Furtiva drago-mantide della foresta; sembra un ramo, con la testa

Il Perfetto Predatore della Malesia si fermò ancora un momento, al fine di eseguire le oscillazioni di rito. Prima da una parte, assecondando il vento. Quindi quella opposta, come l’albero che tende a ripristinare la sua forma, non importa quante volte potesse venire costretto ad inchinarsi dalle Potenze degli elementi. Sotto di se, l’essere flessuoso scrutò attentamente il grande vuoto azzurro attraversato dai candidi quartieri nebulosi. Spazi affini alla foschia del mattino, che egli ben sapeva essere connessi alla pioggia. Sopra di se, la scura volta di una cattedrale verde, l’illimitato regno produttore inesauribile di sostentamento. Giungendo le sue zampe raptatorie in senso perpendicolare al suolo/soffitto, il Predatore iniziò quindi a dire la sua preghiera: “Grazie sorella mosca, che ronzando vieni catturata a metà del volo. Grazie fratello grillo, il cui balzo non è rapido abbastanza, né sufficientemente silenzioso. E che la Madre Verde possa sempre accompagnare i volteggi della farfalla. Fino alle fauci spalancate con il compito, prezioso, di mandarla ad incontrare i propri simili in Paradiso.” C’erano, naturalmente, molti vantaggi nel percorrere le strade della vita in posizione capovolta. A partire dalla minore visibilità a quegli angeli pennuti, gli uccelli. Che comunque non avrebbero mai osato innalzare i vessilli del conflitto, nei confronti di qualcuno, o qualcosa che poteva facilmente passare per uno spreco di preziose risorse ed energia mentale. Nient’altro che… Un ramo? Ricoperto di una serie di piccole foglie verdi? Con due occhi sferoidali nel triangolo con le sue fauci, il segno non troppo visibile di un puro intento di condanna. Per ogni cosa che vola, cammina o striscia fin dentro i limiti del suo (vastissimo) campo visivo.
Ci sono oltre 2400 specie di mantidi “religiose” al mondo divise in 460 generi, ciascuna l’espressione di fenotipi perfettamente calibrati sulla base del proprio effettivo territorio di caccia. Ma forse un tale termine persecutorio non può esprimere accuratamente la loro collaudata strategia di sopravvivenza, concepita sulla base del restare immobili per lunghi periodi di tempo, con rapidi gesti raptatori nel momento in cui vittime sventurate finiscono per aggirarsi oltre i confini della propria sicurezza individuale. Così come avviene svariate volte al giorno (strano a dirsi) per questa notevole esponente della specie Toxodera beieri, intenta a percorrere in posizione invertita le strade della propria esistenza priva di momenti d’effettivo riposo. Questo perché una simile creatura, dalla lunghezza complessiva capace di aggirarsi tra i 16-17 cm, non deve mai effettivamente smettere di nutrirsi, per quanto rilassato ed efficiente possa essere il suo metabolismo. Missione certamente non difficile, visti gli strumenti eccezionali di cui la natura sembrerebbe aver deciso di fargli omaggio…

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Lucertole spavalde: la grande bocca dell’agamide dal sinistro sorriso

Tra le aride sabbie dei deserti afghani, iraniani, turkmeni, tajiki, kirghizi ed uzbeki, un piccolo tiranno domina superbo il proprio territorio, largamente inconsapevole di misurare appena 20-24 cm di lunghezza. Che non è poco in termini generali, ma neppure abbastanza per poter agevolmente sopravvivere all’assalto di serpenti, grossi roditori, rapaci e gli altri rari, ma agguerriti predatori dell’entroterra più estremo d’Oriente. Luogo dalle condizioni ecologiche e ambientali alquanto estreme, così da incoraggiare la continuazione di fenotipi altrettanto distintivi e privi di effettivi termini di riferimento. Esistono, del resto, almeno 33 specie di creature appartenenti al genere Phrynocephalus, carnivore e insettivore abitanti pertinenti alla famiglia degli agamidi, capaci di occupare nicchie ecologiche del tutto simili a quelle delle loro cugine dei continenti d’Africa ed Australia. Ma nessuna può vantare, in assoluto, un aspetto simile a questo: la P. mystaceus; lucertola “segreta” dalla testa di rospo, con zampe lunghe e coda attorcigliata, le cui strategie d’autodifesa e confronto tra maschi includono un tipo di trasformazione che non sfigurerebbe tra i draghi fantastici o antichi dinosauri del mondo perduto. Mentre la bocca si spalanca, i piccoli e aguzzi denti bene in mostra, le guance aperte a soffietto nella ragionevole approssimazione di un fiore: rosso, seghettato, impressionante. L’effetto non è poi così dissimile da quello della lucertola dal collare, che estendendo l’ornamento membranoso da cui prende il nome tenta di sembrare maggiormente imponente. Laddove il ben più piccolo agamide, piuttosto pare ricercare una dimostrazione aposematica di terrore latente. La trasformazione in essere mordace, non del tutto privo di capacità di arrecare danno al nemico ed accompagnata dal sollevamento della coda spiraleggiante, in un modo che ricorda in senso pratico il gesto aggressivo di uno scorpione. O spaventare i propri simili, vista la natura inerentemente territoriale dei maschi appartenenti a questa specie, notoriamente inadatti a condividere spazi ristretti all’interno dei terrari dove qualche volta gli capita (ahimé) di trascorrere la propria intera esistenza. Un destino spesso motivato tramite la cattura in ambiente naturale di ciascun singolo esemplare, vista la loro poca propensione a riprodursi in cattività. E l’ulteriore approccio di cui dispongono, al fine di sfuggire dallo sguardo di occhi e mani particolarmente indiscrete. Una metodologia impiegata per proteggere se stessi, che potremmo definire l’invincibile ed imprescindibile strategia di Shai Hulud…

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L’onirica chimera che potrebbe aprire un importante capitolo della conservazione indonesiana

“Eccezionale scoperta: rintracciato in mezzo alla foresta il misterioso TI-GEL-BOAT” fu l’entusiastico annuncio di Antara, l’agenzia per le notizie del Borneo, riferendosi a una straordinaria ed impossibile creatura che nel 1975 fu tenuta brevemente presso una prigione a Tengarong, in attesa che scienziati ed accademici venissero a studiarne le caratteristiche del tutto prive di precedenti. Opportunità più unica che rara, in effetti, destinata ad essere rimandata una, due, un numero infinito di volte, finché l’animale in questione, forse per il declino della sua salute, o più ottimisticamente per un gesto altruista dei suoi carcerieri, scomparisse totalmente dai radar. Un disinteresse motivato, paradossalmente, proprio dalle “troppo” straordinarie caratteristiche menzionate nell’articolo di riferimento; in cui la strana denominazione si concretizzava in qualità di commistione anglofona di varie e disparate specie animali. Volendo indicare che l’ibrido si presentasse nella seguente maniera: “Corpo di una TIGRE, collo di un LEONE, proboscide d’ELEFANTE, orecchie di MUCCA, zampe di CAPRA, piedi da POLLO ed una barba, di nuovo, da CAPRA.” Alchimie al di fuori della ragionevole portata dell’evoluzione, a ben vedere, ma di certo non della potente immaginazione umana. Ancorché fosse possibile pensare tale descrizione come un punto d’incontro tra le due, riferito ad un qualcosa di molto più plausibile di quanto si potrebbe essere inclini ad immaginare. Tradotto in termini meno comparativi, apparirà dunque possibile che siamo qui a parlare di un quadrupede dotato di una livrea striata, zampe lunghe ma non troppo massicce, artigli o zoccoli con dita separate, orecchie tonde ed erette. Qualcosa di assolutamente conforme ad un possibile cucciolo di tapiro della Malesia (T. indicus) l’unico rappresentante vivente di tale genere nei territorio dell’intera Eurasia, con l’aggiunta di un paio di tratti non conformi: la criniera e la barba sotto il muso. Il che non sarebbe stato neanche tanto insolito da concepire, visto che stiamo parlando di una popolazione territoriale la cui contestualizzazione cronologica più recente trova collocazione maggiormente probabile attorno ai 4.000-5.000 anni dall’Era odierna. Il che avrebbe fatto di un ipotetico Tigelboat ancora vivo sottoposto a studi scientifici approfonditi, una delle scoperte scientifiche del secolo nel campo della criptozoologia. Ma il destino, talvolta, può essere crudele…

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Pensieri senza fondamento: credevi che l’insetto con la forbice non sapesse volare?

Bersaglio delle iperboli più surreali, il dermattero è l’abitatore esapode che in Italia viene definito forbicina, per il possesso dei cerci, le tenaglie a uncino situate in corrispondenza del suo affusolato posteriore. Avvistamento non così infrequente negli ambienti domestici, ove tende a rifugiarsi nei pertugi angusti e umidi o nel mezzo della polvere nascosta, le sue molte specie sono state al centro di racconti o narrazioni folkloristiche generalmente minacciose, tra cui l’ipotesi secondo cui sarebbe in grado d’infliggere punture dolorose, o addirittura andare in cerca dell’orecchio umano per intrufolarvisi, inducendo alla follia col battito dei propri piedi sul padiglione oculare. Prima di scavare, attraverso la carne e l’osso, un tunnel fino al morbido cervello, ove procedere a deporre le proprie uova! Orribile, terrificante non-verità! L’entomologia non è d’altronde un tipo di ambito disciplinare particolarmente affine alla sapienza del quotidiano, così da dare ambito a un certo numero di luoghi comuni al netto della logica facente parte del senso comune. Il tipo di elucubrazioni in base a cui, guardando una creatura oblunga e vermiforme, che deambula rapidamente in cerca di un ombroso nascondiglio, giammai si penserebbe che potesse accedere alle gioie del… Decollo. Una mosca ronza e infastidisce le persone vagheggiando attorno. Una zanzara ama librarsi andando in cerca del suo pasto, come un missile a ricerca di calore indifferente ai pensieri del mondo. Mentre il dermattero si libra raramente, ma se decide di farlo, potete essere certi che ci sia una valida e condivisibile ragione. Non è ad esempio ignoto l’aneddoto, effettivamente documentato dalla scienza, di persone risvegliate dal rumore di dozzine o addirittura centinaia di questi insetti, che dal soffitto si lasciano cadere a terra come reazione a un improvviso rumore. Uno sciame da ogni punto di vista rilevante, come quello di api o formiche, motivato dalla sovrappopolazione e la percepita assenza di cibo. Non eusociale per nascita, la forbicina è d’altra parte totalmente priva di indole territoriale, e per sua natura socievole coi propri simili, giungendo a formare legami che vanno ben oltre quelli tra fratelli e sorelle provenienti dallo stesso nido. E trasportano con se nei nuovi territori, mentre decidono grazie all’istinto il modo più efficace per dividersi le fonti di cibo…

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