Quanti cavalli di potenza ha una lattina?

Stirling Can

Le alte ciminiere delle fabbriche di Londra, un ricordo ormai lontano, sorsero nel giro di appena due generazioni. Da quelle alte strutture sgorgò presto il fumo nero dell’inquinamento, ovvero scorie derivanti dalla combustione del carbone, la polvere nerastra che anneriva i sentimenti ed i polmoni. Eppure nel contempo, nelle occulte, incomprensibili fornaci, prendeva forma il nocciolo della questione. La preziosa gemma del progresso, dalle molte e assai proficue derivazioni, che venivano applicate di volta in volta a produzioni differenti: tessuti, metallo lavorato, sostanze chimiche, cemento. Persino gli alimenti, nonostante i presupposti. Più il cielo andava perdendo la sua naturale lucentezza, maggiormente dilagava il metodo di trar profitto dalle cose. Mentre l’umanità scopriva, in fin dei conti, cosa volesse dire veramente, imbrigliare la natura ai suoi bisogni. L’energia non è di per se buona ne cattiva, ma segue un sentiero che trova composizione da questi due estremi, li rimescola e ne trae un lavoro. Che in quanto tale, non può non comportare un sacrificio. L’energia può tuttavia essere, se prodotta dalle cose di poco valore, divertente. Il che significa finalizzata all’assoluto nulla, procurata sulla base di una metodologia che non sarà efficiente. Né pratica. Né scalabile. Né ragionevolmente opportuna. Ma può far girare il fondo di un barattolo di vernice, opportunamente installato su di un mozzo rotativo, al ritmo notevole di 860 rpm! Con un suono di stantuffo reiterato, rilassante e regolare, tale da rivaleggiare il canto di un astruso pappagallo d’alluminio. Ci sono modi peggiori, ritengo, di passare la giornata…
Tutto trovò inizio assai probabilmente in piena estate, quando il consumo di bibite analcoliche (checché ne dicano Babbo Natale e gli orsi) tende a ritrovarsi estremamente incrementato. Così entrano preponderanti nelle nostre case tutti quei brillanti recipienti, tratti da un sottile strato di alluminio ribattuto in forma di cilindro. Con il suo contenuto di Pep! Co/Co! Spr…Ed altrettanti famosi nomi, ciascuno il frutto egualmente complesso di un processo di lavorazione che trovò la sua origine nel 1767, quando Joseph Priestley, ecclesiastico, filosofo e scienziato dello Yorkshire, scoprì il segreto per dissolvere l’anidride carbonica nelle sostanze dissetanti, creando così la prima acqua frizzante della storia. Proprio così: anche per quella, dobbiamo ringraziare gli Industriali. Del resto, già diceva il quell’insigne predecessore, Isaac Newton: “Nessuna forza può cessare di esistere, senza lasciare traccia. Tutte quante devono riuscire a trasformarsi!” (Uno dei fondamenti della termodinamica, aha!) Resta dunque indubbio, che nel contenuto della bibita, tutto quello zucchero, e/o sciroppo e gli altri contenuti cristallini, finiscano per essere diffusi con il sangue, irrorando ogni membrana cellulare che gli capiti dinnanzi. Le calorie, in parole povere, si notano nell’incremento di peso di chi espleta un consumo reiterato del sovrano succo con le bollicine. Ma che dire dell’ingegno costruttivo e l’inventiva, che attraverso i secoli, ci ha permesso di creare una filiera tanto pratica, da permetterci di prendere quell’alluminio dopo l’uso… E poi gettarlo, come niente fosse, nella spazzatura?! L’industria, in quanto tale, si basa su un rapporto delicato tra le forze in gioco. Pur non essendo, essa stessa, una Forza soggetta a leggi chiaramente definite. A meno che tra noi e il cestino, all’improvviso, non si frapponga il naturale desiderio d’inventare, ma purtroppo… Ehi, aspetta un attimo! Lo senti? Questo è il suono del premiato “Congegno per indurre un moto rotativo in un volano tramite l’impiego di una fiamma viva” già costruito in innumerevoli forme, negli anni più recenti, grazie all’applicazione di un metodo immediato, quanto estremamente funzionale. La versione qui orgogliosamente dimostrata, in particolare, è il frutto del lavoro dell’utente Approtechie, che dopo averlo caricato come “suo primo video di YouTube” ne ha ottenuto oltre un milione di visualizzazioni del profilo. Ma ce ne sono molti, molti altri…

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Uomo volante visita la Statua della Libertà

JD-9 Jetpack

Passare sotto lo sguardo vigile di questa figura in bronzo alta 46 metri…. Che non potrà mai essere soltanto 27 tonnellate di rame, 113 di acciaio poggiate su di un grosso plinto marmoreo con la forma di una stella, ma rappresenta piuttosto lo spirito di una generazione ed un pregevole ideale, teoricamente costruito mano a mano, attraverso il senso di responsabilità dei popoli di tutto il mondo. E che costituisce pure, nella fantasia popolare, l’insolita figura di un’antica dea romana, perennemente impegnata a sollevare la pesante torcia della luce del Domani. Il che, oltre ad essere fisicamente stancante, potrebbe lasciare insorgere nel passar dei giorni un senso vago di fastidio e noia. Le luci distanti della città, perennemente in festa. Le barche che procedono lungo le onde della baia. Qualche fortunato aereo, fulmine d’acciaio, che traccia scie di fumo tra le nubi newyorkesi. Non è forse probabile che la vecchia (ma pur sempre giovanile) Lady Liberty, talvolta, desideri scrutare coi suoi occhi l’occasione di uno svago differente? L’improvviso palesarsi di una situazione in grado di farle esclamare: “Ah, però. Chi l’avrebbe mai detto!” Che un lontano discendente della generazione Frédéric Auguste Bartholdi e Gustave Eiffel, gli uomini che applicarono la loro sapienza tecnica alla costruzione di lei stessa, alta e magnifica, potesse infine librarsi, libero nell’aria come un ponderoso, eppure splendido, gabbiano! L’evento appare tanto maggiormente significativo, quando se ne apprezzano le implicazioni. Il segreto del successo qui conseguito da David Maymand, imprenditore australiano, risiede infatti nell’aver finalmente un sogno antichissimo dell’uomo, che fin da quando rivolse per la prima volta il proprio sguardo verso il cielo non aveva PROPRIAMENTE sognato un qualche cosa di simile a: “Vorrei assicurare alla mia schiena due bottiglie di perossido e un catalizzatore utile a far aumentare di massa quel gas volatile di 5000 volte in un istante, vestirmi di una tuta ignifuga e librarmi per un tempo massimo di 20-30 secondi, un’eternità soggettiva, trascorsa nella speranza di non trasformarmi nella versione tecnologica del supereroe la Torcia Umana.” Perché questo erano stati essenzialmente, fino ad oggi, gli strumenti del “Jet” Pack, lo zaino volante. I quali, nonostante il nome, erano fondati su un qualcosa di radicalmente diverso dall’effettivo motore di un aereo a reazione, risultando più simili ad una versione indossabile del tipico razzo ad uso militare. E non è affatto un caso, se proprio quello fu l’ambiente in cui furono infine realizzati in chiave grossomodo funzionale, attorno agli anni ’60 e con lo scopo dichiarato di permettere ai soldati degli Stati Uniti di superare ostacoli paesaggistici, giungere dall’alto sul nemico, oppure balzare con estrema leggiadria oltre il pericolo di un campo minato. Un progetto in ultima analisi abbandonato, per problematiche logistiche difficili da superare.
Ma ciò che abbiamo descritto fino ad ora, perfettamente esemplificato dalla celebre Rocket Belt della Bell (usata nel film di 007 di Thunderball e per le cerimonie d’apertura delle Olimpiadi del 1984 e del ’96) dimostra ben pochi punti di contatto con il nuovo JB-9 costruito dalla Jetpack Aviation di Van Nuys, California. Anzi, direi che i due approcci sono assolutamente privi di somiglianze, al di là dell’obiettivo fondamentale di staccarsi dal suolo. Perché proprio questo nuovo dispositivo costituisce nei fatti, il primo vero e proprio aereo portatile, inteso come uno zaino che possa essere trasportato con praticità sulla schiena, eppure contiene due vere turbine, in grado di mantenere in volo una persona per un tempo massimo di 10 minuti. Impiegando, tra l’altro, un carburante dal prezzo decisamente più contenuto del sempre più raro e complesso perossido d’idrogeno. I risultati si possono osservare nel ricco canale YouTube dell’azienda, capitanata dal già citato investitore proveniente dal settore minerario e del marketing online, nonché rocketeer d’occasione, insieme alla figura di Nelson Tyler, l’inventore di Hollywood, premiato con tre Academy Awards per l’eccellenza tecnica, che nel 1969 aveva costruito la prima riproduzione ad uso civile della cintura-razzo della Bell. Nel corso dell’ultima settimana, i due hanno pubblicato letteralmente un video al giorno, tra vecchie immagini di repertorio e varie prove tecniche del JB-9, tra cui spicca per durata un’altra effettuata il 19 luglio scorso, presso “un lago in California”. Chiunque, tra le persone informate sul funzionamento limitato dell’originario jetpack, avesse assistito ad un simile exploit, sarebbe stato pronto a sollevare in alto il braccio in segno d’esultanza, esattamente come quello della Statua della Libertà.

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La musica impossibile degli spartiti neri

Bad Apple

Un suono di violini distanti irrompe nel silenzio della notte oscura. “Reimu Hakurei, sei pronta a fare la tua parte?” La ragazza siede nel centro della Grande Sala del suo tempio, il piccolo jinja shintoista sul confine orientale di Gensokyo, il Regno delle Illusioni. Qualche lanterna diffonde un tenue accenno di luce, appena sufficiente a scorgere il rosso delle travi e del torii antistante. Di fronte a lei, una serie di piedistalli sovrapposti rappresentano gli stati successivi della crescita interiore. Ogni scalino di quella struttura ospita un ricordo delle sue vittorie precedenti: una spada luminosa, un piccolo bonsai di pino e una coppia di komainu in bronzo, i cani leone delle antiche storie popolari. In cima al costrutto, come a coronamento della scena, trova posto uno scrigno rettangolare in legno riccamente lavorato, col sigillo del taijitu nella parte anteriore: un cerchio suddiviso in due segmenti sinuosi che si abbracciano tra loro. Si dice che l’uno non possa esistere senza quell’altro, poiché non c’è bianco, senza nero. E viceversa. A quel punto il pianoforte irrompe prepotente, risuonando l’eco di generazioni! L’emblema è stato ricavato dalla sezione latitudinale di un semplice ramo di gelso, fatto crescere attraverso le generazioni e poi spietatamente sezionato, a dimostrazione dell’impermanenza della vita. “C-Chi ha parlato?” Fece la fanciulla dai graziosi lineamenti, balzando in piedi di scatto. Nella mano destra, già impugnava il lungo scettro del gohei, con i festoni di carta che ondeggiavano pericolosamente. Qualcuno l’avrebbe definita in quel momento d’ansia, non senza un tocco d’ironia, assolutamente, totalmente conforme all’estetica del moe. Ritornello: si ode la voce melodiosa del flauto, che dialoga col sottofondo musicale. “Siamo noi, le Onmyou-dama. Sfere del potere. Oh Tohou, fanciulla del destino d’Oriente. Dovresti comprendere la situazione. Oggi è il settimo giorno del settimo mese del settimo anno della settima Era. Ci sarebbe la piccola questione della profezia…” Un silenzio prolungato, mentre il nume tutelare nella scatola, duplice Kami del tempio, aspetta un qualche tipo di reazione. Infine, Reimu sussurra, tra se e se: “Io…Si, credo di…Poterlo fare.” Lentamente, rialza lo sguardo che aveva indirizzato al suolo. Soltanto per restare, all’improvviso, totalmente senza fiato. Sviluppo e riesposizione della sinfonia: un’arcana melodia già prende vita, tra ottoni, arpe, percussioni enfatiche ed appassionate. La parete posteriore della Sala dei suoi antenati scompare in uno sbuffo di fumo, mentre di fronte a lei si estende un territorio sconosciuto. Distanti picchi montani, con alcune stelle distanti a fargli da cornice. Luci distanti di un vasto insediamento cittadino. Il vento che soffia ed agita i capelli, mentre il suolo si allontana sotto i piedi: “BENE, ALLORA COMINCIAMO!” Ora, naturalmente la questione del volo non è del tutto nuova agli abitanti di Gensokyo. Chiunque abbia un controllo anche insignificante del suo karma, può sconfiggere la forza gravitazionale. Ma la situazione già iniziava a farsi preoccupante. Perché gli astri all’orizzonte, lungi dal restare nel distante firmamento, già parevano vicini, sempre più vicini. Nella mente di Reimu, a quel punto ritornò l’antico mantra: “Nel settimo giorno del settimo…Il sigillo sarà infranto, e si ritornerà a combattere, per ristabilire l’ordine nel regno degli yokai.” Demoni, ecco cos’erano le luci. Le loro sagome iperboree, cariche dell’odio nato da un milione di anni d’imprigionamento, e quel che è ancora peggio: i loro dardi fiammeggianti. Milioni di proiettili volanti. Un’inferno, che soffia il caos verso le deboli e tremanti case degli umani. Chi potrebbe mai proteggerle, se non…Con un gesto imperioso, la ragazza ordina alle sfere divine di disporsi in formazione. Impugna saldamente lo scettro coi festoni. Al bordo dell’inquadratura, già compare un contatore con la strana e incomprensibile dicitura: SCORE – 0000000000.
È una questione che noi conosciamo molto bene, per lo meno da un punto di vista puramente intuitivo: con l’aumentar delle tribolazioni, quando la situazione si fa complessa e incomprensibile, di fronte all’anima si aprono due strade contrapposte, l’una in alto, l’altra parallela al suolo. La seconda consiste nel dire, mentre già il vento delle cose ci sospinge in direzioni contrapposte: “Io sono il masso in mezzo al fiume. Nulla può smuovermi, nemmeno il grande flusso.” Ed è questa la scelta che compiono, sia chiaro, tutte le persone responsabili, nel mondo delle cose materiali. Oppure, lentamente, perdere il controllo per lasciarsi andare, verso una risoluzione che potrebbe giungere, se siamo per lo meno, parzialmente fortunati. E sarebbe ben difficile, nonché problematico, affidarsi a un tale presupposto nei momenti avversi della vita. Tutto quello che rimane per elevarsi in puro spirito, dunque, è il mondo dell’arte, pura e in quanto tale. Dove cento, diecimila pennellate, altro non diventano che un tutto unico, l’immagine voluta da un artista del momento. E così, del resto, la musica che nasce da un miliardo di elettroni. È una storia complicata. Tutto iniziò, tanto per cambiare, da una mela, anche se stavolta priva di una forma fisica, perché presente, unicamente, all’interno del nome della composizione. “Bad Apple!!” era infatti il titolo del brano più famoso di ZUN, l’unico autore, per lo meno nel primo decennio, della lunga serie videoludica auto-prodotta di Tohou, all’origine di una visione destinata a lasciare un segno indelebile nel genere degli sparatutto vecchio-stile. Non che creare, quasi incidentalmente, uno dei più assurdi ed improbabili micro-generi musicali: il black MIDI, anche detto lo spartito nero.

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I vantaggi per chi indossa un secondo paio di gambe

Exohiker

Diventare più forti: uno dei maggiori crucci dell’umanità. Ma cos’è, effettivamente, la forza? Perché ci sono individui prestanti, che trascorrono le proprie giornate in palestre futuribili, i quali non si sognerebbero nemmeno di partire per località remote, in condizioni di sopravvivenza tra le giungle o i passi di montagna. Mentre tra popolazioni indigene superstiti alla modernizzazione, che devono strappare quotidianamente il proprio cibo alla natura, la massa muscolare media è spesso assai ridotta, mentre contano l’agilità e la resistenza. D’altra parte, a fondamento delle opposte situazioni qui citate, il fisico è soltanto una delle condizioni necessarie; perché non è affatto semplice nel mondo urbano, dal punto di vista mentale e/o psicologico, dedicarsi quotidianamente al raggiungimento della condizione atletica desiderata. Sempre concentrati giorno e sera. Senza cedere alle tentazioni. Così come il cacciatore-raccoglitore della distante savana, dovrà dimostrare dedizione e un forte senso di appartenenza alla tribù (specie quando nella sua capanna, come sempre più spesso avviene, campeggiano il telefonino e la Tv). Il che ci porta alla questione fondamentale, relativa al fatto che la salvezza, il più delle volte, derivi dall’acquisizione di capacità regresse. Cosa dire, quindi, della sua compagna d’avventure, la necessità? Poiché talvolta, compiere un determinato balzo, smuovere un peso, percorrere un tragitto, sono gesti utili alla collettività. Che molti di noi compierebbero, per purissima benevolenza e senso d’empatia. Benché siano pochi, all’indesiderabile stato dei fatti, quelli in grado di riuscire nell’impresa. Dal che nasce, sostanzialmente, l’immagine popolare del cyborg come super-uomo, una commistione operativa nata dall’incontro di tecnologia e virtù: una persona che controlla forze considerevoli, perché gli strumenti della civilizzazione sono stati incorporati nella sua stessa essenza, ovvero, fanno parte del suo vivere e sentire nel momento della verità. E c’è questa immagine, popolare almeno a partire dagli anni ’80 con la nascita del movimento cyberpunk, secondo cui ricevere prestanza fisica da un meccanismo comporti, quasi inevitabilmente, la perdita di un prezioso quibus che si aveva in precedenza. La visione che biologia e robotica siano del tutto incompatibili, mentre per ogni vantaggio acquisito sopra gli altri con l’aiuto di soluzioni attentamente ingegnerizzate, si debba superare una prova, pagare con il proprio sangue, sottoporsi a una trasformazione senza possibilità di ritorno…Considerazioni, queste, inerentemente utili connesse allo strumento del pathos, che indubbiamente favorisce una migliore narrazione da cui nascono le nostre fantasie. Forse un giorno arriverà un futuro, indubbiamente più fosco del nostro presente, in cui Robocop, coi suoi fratelli, camminerà per le strade di città disfunzionali e parzialmente rovinate. Al giorno d’oggi, tuttavia, non è così.
Basta pensarci, dopo tutto: non c’è niente di più semplice che migliorare il corpo umano. Indossa un orologio da polso, ora il tuo avambraccio è adesso in grado d’indicare il tempo. Usa un binocolo, i tuoi occhi sono pari o superiori al falco del mattino. Un abito in kevlar può renderti impervio ai colpi delle armi più spietate. Mentre quello che fin’ora ha sempre eluso tale pratico ragionamento, è soltanto quel concetto qui citato in apertura, della fisica prestanza. Basti guardarsi attorno: chi voglia correre veloce, o sollevare grandi pesi, o giungere lontano senza mai fermarsi, dovrà utilizzare necessariamente un qualche tipo di veicolo, con cingoli, ruote o altri meccanismi. Che risulteranno tanto più efficienti, quanto più scollegano il gesto diretto dall’ottenimento del lavoro desiderato. Ma questa è una limitazione soprattutto funzionale, come ben sapevano gli autori della fantascienza. Giusto mentre sto scrivendo, alcune compagnie e istituzioni specializzate, soprattutto statunitensi e giapponesi, stanno operando per perfezionare il concetto di un diverso tipo di potenziamento personale, basato sulla realizzazione di un cyborg in carne, fibra di carbonio ed ossa allungabili. Una di esse la vedete all’opera nel video di apertura, in cui uno sperimentatore in abito mimetico dimostra le capacità dell’ExoHiker della Ekso Bionics, il robot indossabile creato nel 2005 per assistere nel trasporto su lunghe distanze di carichi di fino a 70 Kg, rigorosamente assicurati alla schiena dell’utilizzatore. O per meglio dire, a quella del suo esoscheletro potenziato, un binomio che risulterà estremamente familiare ai moderni giocatori di videogiochi, benché scientificamente fuorviante dal punto di vista descrittivo. Questo perché in natura, il concetto di uno scheletro esterno, come quello posseduto da numerose specie d’insetti, ha funzionalità prevalentemente protettive, mentre la funzione di simili meccanismi è più direttamente associabile al concetto di un secondo apparato muscolare. Nel quale una batteria con durata variabile, generalmente assicurata sulla schiena, si occupa di mettere in funzione alcuni servomeccanismi, idraulici o affini al servomotore elettrico in uso nei più celebri robot antropomorfi, per assistere nel miglior modo possibile lo sforzo umano. I risultati, allo stato attuale delle cose, non sono (ancora) rivoluzionari. Ma già vengono compiuti i primi passi nella direzione migliore.

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