La cornacchia ladra di padelle

Corvo con padella

Gli uccelli non cucinano sopra i fornelli. A quanto ne sappiamo. Però alcuni di loro amano, sopra ogni cosa, gli oggetti scintillanti. Farebbero di tutto, per portarli via con se! Persino infastidire persone molto più grandi e forti di loro. Guardare per credere: spinta dalla cupidigia, questa dispettosa cornacchia grigia ha appreso come scassinare le comuni calzature umane. Il modo per piegare le ginocchia, di noi sovrani senza piume. Questo video pone alcuni significativi quesiti. Prima di tutto, dove se ne andava questo distinto signore russo, con una buffa padellina da viaggio in mezzo al parco? E poi perché portava scarpe a forma di pantofola, con il retro rasoterra e i lacci senza doppio nodo? Come poteva trascurare il pericolo d’incappare nel bandito grigio-e-nero…
Sul sottofondo d’insistenti risa femminili, alquanto contagiose, possiamo dunque assistere a questa scena veramente strana. L’uccello ballonzolante, un esponente della specie corvus cornix, diffuso anche negli agglomerati urbani della bella Italia, era lì, in agguato. Il suo becco nero ardeva di un particolare piano malandrino. Forse un po’ traviati dalla celebre epopea hitchcockiana, tendiamo ad associare i volatili tra loro, come fossero una forza indivisibile e coesa; ma la realtà è che anche chi vola può rientrare in differenti specializzazioni. I rapaci sono rapidi, determinati cacciatori. I piccioni, scaltri opportunisti che ramazzano gli avanzi. Mentre tutti quei sinistri corvidae, dalla gazza alla ghiandaia, dalla cornacchia al nero corvo, sfruttano per sopravvivere l’intelligenza. Se dovessero ribellarsi, probabilmente, neanche lo sapremmo. Tramando all’ombra delle querce, dietro ai massi e sopra i muschi, questi bipedi artigliati troverebbero la maniera per sorprenderci al tramonto. Anzi, per quanto ne sappiamo, la rivolta già si sta svolgendo! I tamburi da guerra saranno le dozzine di padelle, sottratte dalle mani del nemico stesso: l’uomo.
Ora, in realtà alla base della situazione qui mostrata non c’è alcunché di sovrannaturale. È un fatto noto, nonché largamente documentato, che i corvidi sappiano seguire l’iter causa-effetto che governa i movimenti e i gesti delle cose. Imparando grazie all’esperienza, risolvono problemi complessi, che poi ricordano a distanza di parecchio tempo. In un precedente post di questo blog, ne avevamo visto uno alle prese con custodie impenetrabili, cordicelle e bastoncini: si trattava di un esperimento concepito per dimostrare che non soltanto i soliti primati, oranghi e similari, usano gli attrezzi, all’occorrenza. Ci sono uccelli furbi quasi quanto noi (o quasi!) Che per avere ciò che vogliono, costruiscono, compongono, ingegnerizzano. Per questi piumati, l’assenza di mani non un problema serio. Uccelli, gente piena di risorse. Non come quei gonzi dei delfini. 

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Un ragno rotolante, il suo robot

Rechenbergi

Sandali e calzoni corti. Quest’uomo dall’eccentrico cappello di paglia, sperduto in mezzo alle dune del Sahara, è l’esperto di bionica Dr. Ingo Rechenberg, professore della Technical University di Berlino. Costruire sistemi meccanici ispirati alle soluzioni naturali dell’evoluzione, metterli alla prova: non sono imprese adatte a chi si muove in camice tra impeccabili laboratori, tenendo il blocco per gli appunti saldamente stretto tra le mani. Occorre vivere nel mondo più selvatico e inurbano, sporcarsi della sabbia che, senza controllo, vortica nel vento. Sono oltre 60 anni che i paesi dell’Africa nord-orientale, in particolare le regioni aride del Marocco, ricevono le visite sperimentali di questo scienziato multicanale, conoscitore altrettanto preparato della tecnica applicata e della teoria della natura, il puro darwinismo delle forme. L’entusiasmo bambinesco nello sguardo attento, mentre lancia la sua ultima invenzione, nonché la genialità dei gesti, nascondono una buona parte dei suoi venerabili 80 anni di età.
Lo troviamo, costui, sulla cima di una duna. L’immobilità apparente di simili regioni spoglie di vegetazione, dove piove molto raramente, è un illusione attentamente costruita. Il deserto, come adesso ben sappiamo, brulica di vita. Scorpioni e lucertole, serpenti e scarabei, nascosti tra le sabbie senza fine, attenti a non costituire il pasto dei nemici sempre molto attenti. Ciò che resta, sono gli imprudenti, oppure i troppo orgogliosi: lo stercorario, Sisifo della pietruzza puzzolente, sospingeva ogni mattina il sole degli egizi, risorgendo all’occorrenza dal suo nucleo di escrementi arrotondati. Cose tonde, queste qui: piccoli tesori circolari che ricordano il Tabbot, chiassoso essere robotizzato, che in questo frangente anima la duna del visitatore umano. Spostandosi rapidamente con tre zampe articolate, simili a quelle del trinacria siciliano, l’arnese brilla col suo corpo arancio e trasparente. Non è telecomandato né dotato di particolari meccanismi, come un drone; dovrebbe costituire, piuttosto, il proof of concept di artifici futuri, che potrebbero dimostrarsi utili nel campo dell’agricoltura o dell’esplorazione spaziale. Del resto, si sa: lo spettro di Marte, con i suoi deserti interminabili, aleggia sulla maggior parte dei sistemi artificiali di locomozione. Certo, immaginarsi l’astronauta del futuro, dentro ad una tale ruota, che discende sobbalzando da un vulcano a scudo pluri-chilometrico, lascia alquanto perplessi. Possibile che un organismo possa sopravvivere a tali sollecitazioni? Ebbene… Il Dr. Prof. Rechenberg pensa di si. In effetti, lui ha tratto questa idea da un vero essere vivente, nostro zamputo compagno sulle strade evolutive della Terra. Un ragno che rotola frenetico. Solo quando si spaventa, però!

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Se fai la doccia col tricosuro volpino

Tricosuro Volpino

Una palla di pelo fra le candide piastrelle non è mai una buona cosa. Se dovesse scivolare giù nel buco dello scarico, sarebbe una sventura. Senza neanche aver considerato, a priori, l’elefante nella stanza: come mai può esserci arrivata? La lanugine non riesce a camminare. Sarà forse, dunque stata…Rigurgitata dal felino casalingo, dall’amalgama dei fili del tappeto. Oppure è nata in mezzo ai denti della spazzola, del pettine dimenticato, poi sfuggita dallo sguardo dei suoi precedenti proprietari? Che orribile malessere! Un capello nel bidet. Ma tutto questo non è nulla, in confronto a ciò che è capitato a Stephen Paice, l’australiano detto spaicecowboi. Tra i più grandi temi del presente internettiano, c’è questo concetto di ritorno alla natura. Abituati a vivere fra le alte mura dei palazzi, la campagna la vediamo soprattutto da lontano. Il viaggio, l’avventura, al giorno d’oggi è soprattutto un’esperienza culturale. Ci si muove per conoscere, piuttosto che sperimentare l’imprevisto. Tranne quando ti ritrovi nel campeggio. Se fermi la tua auto nel parcheggio di una zona libera, incontaminata, lo fai con l’intenzione di relazionarti apertamente. Condividere gli spazi e le risorse: chi non ha presente, in questi casi, la tipica esperienza di svegliarsi la mattina, mettersi l’accappatoio e andare fino ai bagni del resort, gli occhi ancora semichiusi dalla sonnolenza. Per vedere tra le palpebre pesanti, cose come: OCCUPATO, NON ENTRARE, PREGO ATTENDERE. Pazienza, questi sono gli accidenti dell’imponderabile. Si può far la fila per gli umani. Qualche volta per i marsupiali.
Trichosurus vulpecula, l’opossum australiano dalla coda a spazzola, era lì tranquillo. Il fatto è alquanto semplice, in effetti. Per animali come questi, che si arrampicano spesso sopra gli alberi, la doccia con il serbatoio a sacco è come un sogno; l’amaca della loro beatitudine. I tricosuri non crescono soltanto nella tasca della madre. Dai cinque mesi di età, questo vuole consuetudine, vengono lasciati soli nella tana. Idealmente, si tratterebbe di un cavo degli alberi, dove l’unico cucciolo resta in attesa delle proprie foglie di eucalipto quotidiane, trasportati dall’affabile genitrice. Ora, va da se che nonostante le unghie aguzze, queste bestie non riescono a bucare la corteccia. Non sono uccelli picchiatori, ma inquilini opportunisti. Dove trovano lo spazio, vanno. La competizione con i propri simili per un’appartamento in centro può naturalmente essere…Feroce.

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La tartaruga di cuoio vestuta

Softshell Turtle

Le tartarughe della famiglia dei trionichidi, diffuse in Africa, America e Asia, hanno il muso lungo simile a quello di un formichiere, le zampe palmate ed un guscio morbido e vagamente carnoso, che potrebbe richiamare alla mente la fodera di un paio di stivali da equitazione. Vivono in acqua. Accarezzare quel carapace flessibile, privo di scaglie o di squame, è un’esperienza difficile da descrivere. Bisogna provarla.
In questo video registrato presso il fiume Nahal Alexander, lo youtuber jimbo Bagginsz (fan di Tokliensz?) Ben ci dimostra i meriti di simili anfibi sbalorditivi, tra i più grandi rettili d’acqua dolce di questo pianeta. Tutto comincia nella valle di Hefer, in Israele. Sotto le rovine di Hurvat Samra, antica stazione di scambio, c’è un vasto bacino idrico. Qui passavano i popoli verso la porta d’Oriente, nel mondo antico e poi ancora dopo, sfuggendo all’assillo dell’odio razziale. E un tale luogo, prossimo alle tiepide acque del Mediterraneo, piacevole e temperato, costituì da sempre, di pari passo, l’habitat ideale per molti animali: qui confluiscono i corsi del Nablus, del Te’enim, dell’ Ometz, del Bahan e dell’Avihail, fiumi popolati di nutrie, pesci gatto, tilapia, gatti di palude e numerose specie di uccelli migratori. Una vera babele di versi e di lingue biforcute. Ma chi dovesse arrivare, turista in viaggio, per nutrire le anatre, potrebbe restare sorpreso.
Così è successo in quel caso, probabilmente, al nostro protagonista: gettando le briciole in acqua, con al seguito una ghiotta zucchina, costui si è trovato il soggetto di altre attenzioni, ben più ingombranti della media – fino a 100 cm di lunghezza, tanto per dire. La verde testa maculata, le unghie tozze ed il dorso bizzarro, non c’è alcun dubbio! Sulla roccia assolata strisciavano alcune trionyx triunguis, le giganti dal guscio molle, tra le ultime rappresentanti della propria specie, un tempo diffusa dal Nilo fino in Turchia ed oggi presente soltanto in alcune regioni dell’Africa e del Medio Oriente. La loro strategia evolutiva è davvero interessante. 

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