La corsa della rana che scongela i suoi sospiri per innamorarsi tra laghi montani

Singolare il senso di disagio ed inquietudine latente che è possibile sperimentare camminando tra i bianchi recessi di particolari ambienti alpini, come il ghiacciaio perenne che sovrasta un placido lago alpino all’altezza di 3.000 metri sul massiccio di Beaufort, nella regione francese di Savoy. Come se ci si trovasse, per quegli attimi, soggetti all’attenzione di dozzine di esseri, recentemente risvegliati e pronti ad eseguire l’impresa per cui, in un certo senso, sono venuti al mondo. Già, perché sotto la luce intensa del sole mattutino, dietro una solida cortina di neve e ghiaccio, la sopita moltitudine si sta sgranchendo i polmoni (ed altri organi coerentemente situati) prima di balzare fuori l’immane impeto che è stato calibrato, attraverso i lunghi secoli e millenni dell’evoluzione, al fine di concedere al proprio codice genetico l’immenso ignoto delle generazioni a venire. Un’attività che qui tende a richiedere, ancor più che in altri e innumerevoli luoghi, agilità, sveltezza, fisico scattante ed attenzione, mentre ci si inoltra sobbalzando tra i recessi di un terreno che non offre alcun tipo di facilitazione. Ce lo fa notare questo breve spezzone della terza serie di documentari Planet Earth, con l’inconfondibile voce del naturalista Attenborough, dedicato ad una specifica popolazione del batrace scientificamente noto come Rana temporaria o “rana comune” della lunghezza tipica di 6-9 centimetri, diffusa nell’intera Europa fatta eccezione per la penisola Iberica e parti dell’Italia meridionale. Oltre ai Balcani, molte zone dell’Asia e persino il Giappone, dove è stata probabilmente introdotta dalla mano umana. Questo per la sua notevole capacità di adattamento attraverso lo sviluppo fluido in fase di ontogenesi, ovverosia durante lo sviluppo dell’embrione ed in presenza di fattori esterni, tra cui spicca in modo particolare il clima. Ecco perché la rana soprannominata anche verde o marrone a seconda delle sue esigenze di mimetismo, può comparire in una pluralità di ambienti ed altitudini dal livello del mare fino alla cima delle montagne, dove non compare neanche un filo d’erba sotto la spessa coltre nevosa invernale. Un ambiente presso cui il breve letargo che caratterizza questa specie, normalmente capace di estendersi tra ottobre e gennaio, tende a durare qualche mese in più fino al concretizzarsi di una luce sufficientemente intensa, assieme al calore che può conseguirne riscaldando le intirizzite membra e l’entusiasmo per l’odissea che dovrà condurre tali anuri a coronamento. Svariate dozzine di metri più in basso rispetto alle loro buche scavate spesso in corrispondenza di torrenti o pozze sotterranee, verso quella che alcuni commentatori meno eleganti del celebre naturalista britannico non esitano a definire un’orgia gracchiante, luogo di conflitti tra i maschi e l’implementazione dell’amplesso finale. Purché al momento di raggiungere il teatro dell’accoppiamento, tale approccio non avesse avuto luogo già da diversi mesi, permettendo ai partner di una coppia di raggiungere il sito già in posizione universalmente compromettente. In una posizione che potremmo definire oggetto di un lungo collaudo antecedente…

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L’oblungo anfiosso, antesignano di ogni essere dotato di un DNA complesso

Ed in fondo quale tipo di sofonte, essere pensante del conosciuto universo, mancherebbe di guardare una creatura dall’anelito leggiadro e definirla “fratello”? Pensate a tal proposito alla mosca, insetto volatore con due occhi, arti simmetrici, un cervello. Persino le ali utili a spostarsi tra la tana e i luoghi usati per il suo foraggiamento. Benché proprio gli esseri corrispondenti alla categoria fondamentale degli insetti siano, per quanto concerne le proprie intrinseche caratteristiche, qualcosa di effettivamente ed indiscutibilmente alieno. Da contrapporre alla maniera in cui ogni animale vertebrato possieda, di contro, una fase del proprio sviluppo embrionale detta gergalmente filotipica, al raggiungimento della quale si presenta dal punto di vista morfologico del tutto indistinguibile da qualsiasi altro. Dopo quattro settimane per gli umani, dieci giorni per un topo, uno solo per un pesce. Ed altrettanto per quest’ultimo… Protagonista della scena nonostante sia del tutto privo di uno scheletro e con esso la caratteristica colonna e non soltanto quella. Semi-rigido pezzo di tubo lungo dai 2,5 agli 8 cm a seconda della specie (ce ne sono 35) senza occhi, senza nessun tipo di concentrazione neuronale. Il che significa che il suo pensiero, se così possiamo chiamarlo, sembrerebbe scaturire da un sistema decentrato di gangli nervosi. Ma così non è, trovandosi in effetti concentrato nella punta della parte che potremmo definire maggiormente simile a una corda. O noto-corda, per andare in fondo alla questione, forma primigenia di quello stesso complesso di segmenti in assenza del quale ogni orgoglioso essere sarebbe solamente uno strisciante verme. Ed un qualcosa di concettualmente simile a quest’ultimo diventa, invece, un anfiosso. Oppure lancelet, come lo chiamano gli anglofoni, a voler alludere a una sorta di piccola lancetta, chiaramente appartenente al segnatempo delle Ere geologiche e tutto ciò che è stato in grado di derivarne. Essendo rimasto sostanzialmente invariato per un periodo di circa 100 milioni di anni, fin dall’epoca dello strato di argillite di Burgess risalente al Cambriano medio, giacimento fossilifero di una pletora di esseri periti al cambio generazionale dei fenotipi evolutivi marini. Tutti tranne il misterioso Pikaia gracilens, primo tra i cordati ad essere sopravvissuto al famelico contegno dei primi nuotatori dell’Oceano indiviso. Un filtratore, nient’altro che questo, ma in potenza l’essenziale punto di partenza per creature come mammiferi, cetacei, persino rettili ed uccelli! Poiché caratterizzato dal potere, totalmente senza precedenti, di dividere le proprie cellule in maniera strategicamente rilevante. Grazie al sistema della metilazione…

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Toro rosso, questa non è un’esercitazione! Portate qui le bibite. E le ali?

Per centinaia, migliaia di anni essi hanno atteso in mezzo ai “semplici” bovini. Silenziosi agnelli, attenti a ogni dettaglio e indistinguibili dai loro fratelli e sorelle. Ma determinate condizioni o allineamenti astrali, nei momenti cardine delle alterne vicende, la loro unicità è venuta in superficie, inconfondibile, cromaticamente singolare. Le corna lunate che disegnano un profilo tra la gente. Splendenti d’energia riflessa, sotto un sole che non può comprendere il costrutto artificiale della pietà. Vi siete mai chiesti perché tra tutti i modelli animaleschi disponibili, il Diavolo sia stato tradizionalmente rappresentato con la coppia di protrusioni craniche tipiche di un maschio d’artiodattilo? E a voler dare un più specifico ambito d’appartenenza, proprio l’animale che diventa cibo sulle tavole di plurime nazioni terrestri! Creatura ragionevolmente rassegnata al proprio ultimo destino. E molto spesso, caratterizzata da un contegno ragionevolmente mansueto. Ma se il rapporto tra bestie sovrannaturali ed uomini si è sempre ragionevolmente configurato attraverso il culto delle immagini, non è davvero semplice ignorare… Quell’aspetto. Di colui che qui vediamo comparire all’improvviso, giù dal retro di un rimorchio agricolo. Per dare un senso alla parola: luminosità.
Così ha circolato, negli ultimi tempi, una crescente serie di commenti in merito al breve spezzone trasformato in gif, come di consueto privo di contesto, di una simile creatura tra i cerchi concentrici dei social network, hub memetico-sociali e gli altri “soliti posti” del mondo di Internet. Cui può dare un certo grado di soddisfazione, sulle nostre vecchie pagine, attribuire un nome e un luogo: Cu Chi (Cicogna) ed HCM (Ho Chi Min City). Sotto l’egida ed il marchio dell’allevatore Dang Van Ghen, riconoscibile dal suo inseparabile cappello Panama marrone. Ausilio d’altra parte utile perché, contrariamente a quanto si potrebbe tendere a pensare, di animali come questi ce ne sono vari esempi. Dislocati in vari luoghi del Sud Est Asiatico, dove di volta in volta vengono chiamati “un miracolo della Natura” o “casi di uno su svariati (?) milioni di esemplari”. Poiché siamo qui al cospetto, ed è senz’altro produttivo sottolinearlo, non di un maschio qualsiasi di mucca bensì il tipico rappresentante della specie Bubalus bubalis, anche detto bufalo d’acqua per la sua affinità ed adattamenti evolutivi al pantano. Nel presente caso connotato da una qualche tipo di anomalia genetica, probabilmente sufficiente a renderlo leucistico seppur non propriamente albino. Anche perché in tal caso, il colore degli occhi avrebbe dovuto tendere a un vermiglio decisamente più intenso. Ma perché, allora, il nostro amico non si presenta semplicemente in bianco, sotto la sua fine peluria? La risposta, a quanto pare, può soltanto provenire dal suo possessore…

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La mappa genetica che conduce al leggendario risultato del topo d’oro

Un lungo condizionamento contestuale assieme al peso della convenzione digitalizzata che convergono nella necessità fondamentale di acquisire la “cosa più desiderata”, “l’oggetto/soggetto del desiderio”, “il cruccio dell’anelito primario”. Persone, cose ed animali, se non la risultanza delle prime, per il tramite delle seconde, all’interno dell’insieme immaginario dei terzi; ovvero in altri termini, il muride comunemente noto col vezzeggiativo linguisticamente invariabile di Pikachu. Ma c’è qualcosa di ancor meglio, nella logica del collezionista, che è possibile riporre nell’involucro della prototipica sfera Poké. Sto parlando, chiaramente, di un topo elettrico di un giallo LEGGERMENTE più scuro. Shiny è il termine che viene riferito al singolo esemplare di creatura di quel mondo che ha un colore differente, perciò inerentemente più rara e dunque preziosa. Ma nel mondo reale tale ideale categoria di esseri è generalmente fluida al punto di poter includere, di volta in volta, tutti gli animali poco noti che assomigliano a una varietà più comune. Il che implica, molto più spesso di quanto tenderemmo a pensare, l’intromissione più meno diretta della mano dell’uomo. Nel caso dei topi comuni d’altra parte, con la loro vita breve e la ben nota capacità di proliferazione, gli aspiranti allevatori hanno molto di cui divertirsi. Una creatura intelligente, semplice da nutrire ed ancor più semplice da accudire, che può essere addestrata ad obbedire ad una larga varietà di comandi. Finché l’onda inarrestabile delle generazioni non permetterà, dopo poco più di un ciclo di stagioni, di poter apprezzare il risultato del proprio specifico processo di selezione. Fino all’ottenimento di un qualcosa di talmente eccezionale, così straordinario e fuori dal comune, da sembrare non meno fantastico di un Charmander verde oliva.
Così la foto che vedete qui sopra, avendo circolato orma da più di cinque anni online (tanto che il soggetto sarà ormai da tempo transitato a miglior vita) è stata laboriosamente ricondotta al suo autore e proprietario del topolino, l’utente Sapphiresenthiss del portale Deviantart, che oltre ad un’interesse per i disegni a tema supereroistico del genere slash (d’incontri romantici tra eterni nemici) parrebbe avere l’interesse duraturo nell’allevamento di tarantole e roditori. Speriamo all’interno di gabbie ben separate. E qualifica il suo notevole beniamino come appartenente alla “razza” dei Satin Texel, sulla base della classificazione utilizzata nel corso degli show di settore. Ora come potrete facilmente comprendere, vista la complessità inerente nella definizione di categorie all’interno della famiglia Muridae a maggior ragione risulta difficile inserire le risultanze d’innumerevoli processi paralleli di perfezionamento genetico all’interno di macro-categorie universalmente riconosciute, come le razze di cani e gatti. Tanto che si usano, in maniera molto pratica, dei tratti di riconoscimento multipli al fine d’identificare l’effettiva schiatta del partecipante all’estetica tenzone. Di cui queste, potrete facilmente apprezzarlo, sono due delle più altamente desiderate…

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