La battaglia delle spade laser stravaganti

Modern Lightsaber

Il problema della vita di frontiera è che trasporta ogni conflitto fino alle sue estreme conseguenze. Tanto che un monaco guerriero Jedi, camminando per i boschi con qualcosa di desiderabile, non può scampare all’esigenza dell’altrui “curiosità”. Star Jones alla ricerca della spada tri-forcuta? Con un vago riferimento alla misteriosa valigetta di Pulp Fiction? Che naturalmente non può fare male, e ciò che spesso ne consegue, almeno a partire dal 1995, senza falla colpire, ovvero: “Cosa. C’è. Nel contenitore?” (Se7en docet, con l’accoratissimo Brad Pitt). Perché vivere o esplorare i confini del mondo, come pure dell’universo conosciuto invero tanto, tanto tempo fa, comporta il peso di un rassicurante pezzo col suo fodero fidato, bene assicurato alla cintura rilevante. La pistola del cowboy. La frusta dell’archeologo; oppur la spada che ferisce, che colpisce, che attanaglia e qualche volta, addirittura, taglia.
L’abbiamo visto succedere parecchie volte, di cui l’ultima, piuttosto recente, è stata la presentazione dell’ormai favoleggiato Episodio VII di quella venerata serie con i droidi cinguettanti, adesso addirittura rotolanti, che seguono saccenti un povero protagonista suo malgrado, fatto con lo stesso stampo del buon vecchio Frodo. Oppure Bilbo, perché dopo tutto c’era stato prima lui, per tutta l’erba pipa del fiume Brandivino. Ancora una volta, si prendono parecchie idee di base, ciascuna tratta da un diverso mondo del creativo: film western d’avventura, filosofia orientale applicata alla maniera dell’alchimia taoista, background fantascientifico di tipo di letterario. Poi si mischiano accuratamente, finché ciò che ne risulta, meraviglia delle meraviglie, appare NUOVO. Nessuno l’ha MAI visto, giuriamo! Wow, guerrieri-stregoni su pianeti desertici pericolosi (cos’è Dune) personaggi secondari che a turno ci offrono il principale punto di vista del racconto (cos’è Kurosawa) missioni impossibili di un gruppo di soldati coraggiosi (la Vera Vecchia Storia dei Cannoni Cosmici di Navarone?) Ma del resto è pure vero che osservando uno dei film più influenti degli ultimi 38 anni in questi termini, si commette una notevole ingiustizia. La principale forza di Guerre Stellari non è mai stata nella trama, nella logica situazionale, nella psicologia dei personaggi. Bensì nell’interminabile e variopinto susseguirsi di minuzie, le invenzioni fervide degli ottuplici disegnatori, ingegneri mancati, truccatori, costumisti ed altri folleggianti specialisti di ogni branca possibile della creatività orientata al grande schermo. Unita all’ottima cinematografia citazionista di George Lucas, ma questa è tutta un’altra storia. Oggi, grazie al bizzarro e simpatico video con effetti speciali dell’arcinoto Mr.TVCow, rivolgiamo la nostra attenzione all’opera dell’animatore di origini coreane Nelson Shin, colui che seppe, per primo, concepire e mettere su pellicola il miracolo di un’arma che non ha sostanza. Letteralmente, grazie all’uso di un taglierino sulla cellulosa. E se ancora oggi, dopo il passaggio di tanti significativi anni, ci stupiamo alla comparsa di una piccola variazione della stessa cosa, va detto che davvero aveva indovinato qualche cosa d’importante.

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Leggere il futuro grazie alla fusione dei metalli

Molibdomanzia

Si tratta di un gioco, un passatempo. Quasi nessuno, in quest’epoca pragmatica e civilizzata, ammette di crederci davvero eppure, guarda caso, nei negozi del centro abbondano i kit per compiere la mistica magia: un piccolo mestolo di ferro, fatto a misura per la forgia degli gnomi. E quattro, cinque oggettini di stagno oppure piombo, in forme apotropaiche come cuori, stelle o ferri di cavallo. Qualche volta, per semplificare, si tratta di semplici sfere, più pratiche al tatto ed alla prima fase del curioso rituale, assai diffuso in paesi nordici come la Germania o la Svezia, dove lo chiamano uudenvuodentina. Mentre per noi è molibdomanzia: un’arte o tecnica, particolarmente diffusa ai tempi della cultura celtica, che tuttavia risale fino all’epoca dei greci, quando gli oracoli dei grandi templi, rivolgendosi ai loro antichi dei, non solo ne traevano soddisfazione spirituale.  Bensì, per convenzione ed interpretazione di presagi, tendevano a ricevere risposte.
Il problema fondamentale di chi cerca la verità che ancora non può dirsi compiuta, da che esiste una qualsivoglia forma di divinazione, è la tendenza ad essere specifici; chi vuole sapere la realtà sui sentimenti altrui (quando la gente, tanto spesso, non capisce neanche i propri) chi cerca strade verso il potere e la ricchezza (i numeri, i numeri del lotto!) Altri, addirittura, pretendono di conoscere il giorno esatto della propria morte (pazzoidi). Quando è facile, per inferenza, desumere il funzionamento di una tale cosa: scrutando nel futuro, tutto deve essere per forza poco chiaro. È soltanto questo il metodo di prepararsi ad esso, ragionandoci per gradi, effettuando nella propria mente una simulazione dopo l’altra. Colui che scruta in luoghi estremamente remoti, ben oltre le stelle del creato, non può pretendere di ritrovare la realtà mondana, le piccolezze ed i bisogni della propria insignificante vita. Ma le correnti, quelle si. I ritmi e la tendenza del rapporto causa-effetto, come procedere, anche durante una lunga crisi, restando fedeli al proprio modus di ragionamento. Da questo punto di vista, la molibdomanzia moderna è molto più utile allo scopo: perché chi la pratica seguendo la prassi maggiormente accreditata, la maggior parte delle volte neanche pone una domanda.
Si fa così, generalmente in occasione di una qualche ricorrenza, come il capodanno: il gruppo si raduna intorno al tavolo, giacché non esiste una lettura del fato inscrutabile che sia migliore in solitaria. Viene accesa una candela, oppure un forno elettrico, insomma una qualunque fonte di calore intensa e ben direzionata. Quindi, l’uno dopo l’altro, si prende uno degli appositi segnalini di metallo, tutti uguali o ben differenziati, poco importa; visto lo specifico funzionamento del rito, si dovrà procedere rigorosamente a turno, pena il rischio di confondersi una volta proceduto alla fusione. A questo punto, benché molti soprassiedano, sarebbe il caso d’infondere le proprie vibrazioni spirituali nel pegno selezionato. Sul come procedere prima del punto apicale, è inutile dirlo, esistono visioni contrapposte: lo zio agita l’oggetto come fosse un dado, la nonna ci soffia sopra con le mani chiuse a pugno, altri, meno compunti, addirittura ci parlano e così via. Del resto, l’uudenvuodentina o per usare il termine tedesco, il bleigießen (dal verbo che significa squagliare) è un passatempo ormai legato al mondo dei bambini, che negli anni si è arricchito di passaggi buffi o interessanti, diversi per regione, città o addirittura singolo nucleo familiare. L’accumulo procedurale delle schiere di generazioni successive…

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100 cameriere giapponesi per un singolo pancake

100 maids

Qual’è il meglio, il non-plus-ultra? Una buona colazione cucinata secondo i crismi migliori delle pratiche civili, attentamente cotta sopra il fuoco: pancake, la frittella saporita. Ma il come certe volte supera il perché, fino alla perdita del senso della misura… Un giorno Genghis Khan, riposandosi dall’ultima delle sue terribili campagne militari, sorseggiava rumorosamente il suutei tsai nella sua splendida yurta, fatta con le pelli di duecento capre tibetane. D’un tratto, come colto da un’ispirazione, poggiò rumorosamente quella pesante tazza sopra il prezioso tavolo di legno zebrato, saccheggiato da una stazione di scambio sul Gandhara e ormai macchiato da mesi di schizzi di té lattiginoso. Scostate con gesto imperioso le due falde dell’ingresso, fece un passo sotto il sole e il vento delle steppe ormai quasi cangianti, al rischiararsi fervido dell’alba piena di opportunità. Quindi si voltò a sinistra: schiere di cavalli, colonne di fumo e i suoni contrastanti di quel vasto accampamento, archi, spade, lance e mazzafrusti che si scontrano tra loro. Guardando invece verso destra, incrociò lo sguardo un po’ perplesso di Ganzorig, la sua guardia personale: “Amico mio.” Disse il grande condottiero: “Qual’è, a tuo parere, il meglio della vita?” Spostando tutto il peso sopra il piede destro, poi quello sinistro, l’altro si accarezzò per una, due, tre, quattro volte la lunga barba. Infine,  spalancando gli occhi disse sorridendo: “Mio Khan! Le vaste pianure incontaminate, un cavallo rapido che risponda subito ai tuoi desideri, un falco sopra il polso da inviare a ghermire la tua preda!” Ma Genghis, dall’alto del suo metro e novanta, già scuoteva la testa in un turbine di ciocche fluenti: “No, per tutte le frecce acuminate!” Fece tonante: “È distruggere il nemico, vederlo strisciare ai tuoi piedi. Portargli via ogni ricchezza mentre ascolti il pianto sconsolato delle sue donne.” Un rivolo di saliva, assai probabilmente, a quel punto sottolineava il rictus maligno dei suoi occhi iniettati di sangue.
Soprassedendo sull’effettivo verificarsi di questo preoccupante aneddoto, narrato nel testo storiografico G.K: Emperor of All Men (Harold Lamb – 1936) e poi riutilizzato senza problemi particolari di adattamento nel film fantastico Conan il Barbaro diretto da John Milius (1982) è indubbio che tale citazione possa essere alquanto propedeutico ad una migliore comprensione, per inferenza, di uno dei più crudeli dominatori dell’epoca pre-moderna. Colui che fece sterminare, secondo stime relativamente accreditate, circa l’11% della popolazione mondiale, e che poi mise al mondo personalmente tanti figli da essere, ritengono gli stessi visionari bene informati, l’antenato di almeno uno su duecento di noi, doveva indubbiamente essere dotato di una certa tendenza al bipolarismo e agli strani vezzi del momento, quanto meno per metabolizzare tali e tante gesta sanguinarie. Indubbiamente, fu un uomo che sapeva godersi la vita, pur se ne spegneva molte, sulla punta spietata della sua incredibile ambizione.
Se oggi, ipoteticamente, dovessimo ispirarci a lui…. Goderci ogni momento come fosse l’ultimo, esaltare ogni sentimento: ridere come iene, piangere quanto le cascate di Hukou, meditare come la nube cinerea del vulcano di Nantai; quale sarebbe l’inizio della nostra giornata? Come esprimere, in un semplice momento, il desiderio incontenibile dell’uomo di affari, che sempre tende a dominare non soltanto la sua vita, ma il mondo stesso…

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Drone cade in mare, scopre mille pesci ed uno squalo

Cape Range Drone

Guidare per lunghi minuti e ore, forse addirittura un pomeriggio intero, fino a giungere in un luogo limpido e isolato. Così è, la baia di Osprey nel Cape Range National Park, sulle propaggini nord-occidentali dell’Australia, dove non sorge un albero, non c’è uno scoglio. Addirittura il vento, in quel giorno stranamente affetto dalla sfortuna, aveva la parvenza di essersi fermato. In questo spazio relativamente poco amato dai turisti, soprattutto se internazionali, c’è la possibilità di riappacificarsi con i suoni semplici del cielo e dell’Oceano. Di lasciarsi dietro l’irritante ma costante guazzabuglio cittadino per scoprire nuove vie di comunione con il mondo naturale. Ebbene si: una forma di meditazione particolarmente facile a chi è in grado di capire una metafora filosofale. Qualcosa che indubbiamente, benché in un modo alquanto futuribile, stava facendo anche Mr Lift Hog, sul finire del Dicembre appena trascorso, che come tutti sanno (ma tendono a dimenticare) nell’emisfero meridionale è un mese caldo e ricco d’escursioni, di nuotate e settimane al mare. Qualche volta con l’ausilio tecnologico di valide strumentazioni; siamo in fondo, all’epoca dei droni esploratori. Un modo differente di conoscere i paesaggi, immortalare le giornate liberi da condizionamenti. Ma attenzione! In merito alla termodinamica, occorre ricordarsi che: dura lex, sed lex. Quindi basta poco per finire…Altrove.
Nella cultura classica dei greci e dei latini, l’orgoglio era un sentimento da guardare con estrema diffidenza, identificata con un termine latòre di disgrazie. Perirono, per colpa di codesta della hýbris:  Prometeo, punito da Zeus per il furto del sacro fuoco di Efesto, Bellerofonte che cadde dal cavallo alato mentre tentava di raggiungere l’Olimpo. E soprattutto, forse il mito più famoso, Dedalo con le sue ali di cera, sciolte dalla luce incontrollabile del Sole. All’interno dei racconti mitologici abbondano situazioni facilmente evitabili, in cui la mentalità di una figura, persino un semi-dio o un eroe, è stata conduttiva ad un nefasto rovesciamento delle aspettative. Ancora oggi, dopo tutto è forse questo l’insegnamento più importante che si può trarre dai racconti degli antichi, oltre ad uno più specifico, pur sempre rilevante: gli ostacoli sembrano sempre più lontani di quel che in effetti sono. E  anche un astro cosmico, per inferenza, può fare perdere il controllo di un volo perfettamente realizzato!
“Fidati, fidati di me. Ora guarda e ammira. Faremo un giro straordinario…” Regge con la mano sinistra il grande telecomando, mentre con la destra, a mo’ di lanciator di giavellotto, libera nell’aere il mistico velivol-etto. Che ben può definirsi drone, perché ha un telecamera montata sulla piccola carlinga, ma rientra anche nella categoria (maggiormente tradizionalista) degli aeroplanini radiocomandati, ovvero quei modellini costruiti esattamente come i mezzi che trasportano le merci e le persone tra le piste asfaltate della nostra spezzettata civiltà. Quanto meno, basati sugli stessi princìpi: ovvero la portanza che proviene dall’incedere accelerato ed uniforme. Ah, il volo livellato! Mai nessun quadricottero, assistito da moderni giroscopi, potrà realizzare la gioia di lasciarsi trasportare in alto dalla stessa densità dell’aria, semplicemente vagheggiando sui confini delle nubi. Né del resto, potrà sperimentare l’attimo di terrore causato da uno stallo inverecondo…

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