettere un qualche tipo di rumore. Come una sorta di ronzio insistente, un chiacchiericcio fastidioso, il ripetuto squillo roboante di un’acuta sirena… Di sicuro, questo priverebbe i giovani esponenti della specie umana di uno dei piaceri più inerenti del vivere in (parziale) natura, l’osservazione di un gruppo di minuscole entità distinte, cionondimeno perfettamente in grado di lavorare assieme ad uno scopo comunitario. Trovarsi molto in alto ha d’altra parte i suoi vantaggi, e può permettere a una vasta varietà di esseri o creature di essere stravolte nelle proporzioni. Trasformando in imenotteri, persino veicoli dotati di un volante, quattro ruote ed una sorta di “antenna” sul tettuccio non più apribile che tende a caratterizzarle. Trattandosi nel caso specifico, di vetture elettrice Jaguar I-Pace, dal tipico colore bianco diventato un quasi sinonimo, a San Francisco, dell’ex-costola di Google, Waymo, probabilmente l’entità aziendale che ha fatto di più negli ultimi 15 anni per far affermare la guida autonoma in una grande città dell’emisfero occidentale. Sebbene nulla di simile fosse mai successo, prima della fine dello scorso luglio in questo parcheggio della zona residenziale SoMa (South of Market) ove gli abitanti dei palazzi limitrofi hanno cominciato a svegliarsi ripetutamente nelle ore più buie della notte. Al riecheggiare, massiccio ed insistente, del tipico verso veicolare. Un vero e proprio concerto di clacson, è ciò di cui stiamo parlando, qualcosa che in circostanze per così dire umane difficilmente avrebbe avuto la ragione di generarsi. Soprattutto nella consapevolezza dei propri simili che in tranquillo stato d’incoscienza, si preparavano ad un’altra lunga giornata d’impegni entro i confini della Parigi dell’Ovest statunitense. E poi, perché mai emettere un tale baccano, durante le operazioni relativamente semplici di una manovra di parcheggio? E perché poi farlo sempre ed esclusivamente quando la Luna è situata in alto nel cielo, quasi a incrementare l’effetto straniante desiderato nei confronti delle vittime situazionali delle circostanze… La realtà, come spesso capita in ambito informatico e dell’intelligenza artificiale, è da ricercarsi nella programmazione. Quel vasto libro di criteri che governa, in ogni varietà di circostanze, l’effettivo comportamento di un qualsiasi essere artificiale…

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Tacit Blue, l’occhio volante nella scatola creata per sorvegliare i cieli

Per l’intero estendersi del periodo storico noto come guerra fredda, molti scenari di un’ipotetico peggioramento della situazione ruotarono attorno ad un particolare territorio situato al confine tra i due mondi avversi: il valico di Fulda, o breccia di Francoforte sul Meno. Un percorso pianeggiante, circondato da colline e montagne, tra lo stato di Hesse e la Turingia, che avrebbe potuto permettere idealmente la realizzazione di una rapida avanzata di carri armati dai paesi del patto di Varsavia verso il blocco della NATO, replicando la terribile efficacia del Blitzkrieg tedesco all’inizio della seconda guerra mondiale. Molti complicati progetti e letterali milioni di dollari furono perciò investiti, nel corso delle decadi, al fine di sviluppare valide contromisure nel realizzarsi di un tale scenario, coinvolgendo tra gli altri il fluido know-how della DARPA, l’Agenzia statunitense per la Ricerca delle Armi Avanzate. Assault Breaker sarebbe stato il nome del suo contributo teorico di maggior rilievo a tal fine, un progetto d’integrazione che avrebbe visto la perfetta collaborazione di sistemi d’artiglieria e bombardieri strategici con svariate metodologie di sorveglianza in tempo reale del campo di battaglia, una buona parte delle quali sostenute dall’impiego della nuova tecnologia per i velivoli stealth. Gli aerei invisibili ai radar, dunque, avrebbero sorvolato il campo di battaglia, inviando informazioni aggiornate al comando centrale, in un nuovo tipo di guerra in cui il nemico sarebbe stato costretto a giocare a carte totalmente scoperte. Due erano, sul finire degli anni ’70, i principali prototipi che avrebbero potuto rivestire quel ruolo: l’angolare e problematico Lockheed XST della Skunk Works, nome in codice Have Blue, che avrebbe in seguito dato i natali all’iconico F-117 Nighthawk; e sul fronte della Northrop di Hawtorne, California, un altro aereo destinato a rimanere top secret fino alla metà degli anni ’90, il bizzarro bimotore scout destinato a passare alla storia solamente con la denominazione del suo prototipo, Tacit Blue.
Oggi visitabile, con estrema facilità, presso il Museo dell’Aeronautica della base Wright-Patterson di Dayton, Ohio, la strana linea dell’apparecchio in questione non ha mai cessato di stupire gli appassionati di tecnologia militare ed aviazione, per la miriade di soluzioni atipiche che avrebbero contribuito al suo primo decollo, avvenuto dopo un lungo periodo di perfezionamento nell’anno 1982. E la ragione è presto detta, costituendo il punto d’incontro ideale tra un sistema di volo capace non soltanto di deviare ed assorbire le onde radar, bensì schierare a sua volta sopra il territorio oggetto di sorveglianza un potente ed ingombrante radar LIPR (a bassa probabilità d’intercettazione) capace non soltanto d’individuare singoli veicoli, ma persino compiere passi significativi verso la loro identificazione, una prospettiva letteralmente priva di precedenti fino a quel momento nella storia militare pregressa. Tanto che non sarebbe errato definire il Tacit Blue come “l’aereo costruito attorno ad un sistema di rilevamento” nella stessa maniera in cui l’A-10 Thunderbolt della Fairchild è da sempre stato soprannominato “l’aereo costruito attorno al suo cannone”. Essendo questi due velivoli, separati da uno spazio notevole di tempo e metodologia d’impiego, egualmente letali nei propri specifici settori d’appartenenza…

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Funghi volanti dal piede d’acciaio: il più strano brevetto dell’ultima guerra mondiale

Come in una partita a scacchi, i due eserciti si erano affrontati sul campo alla ricerca di un passaggio verso il campo base nemico. Ma dal punto di vista del Comandante all’interno della sua piccola capsula rotativa, sarebbe forse stato più corretto evocare i metodi di quell’altro gioco, la battaglia navale. “165 – Soldati tra i giunchi a sud” Riportò con voce autorevole, inclinandosi verso l’interfono ma senza ricorrere alle lancette dell’orologio come riferimento posizionale, secondo i crismi di un mezzo che non aveva un davanti, né un dietro. “Li ho nel mirino!” Rispose immediatamente il quarto mitragliere, che naturalmente non aveva nessun bisogno di spostare la propria bocca da fuoco, prima di premere il grilletto risolutivo. Senza l’attesa di ulteriori ordini, fece dunque ciò per cui era stato assunto, obliterando le truppe tedesche con le proprie inutili, ma fastidiose granate anticarro. Ora un sottile ronzio, nella casamatta metallica, risuonò mentre il motore integrato nella postazione del Comandante ruotava lentamente in senso orario fino a fermarsi bruscamente con un lieve contraccolpo. Chiaramente, qualcosa aveva catturato la sua attenzione, tesa al massimo come un corda di violino: “282 – Avvistatori dell’artiglieria, situati ad ovest. Non c’è tempo di colpirli, attivare il Piede. Modalità balzo. Direzione… ” Le reazioni all’interno furono pressoché immediate. Il guidatore attaccato ai comandi nel proprio spazio ammortizzato tra due potenti giroscopi rotativi, premette la leva principale d’inserimento e cominciò a ruotare rapidamente la ghiera dei 360 gradi. Quindi all’annuncio preventivamente atteso “Nord-Nord-Est” si lanciò verso il grande bottone rosso. Nel frattempo i sei addetti alle armi, avendo lasciato le proprie posizioni di tiro, si erano gettati rapidamente sulle rispettive poltrone con cintura di sicurezza, in attesa del momentaneo attimo di terrore e poi, la salvezza. Ora l’intera ensemble, racchiusa tra rigide pareti d’acciaio, sembrò sollevarsi. Dapprima lentamente, quindi con potere simile a quello di un vero e proprio esplosivo. Ed il terreno si allontanò sempre più rapidamente, inclinandosi quasi a 45 gradi. Ma prima che il disco abitato potesse capovolgersi e rotolare giù dal pendio, il Piede si estese di nuovo, impattando fragorosamente contro il terreno. L’impressione generale era quella di un assurdo giocattolo, come un gigantesco saltapicchio corazzato. Ma l’incredulità di coloro che si trovavano all’altro lato della valle non durò per molto. Quando il mitragliere numero cinque, in maniera autonoma, non cominciò a far fuoco.
Uno dei paradossi maggiormente citati in merito all’inizio della seconda guerra mondiale è sempre stato quello della Linea Maginot. Un’invalicabile, profonda serie di forti corazzati fortemente voluti dall’omonimo Ministro della Guerra francese, affinché i tedeschi non potessero facilmente attraversare il confine dando inizio al temuto Blitzkrieg. Peccato che il paese della Libertà ed Uguaglianza avesse una forma pressoché quadrangolare, risultando altrettanto accessibile dal settentrione, per chi avesse facilmente attraversato coi carri armati il territorio acquitrinoso dei Paesi Bassi. E se invece tutti quei bunker, le posizioni di tiro, i nidi di mitragliatrici avessero potuto spostarsi in base all’esigenza dell’ultimo minuto? Questa è la domanda che trova risposta, assieme a molte altre, nell’ipotetico impiego in servizio attivo del Carro Armato Saltatore di Wallace, un progetto per il più innovativo mezzo da guerra dai tempi di Leonardo da Vinci. Un sistema per combattere ed arrestare l’avanzata dei soldati avversari che sarebbe stato del tutto ragionevole giudicare rivoluzionario, nel senso che l’intero concetto di un conflitto armato avrebbe necessitato di essere ridefinito, affinché schierare dispositivi simili potesse avere un senso. Il che non significa d’altronde che il misterioso Henry William Wallace, nato nel 1918 a Des Moines, Iowa, mancasse di fantasia e capacità notevoli, benché non sembrasse eccessivamente preoccupato d’immaginare se stesso al posto di un ipotetico equipaggio del suo “terribile” approccio al combattimento della cavalleria corazzata. Se ancora tale potesse essere effettivamente definita, considerato ogni aspetto della sua bizzarra creazione…

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