Per eventi come il Comiket di Tokyo, in grado di attirare oltre mezzo milione di persone nel giro di tre giorni, l’organizzazione è tutto. Si tratta infatti della più grande convention di fumetti al mondo, dove è possibile trovare ogni genere di dōjinshi a tiratura molto limitata, materiale per i cosplay, accessori, decorazioni e rare bambole costruite artigianalmente. L’autore di questo video, ospitato sul canale di YouTube Animax, sceglie di paragonare la ressa sulla piazza antistante il Tokyo Big Sight a quella del famoso Black Friday, la giornata di saldi folli che tiene l’America sulle spine subito dopo il Thanksgiving Day ma la scala è del tutto fuori parametro. Come gestire un intero esercito di giovani appassionati, nerd in visita ed otaku borderline, così follemente concentrati nel tempo e nello spazio? La risposta è questa precisa macchina umana collettiva, in cui ogni persona fa la sua parte e tutto funziona in assoluta regolarità, con un ordine e una cadenza quasi surreali.
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La crudele leggenda dei 30 calabroni samurai
Una tranquilla mattina d’estate: il gradevole tepore rilassa gli animi inquieti, il richiamo degli uccelli sottolinea l’atmosfera distesa della regione di Fukuoka in agosto. Le api operose di un alveare artificiale fanno la loro parte nell’assicurarsi un altro giorno di protezione. Ronzando preparano ordinatamente l’ambìto miele, sostanza che le associa per la sua utilità al costruttore Uomo. Ma un pericolo mortale è in agguato… Nel frattempo, infatti, un’intera compagnia di Calabroni Giganti Giapponesi affila le mandibole come un branco di Grendel famelici e dispiegando le ali si prepara al massacro.
La battaglia dei robot alti 30 cm
In questa RC Robot Gachi Battle c’è di tutto: scatole trasformabili che camminano, rapido gioco di gambe, samurai dal peso di un paio di chili al massimo e la più sublime esecuzione di un’ura nage da questo lato dei campionati mondiali di jūdō. La passione del Giappone per la robotica (mecha) incontra ancora una volta lo stile e l’estetica kawaii dei manga, creando dei guerrieri tascabili tanto efficienti quanto simpatici nella loro apparente goffagine. Benchè ciascuno di questi lottatori sappia eseguire un gesto o due al massimo, la tecnologia coinvolta appare piuttosto avanzata e solo raramente si ricorre all’arbitro in cravattino per risolvere la tenzone.
Il Giappone del 1886 visto da un fotografo italiano
Adolfo Farsari, nato a Vicenza nel 1841, è famoso in modo particolare per il lavoro che svolse alla fine del XIX secolo come imprenditore e fotografo professionista a Yokohama. Di formazione militare, credeva fortemente nell’abolizione dello schiavismo ed aveva quindi combattuto nella cavalleria dell’Unione durante la guerra civile degli Stati Uniti. Decise di sposarsi in America ed ebbe due figli ma nel 1873, dopo il fallimento del matrimonio, emigrò in Giappone per fondare la Sargent, Farsari & Co, società produttrice di mappe, guide, dizionari ed altre forniture per viaggiatori. Nel 1885, insieme a Tamamura Kōzaburō rilevò uno studio fotografico per iniziare a coltivare la sua vera passione.
I loro album fotografici colorati a mano, considerati all’epoca una rarità grafica e visuale, venivano venduti sia ai residenti che ai visitatori provenienti dall’Europa. Questo lavoro viene oggi annoverato tra le espressioni più importanti della Yokohama shashin (fotografia di Yokohama) una vera e propria corrente culturale di quell’epoca, caratterizzata dall’unione della tecnologia occidentale con lo stile e la composizione prospettica delle stampe tradizionali ukiyo-e