L’aspetto insospettabile degli iceberg capovolti

Tasman Iceberg

Il suono come un soffio di balena, dovuto alle particelle d’aria che si liberano dalla dura scorza d’acqua eternamente congelata, mentre questa si crepa e spacca in più punti. All’orizzonte dalla nave, tutto quello che si vede da principio è quella preminenza acuminata, simile alla pinna dello stesso, enorme mammifero marino. Ma è di tutt’altra cosa che si tratta: un grande oggetto inanimato, se così vogliamo giungere a ridurlo, o ancora meglio un essere di tipo minerale, privo di cervello, cuore, muscoli e quant’altro, eppur dotato di quel desiderio di spostarsi alla ricerca di un qualcosa, assieme a un soffio dell’arcaica ed incancellabile vitalità. La storia non è meno speciale di quella di un qualsiasi altro suo simile, benché l’esatto tempo trascorso dall’epoca del varo/nascita  debba necessariamente eluderci o in altri termini, restare un segreto, ahimè.
A differenza della precisa modalità generativa di un tale evento, che invece ci è ben nota: tutto ebbe inizio in alta montagna, presso i picchi dei Tasman ed Aoraki dell’Isola del Sud, paese: Nuova Zelanda. Ove esiste praticamente da sempre, questa impressionante scia di neve congelata, lunga 27 Km e larga 600 metri, che per via dell’effetto della forza di gravità deve fluire sempre verso il basso, sviluppando una pressione per centimetro simile a quella di una pressa colossale. Mentre da sotto, le ruvide rocce del massiccio premono ed abradono, generando un fondo granulare e straordinariamente ben compattato. Per la letteratura scientifica, il termine riferito ad una simile esistenza è ghiacciaio. Ma ben presto questo qui diventerà soltanto un semplice “ricordo”. Il fatto è che il 22 febbraio del 2011, un terremoto 6,3 della scala Richter si è abbattuto nella zona di Christchurch, arrecando enormi danni alla popolazione e causando la morte più o meno indiretta di 185 persone. E causando pure, lassù presso le vette più vicine, lo smuoversi di circa 40.000.000 di tonnellate di ghiaccio e neve, improvvisamente spinte a valle per l’effetto della loro stessa massa impressionante. Superato quindi il lago Tasman, dove le nevi dell’omonimo ghiacciaio s’incontrano ancor oggi con quelle del Murchison, il serpente candido ha raggiunto il bordo massimo del mondo. Quindi, senza un attimo di esitazione, si è buttato giù. Il fenomeno in questione, con le guglie e i contrafforti che si staccano uno per uno per poi ritrovarsi  a galleggiare nell’azzurro mare, trova l’identificazione anglofona di calving, ed è all’origine della costituzione di un particolare tipo di iceberg. Che include anche quello del nostro video, ripreso da un turista facente parte del Wombat Studio, canale con apparenti finalità promozionali tra gli innumerevoli di YouTube. Niente di nuovo sotto il Sole. Ed allora perché, tra i commenti al video, il consenso collettivo pare essere quello che grida alla falsificazione? Avendo nei fatti costretto l’autore a pubblicare un secondo spezzone, in cui egli ci mostra l’iceberg molto più da vicino… Il fatto è che l’estetica di questo ammasso di ghiaccio sottoposto ad un momento di fondamentale rinascita risulta essere, per usare un eufemismo, straordinariamente inusuale. Ciò che è capitato di riprendere al nostro eroe in questo frangente, infatti, è il preciso momento in cui la montagna vagante si è sciolta nella sua parte superiore in modo e con priorità tali da essersi trovata instabile, e prendendo il via da un lato all’improvviso si ribalta. Per mostrare un lato sottostante totalmente differente dalla controparte. Perché liscio e globulare, innanzi tutto, ma poi soprattutto di un colore azzurro intenso, costellato di brillori e sfolgorii. Davvero, il grande essere non-vivente-ma-quasi, pare all’improvviso risvegliarsi per mostrarsi in tutto il suo splendore inaspettato. Dunque, non vorreste sapere PERCHÈ può succedere una tale cosa?

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L’uomo con mezza barriera corallina nel soggiorno di casa sua

Eli's Aquarium 2

Certo, potrebbe sembrare che il concetto stesso di una botola sul tetto sia una grave vulnerabilità in una villa di campagna, utilizzabile dai ladri per poter penetrare teoricamente in casa. Per non parlare poi di un intero lucernario, della larghezza di oltre 5 metri ed un’ampiezza di circa due! Chi non ricorda, nei tipici film thriller o d’azione, la facilità con cui aspiranti James Bond potrebbero strisciare silenziosamente su di esso, spalmando la loro faccia sul tiepido vetro, per assorbire tramite lo sguardo ogni segreto dell’abitazione. Poveri illusi. Ciò facendo,nel presente caso, tutto quello che vedrebbero è dell’acqua, molta, moltissima, con decine di quintali di pietre calcaree messe in ammollo. Le pupille di costoro si perderebbero tra l’alghe ed i coralli… Mettendo quindi a fuoco ai margini, nel tentativo di combattere la rifrazione della luce, un refolo fluttuante di colore, con qualche dozzina di pesci in formazione, che si aggirano e disegnano figure. Ed a quel punto, ritornando con la mente a quell’assenza del cartello che ti annuncia “Attenti al cane!” gli verrebbe da pensare come, dopo tutto, qui sarebbe stato ben più onesto scrivere da qualche parte: “Attenti al pescecane!” Che proprio non essendo per sua innata propensione solito abbaiare, bensì muto quanto un pesce, tendenzialmente si ritiene possa essere mordace. “Per tutte le balene avide dei Sette Mari” Sembra quasi di sentirli: “Ho visto più giù a valle una villetta a schiera con una scorrevole che dà verso il balcone. Dopo tutto mi accontenterò.”
Si, in effetti…Tra tutte le caratteristiche architettoniche di un grande appartamento, forse non se n’era mai sentito di una più imprevista e al tempo stesso imponente: un’intera singola stanza, capienza 30.000 litri, dedicata al più umido, complesso, oneroso e totalizzante degli hobby/passatempi, ovvero un grande acquario di barriera. Con tutti gli Amphiprioninae dalle strisce pagliaccesche, gli Acanthuridae unicorno con la mascherina da chirurgo e i Pomancathidae con ali d’angelo, che chi ama osservare la vita all’opera da dietro un vetro possa mai desiderare, ma anche e sopratutto una considerevole fetta del loro reale ed insostituibile ambiente naturale, con almeno due tonnellate di quelle che nel settore vengono chiamate le “rocce vive”, attentamente coltivate negli stabilimenti di settore per giungere ad integrare varie forme di poriferi, echinodermi, ascidie, decapodi, policheti, spugne, molluschi ed alghe, riunite in un ammasso di creature in grado di filtrare l’acqua, agevolando il ciclo dell’azoto per facilitare la sopravvivenza dell’intero ambiente artificiale. Non è certamente un caso, dunque, se da quando fu severamente vietato il prelievo diretto di simili materiali dalla maggior parte dei mari tropicali del mondo, i cultori degli acquari si siano rivolti a tali soluzioni innaturali ma pur sempre funzionali, caratterizzate da minore biodiversità ed un numero minore di creature per centimetro cubo. Sembra quasi, dopo tutto, che l’obiettivo di tenere vivi i pesci sia diventato secondario, o in termini migliori l’automatica conseguenza, della sacra missione di ricrearsi in casa un qualche cosa di raro, unico e prezioso, almeno quanto la grande foresta dell’Amazzonia.
Ma ora basta rimuginare. Già la luce sta calando, mentre le dozzine di lampade al LED si accendono nel controsoffitto del più grande recipiente personale mai costruito, mentre inizia il periodo di maggiore attività della giornata. I pesci accelerano la loro marcia frenetica, alla ricerca dell’ultimo scampolo di plankton o squisito gamberetto, mentre d’improvviso, l’acqua si agita per una leggera increspatura. Dalla botola, molto, MOLTO lentamente, sta calando giù una scala, che trova ben si trova ben presto ad appoggiare sul distante pavimento. A quel punto, un piolo dopo l’altro, nel profondo di quei luoghi getta la sua ombra non certo l’aspirante ladro bensì proprio Eli, l’ingegnere, l’architetto, il proprietario ed il creatore di tutto questo. Con la maschera e il boccaglio, egli inizia la supervisione interna del suo luogo prediletto nell’interno mondo del sensibile. Siamo nello stato di Israele, ed è chiaro che costui dispone di risorse finanziarie niente affatto indifferenti. Giusto la scorsa settimana, capitolando alle richieste dei molti seguaci internettiani accaparrati con il primo video, lui ha deciso di fornirci un po’ di dettagli sul funzionamento di una tale meraviglia della tecnica e l’indubbio sogno realizzato di un’intera vita. Le informazioni fornite potrebbero facilmente definirsi, sotto molti significativi punti di vista, come delle vere e proprie rivelazioni.

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L’uovo tecnologico del pinguino volante

Guillemot egg

Questo è importante, anche se forse non ci avete mai pensato: perché le uova degli uccelli non hanno la forma di una perfetta sfera? Nell’ideale necessità di costituire un involucro di carbonato di calcio, fabbricato all’interno dell’organismo di una madre e quindi attentamente calibrato nell’impiego efficiente di quanto è richiesto per crearlo, la solidità dovrebbe essere un fattore fondamentale. Perché c’è un limite, a quanto possa resistere alle sollecitazioni un oggetto dal sottile guscio, che protegge per quanto possibile il tuorlo, le calaze, l’albume e il piccolo ma prezioso embrione. Dunque sotto questo specifico punto di vista, affidarsi alla classica forma ellittico/allungata parrebbe costituire un errore tattico per nulla indifferente: pensateci. Cos’è meglio, nel caso in cui un tale oggetto contenitore di vita (perché di ciò, ancora, si tratta) debba essere colpito accidentalmente, o cadere? Puntare ad una forma del tutto regolare, che distribuisce l’urto in maniera equa lungo l’intero guscio? Oppure convivere col rischio di una punta stretta e delicata, che impattando con il suolo ha probabilità doppia, o tripla, di trovarsi rovinata dall’insorgere di una o più crepe? Prima di rispondere, considerate questo: la natura, o per essere più specifici l’evoluzione, non agisce mai senza un motivo. E se una cosa è fatta in un determinato modo, potete contarci! Deve pur esserci un perché. Il che non significa che sia apparente, per lo meno nello studio di un qualcosa di mondano come l’uovo di gallina. Ma dovete pur considerare come un simile uccello incapace di volare, frutto di innumerevoli secoli di selezione artificiale, conservi ormai ben poco dei suoi antichi antenati selvatici, raccoglitori di scarti commestibili sul suolo del corposo sottobosco.
No, no, per forza! Se volete comprendere i meriti progettuali che può giungere ad incorporare un uovo, dovrete ben guardare più in là del vostro becco, oltre le onde gelide dell’abbagliante Nord: a settentrione del Pacifico, tra l’Alaska e la Columbia Britannica e poi giù, fino alle propaggini dell’accogliente California. Oppure nell’Atlantico, tra il lato opposto del Canada e in Europa, fin giù in Portogallo. Dove, sulle più alte e irraggiungibili scogliere, talvolta si ode il vociare di oltre una cinquantina di individui pennuti, dalla caratteristica livrea bianca e nera, qualche volta con delle graziose strisce chiare attorno agli occhi che s’incontrano dietro la testa, andando a formare l’apparenza estetica di un paio di redini o di occhiali. Sono questi, i guillemot anche detti auk, o per usare la terminologia scientifica italiana, gli appartenenti alla famiglia degli alcidi, sita nel vasto ordine dei caradriformi (gabbiani, beccacce di mare, avocette, pivieri, pavoncelle….) Fra i pochi uccelli che hanno scelto, in un qualche momento non meglio definito del loro passato, di rinunciare al possesso di tutte le cose terrene. Ivi incluso, il nido. Esattamente: questi astuti pescatori marittimi, abituati a tuffarsi in ogni condizione climatica e ambientale, hanno la possibilità di risparmiare le energie necessarie a mettere al sicuro i propri pargoli non nati, proprio grazie alle caratteristiche specifiche dell’uovo titolare. Prima caratteristica: la forma. Ora, tutte le uova sono ellittiche, primariamente per la necessità di ritrovarsi con la parte della testa del pargolo rivolta in alto. Che dovrebbe trovarsi, per inciso, presso la parte che noi chiamiamo “il fondo” ma in realtà essendo meno appuntita, tende spesso a ritrovarsi verso l’alto. Mentre all’estremità stretta, naturalmente, c’è la coda, essenzialmente molto meno delicata. L’uovo dei guillemot, tuttavia, è notevolmente più appuntito di quello di gallina. La ragione ce la spiega l’eloquente Steve Mould nel nostro video di apertura, dove giunge ad effettuare la prova pratica con un fedele modellino. Vediamo di tradurre assieme la sua esposizione…

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Il polpo 1200 volte più letale del cianuro

Blue Ringed Octopus

Buongiorno turista d’Australia! Come vuoi morire, oggi? Delicatamente assaggiato da uno squalo toro di passaggio, animale che notoriamente non apprezza la carne umana (ma lo scopre, il più delle volte, a smembramento già avvenuto…) Oppure masticato dal coccodrillo marino, il più grande rettile del pianeta, che non ha bisogno di scuse per far rispettare i limiti del proprio territorio? O ancora, morsicato dal ragno dei cunicoli, artropode aggressivo il cui veleno stranamente non ferisce topi, gatti, conigli e altri animali. Ma uccide un uomo adulto in 15 minuti! Ne abbiamo per tutti i gusti: morti violente, silenziose, dipartite materiali o immaginarie. Se lo preferisci, potresti addirittura fare l’esperienza di essere schiacciato dal drop bear, leggendaria versione carnivora del dolce koala, che si dice piombi sopra i viaggiatori per poi morderli alla gola e divorarli dai piedi in su. Quale miglior maniera di apprezzare il patrimonio faunistico di un paese unico al mondo, che nutrirlo in prima persona, con le proprie stesse disattente, ineducati carni. Aspetta, aspetta, ne ho una ancor migliore di così: visualizza la seguente scena. Ti trovi in spiaggia, circondato da un intero gruppo di amici. Estasiato dal Sole, dal mare, dalle molte viste affascinanti conosciute nel tuo viaggio di allontanamento dai problemi della vita. Cinque minuti prima, durante una tua passeggiata di metà pomeriggio, hai messo il piede in una pozza d’acqua rimasta nel bagnasciuga, lasciata indietro dopo l’ultimo ritrarsi della marea. Finendo per dare, accidentalmente, un piccolo calcio a una bottiglia di plastica, proprio lì gettata da un qualche altro visitatore privo di coscienza ambientale. Sul momento non ci hai fatto troppo caso. Ti sei fermato per un breve attimo, pensando forse di rimuovere l’oggetto e trasportarlo fino a un punto di raccolta. Poi hai lasciato perdere, perché? Ma circa cinque minuti dopo, d’un tratto, ti senti molto stanco. Deambulando pesantemente, raggiungi il tuo materassino e lì ti sdrai, a meno di due metri dalla gente che è venuta fin lì con te. Grosso errore. Perché allora, con un’improvvisa ed orrida realizzazione, inizi a comprendere che c’è qualcosa che DAVVERO non va. Gambe e braccia sembrano pesare come tronchi. La vista inizia ad offuscarsi. Mentre il tuo tentativo di chiamare aiuto, nonostante l’impegno, si risolve in un gemito appena udibile da neanche pochi centimetri di distanza. Quindi, nel giro di un altri due minuti, il respiro inizia a diventare laborioso e tu perdi i sensi. Non ti sveglierai mai più.
Il delitto perfetto. Ad opera di un assassino di proporzioni minutissime, che può spostarsi nell’acqua e sulla terra, per brevi tratti sufficienti a rendersi un pericolo pressoché costante. Che risulta essere tuttavia, per nostra massima fortuna, relativamente raro in tutto il suo areale d’appartenenza, benché il sussistere di condizioni particolarmente favorevoli, in determinati periodi dell’anno, possa portare a vere e proprie piccole invasioni, di interi tratti di spiaggia fra l’Australia ed il Giappone. La singola femmina di una di queste quattro specie, molto simili tra loro, può del resto fare fino a 50 uova, circa 2 anni dopo la propria nascita, prima di smettere di mangiare e lasciarsi morire. Questo vuole, del resto, la natura. E forse dopotutto è anche meglio così. Li chiamano, con piglio pienamente descrittivo, polpi dagli anelli blu (scientificamente: Hapalochlaena) e ogni bambino nato in Australia viene educato, fin dalla giovane età o al suo primo contatto con le coste sabbiose del continente, a non toccare assolutamente ciò che brilla tra la sabbia; alla maniera di una gemma preziosa di 6-8 centimetri dagli improbabili otto tentacoli sottodimensionati… Ma gli incidenti, o le casistiche davvero sfortunate, possono pur sempre capitare. Come quelle di persone, ahimè, disinformate. Mentre nel caso di un animale come questo, saper come comportarsi può salvare FACILMENTE una vita o due…

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