C’è stato un tempo e un luogo in cui a Berlino, volendo indicare in modo informale il luogo in cui abitavano, taluni e talune dipendenti della macchina governativa avrebbero potuto affermare: prima/seconda/terza ansa dello Sprea; prima/seconda/terza curva del palazzo assegnatoci come residenza particolare. Serpentina l’una e cobriforme l’altro, pitonesco, viperato. La creazione non particolarmente metaforica (poiché a che dovrebbe mai volutamente alludere?) Ma indubbiamente derivante da una forma pratica pensata con scopi e prerogative precise. Giacché di case cubiche o rettangolari, il presente mondo ne possiede quantità spropositate. Ben venga dunque, l’opportunità sperimentale di fare un qualcosa di diametralmente all’opposto. Questa l’idea singolare di Georg Bumiller, architetto di Landau che aveva studiato a Darmstadt, Vienna e negli Stati Uniti, quando nel 1995 offrì la propria proposta a beneficio dei tedeschi nella nuova capitale, in un concorso indetto a seguito di una pressante necessità organizzativa. Sembra infatti che una grande quantità di parlamentari, i loro assistenti e gli altri addetti del Parlamento si fossero trovati in difficoltà, subito dopo la riunificazione del paese il 3 ottobre del 1990, per l’intercorso spostamento della capitale da Bonn a Berlino. Dove le disponibilità immobiliari e i conseguenti costi al metro quadro non erano propriamente abbordabili, e perciò considerati inadeguati dai fattori di tutela normalmente riservati ai membri di una classe politica e dirigenziale. Allorché sembrò perfettamente in linea con le procedure, ricavare uno spazio apposito nei terreni di proprietà dello stato a Moabiter Werder, lo spazioso quartiere nella zona ovest dove un tempo Federico Guglielmo, Principe Elettore di Brandeburgo, conduceva le proprie cacce accompagnato dal canonico seguito di soldati e servitori. Il che avrebbe voluto dire, sostanzialmente, vivere in periferia, con tutti gli svantaggi e le particolari contingenze del caso. Alla necessità di sfruttare al massimo lo spazio massimizzando il numero di famiglie contenute in un singolo stabile, Bumiller rispose dunque copiando il sistema architettonico tradizionale dell’opera muraria crinkle crankle o in lingua tedesca serpentinenmauer, una struttura che poteva al tempo stesso essere più sottile, stabile e richiedere una quantità minore di materiali, grazie al supporto addizionale offerto dall’opera sinuosa della propria disposizione evidente. Dal che sarebbe nato, in tempi ragionevolmente brevi, questo notevole Bundesschlange o “Serpente Federale”…
architettura
Gatti sacri che reagiscono alle radiazioni e l’arduo scopo della semiotica nucleare
Gli onorevoli dignitari del potentato di Xracalithub si avvicinarono con pompa magna al sito della 3° civiltà umana. Generazioni di archeologi avevano studiato le pianure desertificate della vecchia Ue-ropa, nella cerca reiterata di artefatti degni di essere portati nella Stanza delle Meraviglie del supremo Primo Ministro. Wunderkammer: una tradizione risalente, per quanto ci è dato sapere, all’Era rinascimentale della 2° civiltà, quando ancora gli uccelli nuotavano nel cielo, ed i pesci volavano negli oceani del pianeta Terra. Alzato il vessillo della grande ed indivisa 23° civiltà, essi giunsero al campo di spine indifferenti alle proteste del Clero, consapevoli di come Usanze o Tradizioni avessero più volte in precedenza ostacolato la fondamentale progressione della specie. Dato l’ordine, il droide di scavo cominciò dunque a smuovere il terreno tra misteriose masse di cemento. Tre giorni furono richiesti, affinché la sua trivella raggiungesse la camera segreta del tesoro a 400 metri di distanza dalla luce vermiglia della stella Solare. Ricavando un buco da cui, un poco alla volta, numerosi cilindri vennero laboriosamente trasportati in superficie. Ciascuno sigillato e ad a quanto era possibile presumere, ricolmo di tesori ed antichissimi dobloni dato il simbolo del teschio e delle ossa incrociate, rappresentativo della mitica figura del Pirata. Nel giro di 6 ore, i servitori della squadra archeologica iniziarono ad aver ragione dei rigidi sigilli di copertura. Ce ne sarebbero volute 37, affinché perdessero i capelli ed iniziassero, l’uno dopo l’altro, a morire.
“Oh, uomo del remoto futuro. Sappi che: nessun atto onorevole è stato compiuto in questo luogo. Niente di valore si trova qui. C’è soltanto un pericolo per il corpo. Questo messaggio costituisce un avviso. Non ignorarlo. Fuggi dai felini* che cambiano il proprio colore!” Se potesse esistere una lingua universale, ininterrotta, capace di mantenere le proprie regole sintattiche ed il lessico a distanza di 5.000, 10.000, 15.000 anni, simili cartelli rappresenterebbero la soluzione ideale ad un problema lungamente trascurato, tuttavia direttamente risultante da una delle fonti energetiche più significative dei nostri giorni. Ma siamo sicuri, anche in tal caso, che ciò basterebbe veramente a fare la differenza? Gli architetti dei faraoni egizi, cinque millenni a questa parte, lasciarono avvisi similari al fine di scongiurare l’apertura dei loro sarcofaghi e l’esposizione museale dei loro tesori al pubblico ludibrio della posterità. E sappiamo fin troppo bene come tale storia, ed altri simili, siano ripetutamente andate a finire. Non è semplicemente possibile riuscire a scoraggiare colui o colei che opera in “buona” fede, ovvero la suprema convinzione che un qualcosa di prezioso risieda Là Sotto, volutamente lontano da occhi indiscreti per comprensibile volere dei nostri remoti predecessori. Con la sostanziale differenza che ogni tipo di maledizione immaginabile nel caso dei depositi di scorie radioattive, inevitabile conseguenza del corrente livello di progresso tecnologico e fino all’invenzione di fonti alternative di energia, potrebbe un giorno dimostrarsi fin troppo dolorosamente reale…
Nove piani per emergere dalla pagoda incorporata nella nuda roccia dello Yangtze
Le opere architettoniche del passato possono venire spesso collocate lungo un asse lineare, dove gli edifici di maggior rilievo ed imponenza devono aderire a dei particolari canoni esteriori e funzionali, dettati dal senso comune che determina il flusso di risorse e forza lavoro. Laddove all’altro capo dello spettro, trovano collocazione le opere vernacolari imprevedibili o realmente spontanee, difficilmente in grado di oltrepassare le dimensioni di una residenza di famiglia o il monumento costruito da una piccola comunità rurale. Nel caso in cui il potere assoluto risieda nella visione e il gusto di un singolo individuo, tuttavia, ogni cosa può riuscire a palesarsi, a patto di disporre di maestranze dalle capacità sufficientemente navigate. E nessuno potrebbe dubitare che nella contea cinese di Chongqing, durante il regno dell’Imperatore Xianfeng dei Qing (1831-1861) simili speciali condizioni avessero trovato il modo di convergere a tutti gli effetti. Come reso evidente dall’antico complesso in pietra di Shibaozhai (石宝寨 – Preziosa Fortezza di Pietra) lungo il fiume Yangtze, destinato a ricevere una mistica “pagoda” di nove piani dalle caratteristiche pareti rosse e finestre circolari. Per cui le virgolette appaiono del tutto motivate, giacché una tale classe d’edifici tendono generalmente a prevedere una pianta ottagonale o quadrata, oltre ad uno spazio tutto attorno per riuscire ad ammirarne l’altezza. Laddove qui siamo di fronte ad un costrutto che si appoggia e al tempo stesso fa un sapiente impiego della ripida collina retrostante, un rilievo dell’altezza di 200 metri con in cima il tempio dedicato al bodhisattva Manjusri. Essendo giunta a costituire, nei termini coévi, l’iconica Piccola Penglai (蓬莱山) o Terra Mistica degli Immortali ma anche una versione antesignana con le sue ripide scale degli odierni ascensori montani, largamente utilizzati in epoca contemporanea per permettere ai turisti di apprezzare alcuni dei panorami più eccezionali della Cina. In sostituzione dell’antico metodo secondo cui, per lunghi secoli, i visitatori di tale luogo avrebbero dovuto arrampicarsi su un ripido sentiero aiutandosi con una lunga catena. Nessuno aveva mai pensato, d’altra parte, che un luogo simile al tempo del su primo utilizzo potesse costituire un giorno l’attrazione turistica principale della sua intera regione, nonché un patrimonio classificato al più alto livello del repertorio nazionale…
La cripta della metropolitana che costituisce l’ultimo ricordo di un impero Universale
Nel romanzo del 1905 di Jules Verne, Kipps: storia di un’anima semplice, il protagonista incontra la sua amica d’infanzia ritrovata, e futura spasimante Ann in presenza di “un Labirintodonte verde e oro, così magnifico sopra le acque del lago”. Non propriamente un ennesimo ritorno alla Preistoria, a cui le precedenti opere di questo antesignano del fantastico di avevano abituato, bensì la fedele descrizione di un punto di riferimento statuario davvero esistente, all’interno del Crystal Palace Park. Ovvero quello spazio designato, presso il rilievo londinese di Sydenham Hill, come punto d’arrivo del trasloco della singola costruzione vittoriana temporanea più incredibile, nonché una delle maggiori costruite al mondo. Se il protagonista provinciale delle tante disavventure della narrazione avesse a questo punto accompagnato la ragazza fino ai margini del parco, oltre la via d’accesso principale che conduce alla zona di Greenwich, i due si sarebbero a questo punto imbattuti in un semi-nacosto ingresso verso i “misteriosi” sotterranei dell’ambiente metropolitano. E proprio qui, al termine di una lunga scalinata, avrebbero potuto fare l’ingreso in una sala degna di essere chiamata fiabesca, da ogni accezione di quel termine liberalmente utilizzato senza vere cognizioni di fatto. Ma chi avrebbe mai creduto che uno spazio tanto simile alla cripta di una cattedrale bizantina potesse trovare la collocazione, sotto il cemento ed il selciato di un comune viale? 18 colonne di mattoni ottagonali, sormontate da una volta a botte dal disegno geometrico di rombi interconnessi. Tratteggiato grazie all’utilizzo di maioliche in alternanza, color crema ed arancione, con rosoni situati nelle vie di fuga, raffiguranti dellle immagini dell’Astro Solare. Quella stessa stella diurna che, secondo un popolare modo di dire, non sarebbe mai realmente tramontata sui possedimenti del grande paese sotto l’egida di Queen Victoria. Così come volutamente ricordato, dalle molte meraviglie tecnologiche, scientifiche ed ingegneristiche, di quello che sarebbe stato ancora per svariate decadi uno dei punti di riferimento londinesi più famosi su scala nazionale e nel mondo, qui raccolte da un esperto comitato nell’equivalenza finemente ornata di una trasparente basilica di 84.000 metri quadri. Ma così come la gloria degli Imperi non può durare per sempre, lo stesso vale per le serre colossali, non importa quanto attenta e puntuale possa essere stata la loro costruzione…