La gente scruta spesso verso quel canale di YouTube, finestra verso un particolare tipo di follia, ricorsiva, senza fine, di una catartica ingiustizia visuale. Sperando, non senza un certo grado d’incertezza, proprio in cose come questa. Quando l’animatore inglese Cyriak, navigato surrealista, incontra una delle metafore scientifiche più note, astruse e illogiche dell’intera storia umana, non può che nascerne un’allucinogena visione da quasi-fine del mondo, di fronte agli occhi attoniti del pubblico del web, ancora oggi solo parzialmente abituato, dopo tanti anni di avventure straordinarie. Esserci per ricordare, questo è ciò che conta. Dalla sicurezza di casa propria. Eccolo qui, il nuovo frattale di un poema… E ancora in corso di scrittura, tra l’altro. Dunque salga subito quel rigido sipario, entrino gli scimpanzé. Al ritmo sincopato di una musica elettronica, l’esercito scimmiesco batte sopra i tasti d’infinite macchine da scrivere, senza posa e senza scopo. Un orrido orco robot, dal volto d’insensibile metallo, riceve il suo tributo in balbuzie grafiche senza copione, in attesa della fulgida rivelazione: “Non essere, oppure non esserci, qual’era la domanda?” Lettera 42, mille miliardi di volte per conoscere l’inutile risposta. ERROR! Dannati pelosi scribacchini, stiamo finendo le banane. Qualcuno si ricorda quale fosse la domanda?
È tutta una questione di remotissima casualità, applicata alla letteratura. Fu, dicono, Aristotele, quell’accademico sapiente (III sec. a.C.) ad elaborare il prototipo di questa scena, qui dimostrata grazie ai delìri un PC moderno. Si stava giusto pronunciando, sotto i portici gremiti della munifica agorà d’Atene, a sostegno delle teorie di un suo insigne predecessore: “Leucippo di Abdera, l’atomista? Aveva il suo filosofico perché. Come questo vasto mondo, anche Tragedia e Commedia si compongono della stessa materia reciproca e invariata.” Reggendosi il mantello, alzò allora un dito didascalico. Gli studenti tacquero rapiti: “Le lettere, caratteri tracciati sulla carta, sono come la struttura delle cose. Cambia l’ordine, variano gli eventi. Tuttavia, Alfa resta Alfa, e così l’Omega. Prese da sole, sono prive di un significato.” Era, già in quell’epoca, un’evidenza chiara, che il caso governasse il corso degli eventi. Che minuscole particelle, viaggiando in mezzo al vuoto, si scontrassero tra loro, senza il suono di un sussurro, restando appiccicate per formare stelle, rocce, piante, animali e poi persone. Più le cose scorrono, più restano le stesse, questo era l’ideale di una tale Scuola. Trecento anni dopo o giù di lì, il celeberrimo romano Cicerone, non senza spirito polemico, decise di confutare quell’idea: “Tengo in mano un grosso sacco nero. Dentro ci sono una miriade di copie delle 21 lettere dell’alfabeto dei latini. Se io le getto tutte a terra, mai e poi mai potrebbe comparire neanche UN SOLO VERSO degli Annali di Ennio. La casualità, mia cara SPQR, non può produrre il bello.” Scese allora dal suo aureo palco, soddisfatto, verso centomila sgradevoli lezioni di latino. Lui non lo sapeva ancora, che le scimmie discendono dall’uomo. E viceversa, all’incontrario.
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Un cilindro verdeggiante nello spazio
Per centinaia o migliaia di anni, sperduti nello spazio, fra mura impenetrabili e sospinti da un reattore poderoso, gli esseri umani sopravviveranno in mezzo al vuoto. Non sarà facile, ma necessario. Perché i tempi dell’esplorazione interstellare, secondo le acclarate leggi della fisica, sono destinate ad andare ben oltre l’immaginazione. Basta puntare in giro un telescopio! Le stelle con pianeti degni di ricevere attenzioni umane, potenziali ambienti abitabili o abitati, sono lontane, praticamente irraggiungibili. Mille miliardi e centomila parsec di aridi deserti, distanze oscure e tempestose. Un oceano senza isole ma buchi neri, un tremendo labirinto privo d’uscite… Servirebbe l’ausilio di una soluzione letteraria, in pieno stile deus-ex-machina. L’iperspazio, i wormholes, la criogenica o la trascendenza delle menti? Tutto può essere, in futuro. Ma tali soluzioni, nonostante l’entusiasmo visionario dei filosofi narranti, non sono poi così probabili; ebbene, molto diverso sarebbe un approccio come questo. E non è un caso: Chaîne de ebruneton, che l’ha raffigurato al computer con il software 3Delight, si è basato (liberamente) sui lavori di uno scrittore fantascientifico che risultava essere, fra tutti, forse il più concreto. Già saprete di chi stiamo parlando. Arthur C.Clarke, l’autore del secondo più famoso romanzo di fantasia da cui sia stato tratto un film, Odissea nello spazio (1968) nonché di quello più bello, ingiustamente mai finito sopra il grande schermo: Incontro con Rama (1972). C’era uno spirito d’avventura, un senso di scoperta, in tali semplici storie, che oltrepassava i limiti remoti della mente.
Immaginatevi la situazione: nel 2130, i radar installati sul pianeta Marte – giusto 500 giorni di distanza, che vuoi che sia? – rilevano un’oggetto gigantesco e velocissimo, con una rotta che lo porterà a sfiorare il nostro Sole. Tutto il mondo guarda verso l’alto, trepidante, mentre con il passar dei giorni si scopre l’impossibile. Che non si trattava di un comune asteroide, ma di un’enorme struttura artificiale, dalla forma cilindrica e curiosamente regolare. Forse abitata da qualcuno. O qualcosa…
Cavalieri russi contro un maligno Super Mario
C’era una volta l’ideale cavalleresco, fatto d’integrità morale e un profondo senso dell’onore. Semplice, diretto e impossibile da sovvertire, come i racconti dei menestrelli viaggiatori, fondamento romantico dei nostri attuali generi narrativi. Famosi guerrieri, fanciulle in pericolo e draghi sputafuoco; ciascuno essenziale agli altri due, in un triumvirato concettuale strettamente interconnesso, destinato ben presto a dissolversi per le strade tortuose del tempo. Prima ancora dell’informale guerriglia di Robin Hood, delle follie visionarie di Don Chisciotte, senza il fecondo immaginario Tolkieniano, l’ironia di Calvino oppure le rigide meccaniche di Dungeons & Dragons; soprattutto ben lontano dai cupi intrecci narrativi del Trono di Spade, c’erano tre eroi: Il’ja Muromec, Dobrynja Nikitič e Alëša Popovič, rispettivamente: il fedele, il forte, lo scaltro. Secondo la tradizione dei popoli slavi orientali, i tre venivano detti bogatyr, un termine dall’etimologia complessa, che si potrebbe ricondurre alle gerarchie delle orde dei tatari invasori. Eccoli in un cartoon russo, spin-off più smaliziato di una recente serie TV per bambini, mentre vanno in cerca di fanciulle in pericolo attraverso i paesi e le ambientazioni dell’immaginario collettivo post-moderno. Invitati sul fondo di un pozzo da un baffuto idraulico italiano, finiranno in un mondo a loro ignoto, dalle regole illogiche e sconsiderate. Per andare a caccia di un drago sputafuoco si, ma diverso. E il nostro amico Bowser, il diplodoco aculeato che governa l’esercito dei Koopa, riserverà loro almeno un paio di sorprese. Perché alla fine non sarà lui, stranamente, il cattivo della storia.
La “risposta fondamentale” di un quadrato magico di carte
Come ci è stato gentilmente ricordato da Google, quest’oggi Douglas Adams avrebbe compiuto 61 anni. Uno degli autori della fantascienza più amati e conosciuti al di fuori dei circoli degli appassionati di genere, in grado di creare un intero universo di personaggi memorabili e situazioni al limite dell’immaginazione umana. Forse l’unico, e certamente il migliore, ad aver saputo coniugare la verve ironica dell’inconfondibile humour inglese con il senso di meraviglia delle Space Opera, da lui reinterpretate come una versione assurdista e surreale del racconto picaresco, senza più alcuna limitazione di contesto e, soprattutto, senza tempo. Come dovrebbe essere, insomma, ogni grande classico letterario. A commemorare l’evento ci pensa, oltre al divertente doodle interattivo dell’azienda internettiana per eccellenza, anche l’abile prestigiatore ed esperto di gadget Richard Wiseman, creatore dell’affascinante canale di YouTube Quirkology. In questo video lo ritroviamo alle prese con un gioco dall’esito suggestivo e stranamente pertinente: l’obiettivo era disporre il suo speciale mazzo di carte in modo tale che, comunque le si osservassero e si procedesse a sommarle, il numero risultante sarebbe stato quello scelto “a caso” dal suo aiutante. La Risposta neanche a dirlo, finirà per essere 42.