La palingenesi dell’uomo sballonzolante

Late for meeting

In molti lo aspettavano, tristemente sconsolati. E dopo due anni, oramai, nessuno veramente ci pensava più: “Si sarà fatto una vita altrove” oppure “Addio, nostro molleggiato sbronzo di Riace” Senza prestare orecchio ai segni, alle sinapsi cognitive delle contingenze euristiche informatizzate. Soltanto il cervello memetico, entità sostenuta dall’intera collettività, conosceva il suo destino. Finché un giorno, anzi, QUESTO giorno! Eccolo di nuovo. La profezia del web era giusta: egli cammina di nuovo in mezzo a noi. L’uomo nudo creato da un computer, totalmente privo di ossa, che con andatura dinoccolata infestava gaiamente le strade di una sconosciuta metropoli americana, affermando di essere impegnato nel suo quotidiano “going to the store” (Andare a fare compere..). La grazia delle sue movenze, ci aveva conturbato. Lo sguardo perso nel vuoto, le braccia scoordinate, gli organi comprimibili a piacimento. Chi sei, da dove vieni? “Questa dev’essere senz’altro A-R-t-E” ci dicevamo. Un esperimento, una candid camera, il delirio di un folle o magari…E così, la sua fama cresceva. 14 milioni di visualizzazioni, da quando l’hanno messo assieme per quel buffo demo lungo appena 49 secondi. Roba da impostarci una carriera. E non a caso il suo solo genitore, l’esperto di animazione computerizzata David Lewandowski, ne ha fatto il biglietto da visita per eccellenza, uno strumento tanto efficace che ad oggi, nonostante la giovane età, lui può già vantare collaborazioni d’alto profilo con grandi produzioni hollywoodiane (TRON: LEGACY, il recente Oblivion). Qualsiasi viaggio inizia con un solo passo, il cosiddetto catalizzatore. E niente può esserlo, se non questo: la figura umana. In essa si realizza la metafora del corpo perfetto, o per dirlo nelle parole dei protagonisti di un famoso anime giapponese “L’umanità che amplifica l’energia della Spirale! Arca Spaziale, trassformaazionee…” Cerchio infinito della galassia, natura imprescindibile del nostro stesso DNA, tutto finalizzato ad una precisa manifestazione bio-architettonica, prettamente evolutiva: due gambe, un tronco, due braccia, una testa. Ognuno, giustamente, la interpreta a suo modo. Ad esempio l’uomo vitruviano, di leonardesca memoria, di arti ne aveva non 4, ma ben otto. Era nudo pure lui. La sua controparte internettiana, tutto considerato, pare perfettamente normale, consueta nell’aspetto. Finché non si muove. O guida la sua auto sgangherata.

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Di spiriti maligni e droni spiritosi

Tom Mabe

Il problema non è mai la morte in quanto semplice concetto, che come dicevano gli epicurei: “[…] non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è lei, e quando c’è lei non ci siamo più noi”. Per chi di astrazione sa come sopravvivere, prosperando, la paura di simili questioni è condizione del tutto superabile, superficiale. Ben più amletico, piuttosto, sarebbe liberarsi della Morte. Quella sinistra figura in bianco e nero, proprio lei/lui/esso, candido teschio, mantello cupo e rovinato, magrezza da top-model con sfoggio d’occasionale falce acuminata, ricurva spargisangue dal sicuro effetto spaventoso. Soggetto classico di leggende medievali, vetrate funebri e solenni miniature, la sua figura ci perseguita da lungo tempo, turpe mietitrice, a tratti spietata, altre misericordiosa, sempre catartica e liberatoria. Di questi tempi ci pensiamo raramente, ma lei si annida nei tombini di strade trafficate, a disposizione degli attraversatori disattenti; nelle foreste di parchi battuti da un forte temporale, sotto l’albero più alto, bersaglio di fulmini funesti; sorvola la città, invisibile per tutti, tranne quei pochi “fortunati”. E qualcun’altro. Come le vittime di questo scherzo di Halloween, messo a punto dal comico americano Tom Mabe, famoso per molte candid camera e burle telefoniche di vario tipo.
L’atmosfera, in questo caso, colpisce subito per l’originalità: non c’è una situazione strana, il solito buffio doppio senso, oppure una delle mille altre scuse usate dai goliardi più iconici del web. Soltanto un personaggio, IL personaggio, che… Si aggira, con musica inquietante, volando. Perché naturalmente la Morte non cammina, fluttua. Colei che all’epoca di Abramo era stato un angelo, tra i guerrieri celti un corvo e per gli aztechi vagabondava nel cielo notturno, mangiandosi le stelle, non ha mai perso le sue ali. Al massimo, gli ha affiancato delle pale d’elicottero (telecomandato) usate per aggirarsi, con più disinvoltura, tra macchine e palazzi. Vuoi mettere giungere da dietro, sopra un paio di malcapitati joggers, alitandogli metaforicamente sulla nuca? L’effetto è assicurato. Sia glorificato il drone, strumento di un simile sollazzo. Peccato solo che quel grido ricorrente, ciliegina terribile di questo allegro video, sembra sia stato aggiunto in post-produzione. O forse meno male: non si sa mai, cardio-permettendo, ci serviva pure quella vera…

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Saw: l’enigma residenziale del fantoccio

Billie

Basta un solo coinquilino per renderti la vita impossibile. Specie qualora sadico, biancastro e vagamente sovrannaturale. Negli Stati Uniti è d’uso lasciare quanto prima la casa in cui si è nati, onde realizzarsi come individui indipendenti, in egual misura, dalla crisi e dalle aspettative dei propri genitori. Non lo si fa per convivere col proprio amore, né per l’inoppugnabile necessità di spazi: è così, e basta. Incartate poche cose, fatto il pieno all’automobile scassona (vero fondamento, questo, del paese con più strade al mondo) si parte dalla spaziosa villetta dell’idealizzata generazione sul finir del ‘900. Oltre i confini dello spazio conosciuto, seguendo un mistico richiamo. Bruciato quell’ingombrante ponte, si percorre quindi un’interstatale a caso, verso la svettante skyline di qualche grigio agglomerato, tipo New York, Chicago, Seattle o San Francisco. E non è certo facile, questo passaggio dalla verdeggiante suburbia generatrice ai micro-appartamenti da decimo piano, soprattutto se si considera cosa voglia dire trasferirsi fuori sede, così, subito dopo il completamento degli studi. Percorrere l’ardua via del ragazzino squattrinato, senza bistecche sulla tavola o particolari prospettive, richiede una certa misura di coraggio. Flipping burgers, eating [mostly] ramen, i modi per vivacchiar si trovano, d’accordo, però resta l’ingombrante problema dell’affitto. E a quel punto, secondo quanto previsto da copione, si cerca l’anima gemella[ta] un qualcuno, o qualcuna, con cui condividere gli aspri ostacoli verso il raggiungimento dell’autosufficienza. Un qualcosa? Su tale ricerca dell’ideale convivente, la cultura statunitense ha speso migliaia di parole, centinaia di chilometri in pellicola e rotoli di carta (igienica) fra sit-com, cinema e fumetti. Storie tragiche, drammi balzani, tragicommedie del quotidiano dal retrogusto sempre un po’ amaro, perché, purtroppo, anche troppo vere. Però a nessuno, di tutti questi avventurieri della prematura emancipazione, è mai andata male come a Gary (Chris Capel, comedian di YouTube); perché lui, dannato il fato, ha finito per trovarsi in casa l’arcinoto Billy, professione: bambolotto del brivido, attore rinomato. Con tanta voglia di “giocare”.

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L’ufficio con impianto di raffreddamento siberiano

Bovanenkovo

La mia casa via da casa, luogo d’impegno, dedizione e qualche volta svago. Dentro l’azienda c’è un luogo solo, che ognuno possa fortemente definire “suo” fin dalle ore mattutine, in pausa pranzo ed oltre, verso gli oscuri vespri dell’irrinunciabile straordinario. Il santuario dell’impiegato. L’edificio della computazione: questa grande, solenne Scrivania. Subissati dagli impegni, con documenti, grafici, progetti e studi commerciali da redigere in Excel, può capitare di erigersi attorno metaforiche pareti, strumenti per l’isolamento da tutto ciò che possa causare distrazione. Sparisce il collega rompiscatole; diventa inaudibile lo squillo del telefonino; il chiasso del traffico, l’insistente canto del passero solitario, l’accanirsi delle precipitazioni atmosferiche…Resta solo Lei. Su quelle quattro zampe, che sorreggono l’abbagliante monitor, si costruisce una fortezza inespugnabile, ridimensionata con qualche tocco personale: la piantina grassa, oppure il pupazzetto, la foto di famiglia e il calendario coi personaggi dei fumetti preferiti. Finché un giorno! Niente dura per sempre, nell’epoca del contratto flessibile moderno. Tutti siamo sacrificabili, non essenziali. Soffia ruggente, inesplicabile, un vento terribile di cambiamento. E soffia pure in Siberia, però letteralmente.
Questo luogo ameno, non tanto dissimile (nell’apparenza) dai nostri stabili amministrativi, si trova in realtà nella freddissima penisola di Yamal, in Russia settentrionale. Fa parte del complesso minerario della Gazprom di Bovanenkovo, costruito sopra un tesoro di gas naturale da 4,9 trilioni di metri cubici, responsabile, da solo, di circa un sesto della produzione del paese. In linea di principio, si tratterebbe di un ambiente tanto remoto, difficile e inclemente, che susciterebbe nell’immaginario l’immagine d’uomini d’acciaio, vichinghi del posto di lavoro, tanto diversi da noi quanto lontani dalla generica società del mondo urbano. Induriti dalla vita. Ed eccoli per l’appunto lì, uno accanto all’altro, con golf a quadretti, impermeabile e giacca del completo, intenti a ridere a crepapelle, godendosi la più imprevista pausa della giornata. Di fronte a loro, il disastro più totale.

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