Dalle ceneri risorto: l’aeromobile possente di Piasecki

Piasecki PA97 Helistat

Se c’è un terreno intriso dello spirito dei sogni infranti, questo è certamente il campo d’atterraggio della Stazione Navale d’Ingegneria Aerea di Lakehurst, 25 miglia ad est-sudest della città di Trenton, nel New Jersey. Un luogo che non molti conoscono per nome, ma che fu famoso nell’immaginario collettivo, a suo tempo, almeno quanto l’iceberg che aveva condannato il Titanic nel 1912, fra le oscure, gelide acque dell’Atlantico Settentrionale. Mi sto riferendo, per usare un antefatto celebre, al disastro meno costoso in termini di vite umane ma altrettanto significativo nella storia dell’ingegneria progettuale, del possente Hinderburg, l’oggetto volante più grande mai costruito dall’uomo (245 metri di lunghezza). Che proprio in questo luogo, il 6 maggio del 1937, fu tragicamente distrutto da un incendio scatenatosi in fase di atterraggio, divampato a causa dell’idrogeno che usava per restare in aria, sostituito al più sicuro gas elio per l’embargo commerciale tra Germania e Stati Uniti. E fu a seguito di questo evento che, nel giro di pochi anni, finì il sogno commerciale della ditta produttrice Luftschiffbau Zeppelin, a causa dell’inevitabile fallimento, assieme al sogno delle grandi navi passeggeri dell’aria, un metodo per spostarsi da un lato all’altro del globo ritenuto all’improvviso, troppo costoso, poco pratico, pericoloso. Privo di un futuro. O almeno così apparve all’epoca e per diverse decadi a venire.
Fast Forward fino al più recente 26 aprile del 1986: di nuovo presso il campo aereo dell’87° squadrone c’è il vociare della folla, che trattiene il fiato per la vista di un qualcosa di straordinario. Si tratta però questa volta di ufficiali e addetti ai lavori, provenienti da diversi organi statali, invitati per assistere al volo inaugurale di un mezzo di trasporto dotato si di pallone più leggero dell’aria, ma tuttavia rientrante nella categoria dei velivoli dinamici, ovvero dotati di sistemi a motore per massimizzare la portanza. Proprio così, avete capito bene: entrambe le caratteristiche, allo stesso tempo. Un Leviatano come il PA-97 Helistat, sia in termini di costi che prestazioni potenziali, non si era mai visto prima. Né sarebbe ritornato dopo, almeno fino all’epoca contemporanea. La sua vista faceva tremare gli occhi nelle orbite e spaventava gli uccelli a miglia di distanza, per il rombo dei suoi possenti e plurimi motori. Il suo destino sarebbe stato spropositato, se non fosse per l’orribile, tremenda fine a cui sarebbe andato incontro di lì a poco. Ora, osservando il mostro a posteriori, sarebbe certamente facile criticarlo con enfasi, come hanno fatto molti dei commentatori al video di apertura: davvero, pensavano che avrebbe funzionato? Ecco un Frankestein ingegneristico, nato dall’incontro di elementi totalmente differenti tra di loro. In cui il corpo centrale dell’aerodinamico pallone lungo 104 metri, per il resto non dissimile da quello dell’illustre quanto sfortunato predecessore, vedeva l’aggiunta nella parte inferiore di una struttura metallica reticolare, alla quale erano stati assicurati niente meno che quattro elicotteri Sikorsky H-34, residuati dell’epoca della guerra del Vietnam. Privati ad arte del rotore di coda, diventato del tutto inutile in una tale configurazione, sostanzialmente l’anticipazione del concetto di un quadricottero, secondo quanto ci è ormai familiare nel comune drone telecomandato. Ora la domanda primaria che potremmo porci è: perché? C’era, chiaramente, un obiettivo chiaramente definito. La strana creatura, fuoriuscita dagli hangar della compagnia del pioniere del volo di origini polacche Frank N. Piasecki, avrebbe di lì a poco generato una forza verticale tale da poter sollevare fino a 25 tonnellate, come da precisa richiesta del servizio forestale degli Stati Uniti. Sarebbe dunque diventato, di lì a poco, la manifestazione lungamente ritenuta desiderabile dell’aerologger, un mezzo tecnologico in grado di sollevare un’intero carico di legna, dai luoghi più remoti immaginabili, per trasportarlo senza strade fin dove ce ne fosse la necessità. Una missione impossibile. Un sogno eccezionale. Destinato, ancora una volta, a naufragare in un disastro totalmente inaspettato.

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Il primo video e l’ultimo volo del creatore degli alianti

Otto Lilienthal

Molti grandi momenti della storia sono stati segnati dalla messa in funzione di una macchina, che fosse letteralmente in grado di spostarsi lungo un asse precedentemente ritenuto irraggiungibile. Con metodologie che possano essere chiamate, nuova. E parecchi altri risvolti dl domani, ancora, lo saranno: pensate ad esempio all’ipotetico, nonché lungamente vagheggiato, dispositivo personale in grado di muoversi attraverso il tempo. Alle impressionanti implicazioni che una tale cosa avrebbe sulla nostra vita, sullo studio del passato e le possibili prospettive future di ogni gesto che compiamo quotidianamente. Come si trovò ad ipotizzare lo stesso Isaac Asimov, con il suo racconto del 1956, The Dead Past, non sarebbe nemmeno necessario raggiungere fisicamente l’epoca trascorsa. Già il semplice fatto di poter vedere con i propri occhi ciò che stava succedendo, nel tale momento, presso un determinato luogo, basterebbe a cambiare radicalmente la nostra prospettiva sugli eventi in modo totalmente radicale. E se dovessimo mai giungere ad avere il cronoscopio, questa ipotetica macchina d’osservazione “fuori dal tempo”, verso chi la punteremmo? Qualcuno, sfruttandola per un vantaggio personale come ipotizzato dall’autore fantascientifico, farebbe in modo di sapere tutto sul nemico, sul collega, sul vicino… Altri, senza un attimo di esitazione, tenterebbero di giungere a contatto con i grandi. Sarebbe una tentazione pienamente comprensibile, nonché la fine di particolari branche dell’archeologia e filologia. Perché basterebbe regolare qualche manovella, per conoscere l’andamento reale di monumentali avvenimenti, o anche soltanto sperimentare l’esperienza di assistervi coi propri occhi, per comprenderne spiritualmente lo stato d’animo, la personalità e il modus operandi di figure come Giulio Cesare, Napoleone, George Washington e così via… Persino, perché no, Leonardo da Vinci! O uno dei suoi molti successori, uno, essenzialmente, di noi…
Ebbene, viviamo in un’epoca davvero straordinaria. In cui non soltanto le tecnologie informatizzate, ma lo stesso stile d’interpretazione delle cose, ci hanno permesso di perfezionare la raccolta dei dati di ogni tipo, sempre massimamente finalizzata all’elaborazione del presente. Così è successo, per uno strano caso del destino, che un artista e regista olandese, Johannes Hogebrink, sia riuscito a produrre l’approssimazione più prossima del cronoscopio che fosse anche, guarda caso, FISICAMENTE possibile. Un’applicazione specifica di un metodo di elaborazione tutt’altro che innovativo (l’animazione di una serie di foto) ma che così applicato, finisce per offrire un punto di vista privilegiato sull’opera di vita del primo uomo ad aver volato, in modo documentato e ripetuto, con un dispositivo più pesante dell’aria. L’ornitottero per eccellenza, onde essere maggiormente specifici, ovvero la versione ottocentesca, pienamente utilizzabile e fin troppo funzionale, di quella stessa cosa che era stata già progettata tanti secoli prima, senza mai tentarne la messa in opera per quanto ne sappiamo, dall’italiano più famoso del Rinascimento. Un velivolo per una singola persona, che salendovi a bordo avrebbe avuto modo di sperimentare l’esperienza di essere un uccello, spostandosi verso una direzione totalmente nuova. L’importanza delle imprese di Otto Lilienthal, nonostante egli sia spesso soverchiato nelle cronache dai personaggi che famosamente “riuscirono” nell’inventare l’aviazione, i due fratelli Wright, è difficile da essere sopravvalutata. Anzi è persino possibile ipotizzare, come molti fanno, che senza la rilevanza data dai giornali di allora agli spericolati balzi compiuti dal predecessore giù dai colli circostanti la città di Berlino, le cui imprese affascinarono grandemente i due giovani inglesi che avrebbero portato a compimento la sua idea, il primo aereo avrebbe volato in questo mondo solamente molti anni dopo, rallentando in modo palpabile il progresso umano. Giornali, certo. E niente più di questo: resterebbe assai deluso, chiunque dovesse tentare di analizzare l’intera questione con la chiave di lettura dei moderni canali mediatici, spesso interconnessi tra di loro e pienamente efficaci a dare una visione a tutto tondo degli eventi delle imprescindibili giornate. Considerate che la prima versione del cinematografo, brevettata dal francese Léon Bouly, non sarebbe giunta che nel 1892, risultando tutt’altro che diffusa fino alla morte di Lilienthal, sopraggiunta nel 1896. Ed ecco allora che il presente video, come accennato in apertura, assume toni vagamente fantascientifici, persino miracolosi.

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L’arma più micidiale mai concepita

SLAM Missile

Nell’antichità tutti i metodi per uccidere erano, come si usa dire, bianchi. Con punta di lancia, con taglio di lama, con testa di ascia, si tentava di uccidere il proprio nemico. Ed era una cosa orribile, senz’altro, esattamente come adesso. Eppure c’era un senso latente d’eleganza, dovuto all’inerente responsabilità necessaria per un gesto che non era facile da compiere, soprattutto in mezzo al caos di un capo di battaglia. E ciascuna delle armi utilizzate, a suo modo, era magnifica. Leggiadra ed affilata, saettante come il capo di un serpente, con aculei come spine di una rosa. Tentare di trafiggere qualcuno scagliando via la propria spada, ai tempi del Codice dei Cavalieri, sarebbe stato un gesto non soltanto privo di senso, ma disonorevole ed irrispettoso, verso i molti secoli di sapienza artigiana che essa racchiudeva, per non parlare della potenziale eredità del proprio genitore in armi, che con questo oggetto trasferiva lo status della propria intera classe sociale. Erano costoro, guerrieri per vocazione, ma mai veri professionisti della morte. Poi col proseguire delle epoche, l’invenzione della polvere da sparo non fece che rinforzare la questione: perché l’archibugio, il moschetto, e infine, il fucile con la canna rigata, non entravano mai in contatto con la carne del morituro, limitandosi a proiettare al suo indirizzo schegge di metallo acuminate, ciascuna concepita per un singolo, sgradevole utilizzo. Poi gettata via, nella discarica dei proiettili sparati. Presto nacque un vero e proprio culto, che ha tutt’ora fin troppi proseliti proseliti, mirato a venerare l’arma da fuoco come massimo traguardo superato dall’umanità, uno strumento totalmente demoniaco e dunque, senza alcun dubbio, infuso di quella scintilla sacrale di divinità. Armi che donano la morte, la producono, la smerciano, persino. E che per farlo, necessariamente, devono incorporarla al loro interno, in qualche forma o definizione.
Ma venne infine un giorno in cui qualcuno giunse a chiedersi: “Sarebbe possibile costruire uno strumento, presente o futuro, che al suo interno racchiuda la Mietitrice in persona?” Al punto che il solo vederlo potesse porre fine all’esistenza di qualcuno, come pure l’udirlo, il nominarlo, o addirittura la sua mera concezione sopra i tavoli progettuali, bastasse a mettere in pericolo l’intera dormiente umanità… Era il primo gennaio 1957 quando una commissione formata dalle Forze Aeree Statunitensi e l’Ente per l’Energia Atomica scelse d’interrogare il laboratorio Lawrence di Berkeley sulla questione, ottenendo la risposta che Si, teoricamente, la potenza dell’atomo poteva essere usata per far volare un missile intercontinentale. Anche se sarebbe stato, naturalmente, molto rischioso. Ciò perché un nocciolo a fusione, per sua stessa implicita natura, era un ricettacolo di pericolose particelle alfa e beta, lanciate in ogni direzione e in grado di distruggere facilmente l’organismo umano. E proprio per questo, una simile creazione necessitava di uno spesso scudo protettivo, simile a quelli usati per i reattori commerciali, o in misura minore, montati tra il motore e l’area calpestabile dei sottomarini a propulsione radioattiva. Ma come avresti mai potuto tu, inteso come progettista o ingegnere aerospaziale, incorporare un tale pesante meccanismo su di un arma fatta per attraversare i continenti, ad una velocità diverse volte superiore a quella del suono? La risposta fu veramente semplice: è completamente inutile preoccuparsene. All’epoca tutti sapevano, fin troppo bene, che cosa avrebbe comportato premere quel tasto rosso dell’Apocalisse. Ed a quel punto, che differenza avrebbero mai fatto qualche centinaio di sievert in più nell’atmosfera totalmente ionizzata… Un piccolo prezzo da pagare, in cambio della capacità irrinunciabile di Realizzare Cose Straordinarie. Perché un dispositivo dotato di carburante a resa tanto elevata, avrebbe potuto volare letteralmente per settimane, giungendo a compiere il giro della Terra per ben tre volte. Inoltre, sarebbe stato lungo 25 metri, e avrebbe potuto incorporare un sistema di guida radar basato sull’elevazione del territorio sottostante, estremamente avanzato per l’epoca, che i progettisti americani avevano definito TERCOM (Terrain Contour Matching).  Tali caratteristiche gli avrebbero permesso, una volta in volo, di percorrere un complesso itinerario predefinito a bassa quota per schivare i radar, sopra le principali città ed installazioni militari dell’URSS, rilasciando per un certo numero di volte degli ordigni da fino a un megatone di potenza. Ne erano state proposte fino a una ventina. Continuando a spargere nel frattempo i suoi veleni, e causando danni incalcolabili per il continuo superamento della barriera del suono ad appena qualche centinaio di metri dal suolo. E alquanto incredibilmente, non finiva certamente qui.

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Aeroplani come spazi abitativi: l’ultima frontiera del volo

747 Wing house

È strano notare come il senso di responsabilità che dovrebbe condurre ad un pianeta più pulito, e dunque un futuro migliore, tenda a concentrare l’attenzione collettiva verso i dettagli e le minuzie più insignificanti, trascurando ciò che avrebbe un vero impatto sul presente. Sarebbe certamente difficile giustificare il gesto di buttare carte o confezioni di caramelle per la strada, mentre appare molto più logico, persino conveniente, abbattere un edificio pienamente funzionale, per spazio ad un progetto d’espansione urbana. Eppure non c’è nulla che conduca a conseguenze maggiormente durature sull’ambiente, tra i diversi campi operativi della società moderna, che la letterale distruzione di un qualcosa fatto e finito, con lo scopo imperfetto di recuperarne i materiali. Quando in effetti gli utilizzatori umani di una tale cosa, nel futuro prossimo o remoto, non saranno nulla, tranne che adattabili; sopratutto e come loro prerogativa, naturalmente propensi ad apprezzare il gesto non del tutto allineato, assieme a ciò che ne deriva sul finale. Perché non è forse questo, lo scopo dell’architettura, come forma d’arte? Creare un filo ininterrotto, a partire dal mondo degli sterili calcoli matematici e delle ragioni della convenienza, che si estenda con slancio fino al pregio di un qualcosa che sia, innegabilmente, concettualmente significativo.
Un esempio? Si trova nel presente spezzone della CBS, realizzato per cantare le lodi di un particolare punto di riferimento statunitense. Questa è la 747 Wing House, costruita dall’architetto David Randall Hertz sui colli di Ventura County, ad alcuni chilometri da Malibu. Una casa edificata sul terreno che un tempo era stato occupato dalla residenza del famoso scenografo di Hollywood Tony Duquette, finché uno dei molti incendi boschivi dell’arida Costa Ovest non l’aveva incenerita, assieme ai preziosi ricordi cinematografici integrati nella sua struttura. Ma in alcun modo, i suoi sogni e la visione originaria, di una residenza costruita a partire da un qualcosa di recuperato, splendido ed insolito, proprio perché concepito in origine con finalità speciali. C’è una differenza fondamentale, tuttavia, che aleggia in quel nome di chiara provenienza aeronautica, a cui corrisponde una realtà comunque sorprendente: i due piani della nuova struttura, di proprietà di una signora indubbiamente facoltosa dal nome di Francie Rehwald, fanno sfoggio di altrettanti tetti ricavati, rispettivamente, dall’ala sinistra e quella destra di un jet di linea Boeing 747-100, acquistato, fatto a pezzi e trasportato nel suo luogo finale dall’aeroporto di Victorville, uno dei maggiori cimiteri per aeromobili della California, sito a ben 200 Km di distanza. Altri componenti dell’aereo, quindi, sono stati integrati all’interno di varie strutture e dependance. Il problema logistico di far muovere questi complessivi 60 metri di alluminio difficilmente divisibile per un tratto tanto significativo, vi sarà facile immaginarlo, non può essere stato da poco. E le notizie associate al progetto, portato gloriosamente a termine nel 2011, parlano in effetti di una spesa di “appena” 30.000 dollari per l’acquisto dell’aereo al prezzo da rottame, inevitabilmente seguìta dalla necessità di chiudere al traffico intere sezioni delle strade statali conducenti all’obiettivo, per favorire l’impiego di grossi camion e addirittura, per l’ultimo tratto accidentato di avvicinamento al terreno della proprietà, di un elicottero da trasporto, il cui costo operativo stimato dev’esserci aggirato sui 18.000 dollari l’ora. Il senso comune, dunque, farebbe pensare ad un approccio edilizio di assoluta decadenza, in cui il vezzo apparente illogico di avere una casa con le ali ha portato ad una spesa ingente quanto poco significativa. Ed è indubbio che esistano, questo va da se, soluzioni più economiche per proteggere la sommità di un edificio dalla pioggia. Ma farlo con stile, rispondendo all’esigenza architettonica di un ampio spazio, curvilineo e aggraziato come da richiesta della committente, ma che fosse al tempo stesso strutturalmente leggiadro, con la finalità di aprirsi verso i colli e il distante Oceano Pacifico? Il sito di Hertz parla di come la costruzione di un tetto simile, mediante metodi convenzionali, avrebbe richiesto una spesa probabilmente molto superiore. Per non parlare, poi, dell’impatto ambientale di una simile lavorazione realizzata a partire da zero. Ma che dire di chi invece di accontentarsi delle ali, preferirebbe vivere dentro l’intero aereo? Il caso vuole che anche questo caso si sia già verificato, in almeno altri due episodi edilizi, neanche a dirlo, anch’essi americani.

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