Passeggiando sopra un lago trasparente

Blanktjarn

Cammina e cammina, puoi giungere in dei luoghi…Che non sono come gli altri. Tra le frasche e tra le fronde, in mezzo a colli dolcemente digradanti, della Svezia nordica e gelata: Blanktjärn. Un lago, lungo e stretto, come ce ne sono molti altri (circa 97.000 sopra i 2 acri di estensione) nella terra dei vichinghi e del salmone affumicato. Due persone con due cani ed una telecamera, almeno. Uno degli attori non compare, Amundsen fuori dall’inquadratura. L’altra invece fa da conduttrice della scena, col giubbotto rosso e il cappellino, un grande zaino sulla schiena. Di sicuro, era utile portarlo assieme a se, un gesto giusto di prudenza. Non è mica un giardinetto di periferia, questo Segreto! Da rapida verifica tramite il sistema Google Maps, si evince presto il luogo dell’azione: siamo in prossimità della stazione sciistica di Vålådalen sita nello Jämtland, regione centro-occidentale della Svezia. Da queste valli storiche, punti cardine nella diffusione di molti sport invernali nel paese, si diramano una serie di percorsi escursionistici, ciascuno, indubbiamente, meritevole di essere sperimentato. E poi, forse al di fuori di un simile meccanismo, ci sono i luoghi che conosci, solamente se abiti da quelle parti. Che forse hai visitato da bambino, coi tuoi genitori, e adesso che hai anche tu un prezioso aiutante per passare le giornate in festa, per l’appunto il cane, non puoi fare a meno di portarcelo anche lui, onde sperimentare ancora quel divertimento sopraffino.
È davvero splendido, tale Blanktjärn, soprattutto nell’inverno pieno del profondo Nord, quando l’intero ambiente pare, quasi d’improvviso, immobilizzarsi e farsi silenzioso. Niente più pesci che nuotano, indefessi. Neanche il canto di un uccello. È la letargica manifestazione degli eventi, il verificarsi annuale, imprescindibile, di un lungo periodo di stasi. Come quando, a scuola, manca l’insegnante e tutti quanti si ritrovano, d’un tratto, liberi di dare sfogo ad ogni frustrazione. Si gettano ponti allora, metaforici e persino letterali, usando banchi e sedie, con tutta quella diaspora di alunni, che si spostano ed esplorano la scuola, aprono porte misteriose. Per giungere, alla fine, a nuove conclusioni. Che anche se siamo parte di un luogo, ciò non significa che ci appartenga. Ed è proprio questo il bello, il senso filosofico della giornata! Oltre, va da se, al puro e semplice divertimento. Ciò l’aveva ben capito il cane, che corre, senza troppe fisime o pensieri.
Così cammini e poi ti guardi indietro. Cosa vedi, nella direzione primigenia? La tua casa, ormai è oltre la linea terminale della curvatura del pianeta. Tutti quei palazzi, i guidatori pazzi coi volanti fra le mani, sono un ricordo fatto dell’asfalto ruvido e pesante. Mentre tu ti libri, pattinando, al di sopra di uno spazio che parrebbe vuoto. E allora vieni, almeno un giorno, presso il Blanktjärn congelato. Quando l’acqua resta trasparente, pure se ghiacciata. E quattro zampe sono sufficienti, per dimenticare, fino a che CRACK

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Squalo morto con tre squali vivi dentro

Shark C-Section

Il mare è un tipo a posto, simpatico e alla mano. Quando la mattina vai a trovarlo, presso casa di quella sua amica, la spiaggia, spesso ti offre dei regali. Conchiglie, sassolini lucidi, pezzetti di corallo consumato. Delle altre, invece, ti restituisce quello che tu, essere umano, avevi sbadatamente perso: tante preziose bottiglie di plastica, gli ottimi pacchetti vuoti delle sigarette, l’incarto dei panini. E poi per buona misura, ti da cose morte, d’ogni vario ed attraente tipo. La medusa che si asciuga al sole (non toccare!) L’uccello mangiucchiato, il guscio della tartaruga, lo scheletro del pesce sega. E infatti non saluti mai quelle acque turbinose, senza avere l’occasione di toccare o di annusare cose nuove. Così è stato, pressappoco, per Jimmy (nome di fantasia) in quella mattina sulle calde spiagge della Georgia, giusto sopra la penisola della Florida statunitense. Con una significativa differenza: Jimmy P. (iniziale del cognome di fantasia) non esce mai di casa senza un coltello bene affilato, l’entusiasmo per la biologia marina e il contegno operoso di chi non s’impressiona tanto facilmente. Altrimenti, come spiegheresti tutto ciò?
Io non credo che in molti l’avrebbero fatto. Ok, trovi uno squalo Carcharhinus limbatus (pinne nere) morto e con il ventre gonfio sulla spiaggia. È una vista diciamo, curiosa? Ripugnante? Se l’animale non è deceduto da un tempo particolarmente lungo, come in questo caso, l’assenza dell’odore della decomposizione, in teoria, dovrebbe rendere la scena maggiormente invitante ad un qualche tipo d’indagine ulteriore – beh, almeno…. Per chi ha voglia di apprezzare tali cose dagli alti meriti anatomico-scientifici. Il quale tratto è meno raro di quanto sembri, almeno giudicare dal presente video e visto come in breve tempo, attorno a Jimmy P. si è già formato un capannello, con tanto di cane pechinese e diverse signore pronte a suggere il metodo migliore di operare. “Aprilo! Aprilo! Chissà che s’é mangiato!” È una pulsione che nasce, assai probabilmente, dai troppi telefilm stile-CSI, o altri svaghi pseudo-criminologici, che portano le attuali generazioni alla ricerca della cruda verità, persino dietro ciò che un tempo sarebbe stato considerato Ripugnante. Qualcuno/a fa: “Magari ci trovi un braccio dentro, magari addirittura umano!” Ma il Sig. P, a quanto pare, non è un tipo che si lasci trascinare a facili entusiasmi. Con mano ferma, inizia a tagliuzzare un po’ qui, un po’ lì. Budella di squalo si riversano per ogni dove, con il cane sempre più affamato e vibrante d’entusiasmo gastronomico, riscoperta una passione mai sopita per il sushi stagionato.
Quando a un tratto, cala brevemente il silenzio: nello squalo, che poi chiaramente era una squala, c’è qualcosa che si muove! Sono i suoi cuccioli, ben tre. Addirittura. Ancora vivi, forti e pronti a mordere la stessa mano che li sta salvando…

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Quando Barbie gareggiava nella Baja 1.500

Barbie Jeep

Hai tenuto quella bambola come un tesoro. Le hai comprato sei dozzine di vestiti, un letto a castello, la scatola dei trucchi, tutti quei balocchi. E alla fine, pure la casa! Dotata di piscina, salone da ballo, cinema privato. E quella, come ti ha ricompensato? Ha preso l’automobile, una jeep di grossa cilindrata, e fino nello Utah, se n’è andata. Per inseguire il sogno di trionfare, finalmente, anche nel mondo delle imprese audaci. Rombo di motori, sventolano scacchi di bandiera; tempo di partire, verso il fuoco del tramonto e della plastica bruciata!
È strana la vita di una Barbie, se tale si può definire. Sottile ideale di una donna ingenua ed attraente, che pur tuttavia riesce, in qualche modo poco chiaro, a farsi strada nell’umana società. Non ci sono invero dubbi su chi sia la parte dominante, della coppia che lei forma col suo Ken, su chi abbia i soldi virtuali, le costose e numerose proprietà. Avete mai sentito parlare del motoscafo, della station wagon, dell’elicottero di lui? Come un famiglio, quello segue la signora. E s’illumina, al massimo, di rosea luce un po’ riflessa, godendo della fama di seconda mano. Il che non significa, del resto, che l’intera storia sia per forza diseducativa. C’è questo stereotipo, assai diffuso, secondo cui soltanto i giocattoli per ragazzini, tutte le astronavi e quelle spade, i carri armati ed i fucili, siano conduttivi ad un futuro di successi. Quasi che il tremendo sentimento, dell’aggressione furibonda ad ogni costo, possa trovare applicazione negli anni a venire, per facilitare gli obiettivi di carriera (il che, del resto, è in parte vero). E che invece le bambine, circondate da figure dolci e leziose, bebé che piangono, cucinine senza piatti da lavare, siano destinate, già da piccole, a una vita di glorificata servitù. La quale opinione, chiaramente, tralascia il ruolo delle Power Wheels. Ci saranno pure cose che, almeno secondo lo stereotipo, ci dividono tra maschi e femmine in età scolare. Ma una jeep fuoristrada, è sempre una jeep fuoristrada. Difficile dire di no!
Manca un termine largamente accettato nella lingua italiana, ahimé, per riferirsi a questa ingombrante eppur diffusa categoria di giocattoli, le macchinine semoventi a batteria: rosso ferrari, nero Lamborghini oppure rosa, rosa come Barbie. Mi riferisco a quelle grosse, sopra cui la bambina/il bambino può effettivamente salire, per guidare alla potenza non-considerevole di 0,1 cavallo, su e giù per il vialetto della propria casa con giardino e così via. Ma una cosa è certa: mai nome fu più conduttivo al trarre in inganno, come quello anglofono di tali cose, poiché allude a una potenza che mai c’è stata, mai dovrebbe esserci…Pena cappottamenti ed altre non-amenità. Però ecco, il mondo degli adulti che si annoiano può connotare molte cose. Contaminarle, addirittura, con la voglia di fare rumore!

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Lo Zen e l’arte di piantare un palo

Piantare un palo

Ci sono sempre due lati in ogni storia: ecco quattro uomini dotati di uniforme da operaio di una ditta che, sfruttando l’intesa nata da mesi ed anni di collaborazione, martellano in sequenza il gran puntello di un grigiastro padiglione. Qualcuno noterà, senza alcun dubbio, la rapida semplicità con cui tal metodo risolve l’ardua sfida di giornata: niente macchinari, corrente elettrica, pesanti veicoli a benzina. Soltanto buona lena e forza muscolare ed anche, perché no, cervello. Provate voi, a compiere una tale impresa, con tre dei vostri colleghi di lavoro, chiamati a raccolta innanzi al distributore del caffé. Occorrerà stabilire innanzi tutto un giusto ordine consequenziale: caschetto verde, poi blu, bianco e di nuovo blu. THUNK-THONK-THINK-THANK e se per caso sbagli, ah! Al massimo colpisci l’impugnatura dell’altrui mazzuolo. Al massimo rimbalza la tua testa-di-metallo, giusto? (Ed il problema, a quel punto, è verso DOVE). Dalla pratica, virtù…E puoi procedere così, lavoratore, sulla base del bisogno. Faccio le cose bene, perché: così finisco prima. Affinché l’opera riesca per il meglio. Me l’ha chiesto lui, il capo/sovrintendente/presidente!
Ma è altrettanto importante, qualche volta, mettersi nei panni di quel palo. Che pur prendendo tanti colpi poderosi, fondamentalmente non può risentirne; primo, perché è un palo. E secondo, per il ruolo che riveste, nell’intera storia della civiltà. Giacché quando, nel Miocene di 23 milioni di anni fa, la prima scimmia ominide prese un gran pezzo di legno, lo ripulì e lo reinfilò per terra, molto faticosamente, mai prima d’allora c’eran stati: la meridiana, il parafulmine, il supporto del semaforo, l’antenna per cellulari e la colonna *senza capitello, di un palazzo ancora da venire. Eppur le fondamenta dell’edificio tecnologico già si stavano ponendo nella mente di quell’essere il primate, il primo-vate, colui che poteva e per l’appunto, fece il gesto. Da quei tempi, ne abbiamo fatta di strada e molte strade, pure. Letteralmente: prima in terra battuta, poi di acciottolati, sanpietrini e brecciolini. Finché non giunsero i romani, con la loro tecnica formata in molti strati sovrapposti. Parzialmente resa obsoleta, come tutto il resto, inutile dirlo, dall’incedere insistente delle soluzioni tutto-in-uno. Finché oramai, niente resta tranne che l’asfalto. Questa gran colata dalla chimica impedenza, la chimerica presenza, tutto un vortice maleodorante di bitume grigio-nero, che al sole s’indurisce e poi trasforma in armatura della Terra. Si perde il gusto, di bucare il suolo per far stare dritto qualche cosa. È ormai troppo difficile, da farsi.
Ed è un importante fondamento delle arti marziali dell’Estremo Oriente, questo, del diventar tutt’uno col bersaglio della propria furia fitta e torrenziale, palesata in colpi, calci e botte di espedienti, splendidi armamenti. Figuratevi quel samurai-spadaccino-stereotipico, che al centro del suo dojo affetta in pezzi la stuoietta di paglia di riso arrotolata, facendo due fulminei tagli diagonali. Per osservare, compiaciuto, come i pezzi risultanti siano ancora lì, caduti unicamente in senso verticale. Ciò che era integro, adesso non lo è più; ma non si nota!
Ecco, di una cosa state certi: lui, la spada, il rimasuglio, per un breve brivido/momento, si sono uniti e trasformati, in una sola cosa, nella mente, il flusso e il ritmo del respiro filosofico della Via. Wu wei, come dicevano i cinesi: “Non agire. Lascia che il palo si pianti da solo, tu diventa il mezzo, mica lo strumento!”. C’è molto taoismo nello Zen del samurai. O dell’operaio costruttore che martella insieme ai suoi colleghi, mentre medita in silenzio…

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