Mostro è il mondo, non soltanto la creatura. Mostro è il modo in cui un qualcosa di creato con una funzione ben precisa si trasforma in un fraintendimento che respira, una diversa interpretazione dell’intento originario della natura. Esempio: apro la mia bocca di uccellino, senza piume, né risposte, né la cognizione del significato della mia esistenza, e tutta Internet viene a guardarmi fuori da quel nido, pronunciando: “Sei un alieno? Un demogorgone? Venom parassita, da bambino?” Mastico, pensando al ruolo che mi è stato attribuito, la mia pappa a base vegetale; sospirando l’infelicità latente di quel mondo nuovo, ancora intrappolato nei latenti pregiudizi ancestrali. In base ai quali se sei strano, devi anche essere per forza brutto. In quanto “disallineato” al segno della psiche in senso generalizzato: digitale corrisponde a verità, chi l’ha mai detto… Quando Cardellino della Lady Finch, fui un tempo definito, dall’omonimo studioso, e gran disegnatore, degli uccelli che lo stesso Darwin aveva riportato, dopo il viaggio della Beagle fino in patria… E molti altri. Per poi passare, in tarda età, a quelli che incontrò lui stesso, durante un lungo viaggio in terra d’Australia. Artista britannico di alta caratura, rimasto vedovo nel 1841, che con tale definizione intendeva omaggiare colei che sempre gli era rimasta accanto, assistendolo nella creazione di alcuni dei più importanti cataloghi scientifici della sua Era. L’altrimenti detto Erythrura gouldiae ovvero “diamante” di lui medesimo, John Gould, che qui trovò un rappresentante di quella famiglia di passeriformi collettivamente appartenenti ai territori d’Africa, Australasia, India e Cina i cui colori straordinariamente variopinti vengono raggiunti unicamente dalle varietà di forme e comportamenti dimostrati da una tale varietà di altrettanto splendidi, piccoli pennuti della foresta.
Il problema, dopo tutto, sono le circostanze. Perché i curiosi fotografi di quanto è stato ritrasmesso, commentato e poi inserito in una simile disanima possentemente negativa, non è forse la migliore immagine di un qualsivoglia volatore: quella del neonato, non da molto fuoriuscito dal suo uovo, ancor del tutto privo delle piume o una coordinazione sufficiente a comportarsi o agire in modo “normale”. Così nel breve video, originariamente condiviso sul profilo Twitter cospirazionista e ufologico Disclose Screen The Grimreefar, compare sulla mano la bizzarra creaturina intenta in quell’unica cosa che, istintivamente, può ben dire di saper fare: contorcersi e tentare di attirare l’attenzione, nello speranzoso tentativo di attirare l’attenzione dei suoi genitori. Un’attività per la quale il cardellino di Gould risulta particolarmente ben attrezzato, quando si considerano gli altamente distintivi tubercoli disposti tutto attorno al profilo interno del suo becco, considerati per lungo tempo come dotati della capacità di risplendere autonomamente a partire dall’ora del tramonto (e non solo). Laddove l’effettiva interpretazione frutto del metodo scientifico ha permesso di dimostrare, attraverso gli anni, come questi ultimi siano al più eccezionalmente riflettenti, catturando e restituendo per quanto possibile fino alla benché minima fonte di luce. Come del resto, in maniera diversa, risulterà capace di fare l’uccello adulto…
nidi
L’imprevista verità di un uccello con sei zampe nella palude
Cose oscure che si aggirano tra i ficus e i mopani; becchi aguzzi, zampe fuori scala, piume che nascondono una coppia di speroni acuminati. Strano uccello, che segreto custodisci? Ma è al momento in cui compare il rischio inaspettato, del nemico che riemerge dal profondo di quell’acque, orribile, bitorzoluto coccodrillo, che il mistero si dipana innanzi agli occhi dell’osservatore! Poiché si aprono soltanto un poco, le ali corte, arrotondate. E sotto ad esse ivi compaiono, in maniera surreale, un’altra coppia di nodosi arti… E quindi un’altra ancora. Mutazione? Radiazione? Traslazione dietro il velo della dimensione? Forse (chi può dirlo) in tempi assai remoti a questa parte; per il resto, mera evoluzione. Poiché tutti ormai conoscono, da queste parti, il metodo e lo stile del paterno jacana. Uccello, africano ma non solo, che al momento in cui necessita di chiamare a se i suoi piccoli e portarli via al sicuro, è solito prenderli, letteralmente, “sotto la sua ala”. Al punto che nessuno potrà neanche più pensare di trovarli, fatta eccezione per quegli arti dalle dimensioni superiori, usati dall’intera famiglia tassonomica con lo scopo di riuscire ad occupare una particolare nicchia ecologica dell’ambiente di palude. Nella scena qui mostrata in video, famoso spezzone virale del variegato Web prelevato da un documentario della PBS, stiamo in effetti osservando un esemplare maschio di Actophilornis africanus (jacana africano) mentre compie uno dei gesti maggiormente rappresentativi della sua specie. Un qualcosa di altruistico ed assai comprensibile, che potremmo facilmente ricondurre allo stile e il modus operandi degli umani. Perché gli uccelli capiscono, e sanno anche proteggere, il valore di una o più vite recentemente fuoriuscite dall’uovo. Anche se tale comprensione potrebbe anche provenire, nei singoli casi, da specifici adattamenti anatomici e istintivi. Tutto nell’esemplare di raffinato predatore che compare all’interno di una simile inquadratura, lascia del resto intendere un perfezionamento particolarmente significativo dei presupposti di caccia e sopravvivenza all’interno dello scenario in cui si svolge l’azione, costituito niente meno che dal famoso delta dell’Okavango, il bacino endoreico in cui si disperde l’omonimo fiume ai confini del deserto del Kalahari. Popolato, tra gli altri, da questo volatile guadante, abituato a cercare invertebrati tra le piante che galleggiano al di sopra della superficie grazie alla notevole capacità di distribuzione del peso garantita dalla dimensione dei piedi, che misura circa 30 cm di lunghezza e risulta facilmente riconoscibile dallo scudo azzurro situato al di sopra del becco, esteriormente simile a quello delle folaghe. Una variante certamente rappresentativa, benché comprensibilmente e ragionevolmente diversa, delle otto specie attualmente in vita presenti in diversi territori del Vecchio e Nuovo mondo, tutte egualmente capaci di effettuare la stessa manovra di tutela della prole nel momento della verità. Nonché caratterizzati da una particolare attribuzione dei compiti nel rapporto di coppia, che ne fa uno dei rari casi nel mondo animale in cui i ruoli risultano invertiti sotto ogni punto di vista, benché egualmente suddivisi. Ed è il maschio, come sopra accennato, piuttosto che la femmina, ad occuparsi del mantenere al sicuro e proteggere la prossima generazione di nuovi nati. Benché tutto inizi, come al solito, nella furia e la ferocia del combattimento tra cospecifici…
L’irascibile pollo che sognava di sconfiggere i mulini a vento
Sono splendido, sono terribile, sono il Dio della radura. Sono un diavolo dal cuore d’oro. Un guerriero, un condottiero. Quando si alza la mia cresta, tremano i nemici e anche gli amici, non riescono a restare indifferenti. Uno, tre, quattro colpi di coda. Contando sul perfetto mimetismo della mia armatura, avanzo indomito verso il gigante, che pur guardando nella direzione opposta, continua ad agitare le sue grandi braccia, minacciando gli abitanti aviari del tranquillo Nulla nordamericano. A meno che… Perfetto! La distanza è quella giusta: adesso apro le mie ali e balzo verso l’alto. Gonfio il mio vessillo globulare, portato sopra il collo e simile ad un astro mattutino. Il becco sferza l’aria, mentre argute, sagge sopracciglia, si sollevano con fare minaccioso. Ed a quel punto che trattengo il fiato, mi concentro, e metto in campo la mia arma più terrificante: “Whoo-Whoo-Whoo!” riecheggia lungo l’aere, mentre il suono sale, scende, poi sconfina oltre la soglia udibile dalle persone. Il mio terribile nemico, senza un attimo d’esitazione, sembra accelerare i movimenti delle braccia, mentre mi risponde con ferocia inusitata: “Boom-Boom-Boom!”. Il mio sangue, ghiaccio nelle vene. I corvi si allontano terrorizzati. Tra i cespugli, un movimento: è un gruppo di galline che mi osservano con interesse. Ammirate, entusiaste, innamorate? Poco importa, questo è il mio segnale: danzo, balzo, faccio giravolte. Lancio ancora un grido per chiamare il mio destriero inesistente: “Whoo-Whoo-Whoo!” E con gli artigli scavo nella terra, afferro un verme, lo divoro e guardo ancora all’indirizzo del gigante. Egli non reagisce, eppure “Possibile che sia soltanto un’impressione?” Il suono che trasmette sembra essere calato d’intensità. E così anche il suo terribile gesto rotante. Mi volto: nei “loro” occhi c’è soltanto gratitudine. Chiudo le ali, taccio un’attimo, poi torno a pensieroso a mormorare: “Whoo?”
Naturalmente, se l’hidalgo “El Ingenioso” Don Quijote de la Mancha fosse nato nel nostro secolo, i suoi nemici non sarebbero stati i mulini, bensì pale eoliche costruite a lato del sentiero. Così come nel caso del feroce (nella sua mente) nonché stravagante e magnifico (ai nostri occhi) tetraone maggiore della prateria (Tympanuchus cupido) o “pollo” di quest’ultima, come lo chiamano dalle sue parti, esponente della famiglia dei fasianidi dotato di una storia, caratteristiche e abitudini decisamente interessanti. Diffuso, originariamente, nell’intero territorio degli Stati Uniti centro-meridionali ma oggi rimasto per lo più in Minnesota, Illinois, Kansas, Nebraska e South Dakota, a causa della spietata che caccia che ne è stata fatta fino agli anni ’30 dello scorso secolo, esso è stato preso spesso in considerazione come marker (specie indicativa) dello stato di conservazione del suo habitat, per l’abitudine particolarmente cauta a nidificare solamente a distanza di sicurezza dalle strade, strutture umane e strade. Tanto che, in uno studio del 2014 era stato determinato che le strutture necessarie per la trasformazione del vento in energia elettrica rientrassero negli ostacoli alla sopravvivenza di questa specie proprio perché istintivamente temute come punti di sorveglianza per gli uccelli rapaci. Se non che verso la primavera dell’anno scorso, la pubblicazione di un nuovo studio durato sette anni ad opera di Jocelyn Olney Harrison e ricercatori dell’Università di Nebraska-Lincoln, giunse a dimostrare l’esatto opposto: ovvero, che non soltanto i tetraoni non avrebbero alcun timore delle pale eoliche, ma addirittura, in loro presenza, aumenterebbero sensibilmente il volume dei loro canti di corteggiamento. Al fine di sovrastare le basse frequenze emesse dalle strutture artificiali, con conseguente prova ulteriore della loro prestanza fisica e pennuta virilità…
Dice lo scoiattolo: del nido di vespe non si butta via nulla
Crunch, CRUNCH, gustosa nocciolina. Gulp, singulto dell’animaletto che ne ingoia il contenuto dalla mano del padrone, con la folta coda che serpeggia in segno di riconoscenza. Sotto le sue morbide manine, all’improvviso, un movimento! Il favo fatto a pezzi, precisione di una geometria perduta, subito voltato per scoprirne la ragione: nient’altro che una larva, quasi pronta a sfarfallare, fatta fuoriuscire dalla cella per l’effetto di un simile scuotimento. Con squittio inaudibile, il grazioso roditore fissa il proprio sguardo sull’insetto condannato, senza più una casa, la famiglia e i genitori. Quindi fa scattare le sue fauci, momentaneamente trasformato nella morte misericordiosa.
Il fatto che le ostile volatrici a strisce gialle e nere appartenenti alla famiglia Vespidae vengano considerate, nella maggior parte dei casi, inutili o persino dannose, non trova l’origine soltanto nella loro propensione battagliera, accompagnata dal dolore offerto da un potente pungiglione usato all’occorrenza. Quando dalle abitudini gastronomiche che ne fanno, a differenza delle api impollinatrici, frugivore, carnivore opportuniste, mangiatrici di carogne, parassite di altri esseri minuti… Odiate con enfasi estrema, laddove nella maggior parte dei casi, nessuno s’interroga sulla convenienza di far sopravvivere leoni, iene, leopardi o altri grandi predatori. Essi semplicemente esistono, pere ricordarci il nostro posto nella catena che governa la natura e le complicate relazioni tra i diversi esseri che la compongono. Ma per quanto si possano “amare” le vespe, e vi assicuro che ci sono persone in grado di dar seguito ad un tale sentimento soprattutto negli Stati Uniti, con i gesti, con lo studio per sincero interesse scientifico, resta il fatto che in particolari circostanze, esse debbano essere del tutto eliminate. Come nel frangente di un contro soffitto infestato dalle temute yellowjacket (ad es. Vespula maculifrons) oppure, eventualità ancor peggiore, il piccolo buco comparso all’improvviso nel mezzo del giardino causa una colonia di pericolose vespe introdotte dall’Europa (Vespula germanica) passando sopra il quale con il tagliaerbe, si scatena all’improvviso una ronzante cavalcata verso l’alto, al cui confronto non regge neanche la carica dell’esercito francese ad Agincourt. Pericolo a seguito del quale, persone abituate ad affrontare i casi della vita di campagna in genere non esitano a far uso di copiose quantità d’insetticida o anche una semplice tanica di benzina e un paio di fiammiferi, avendo cura di portarsi dietro l’estintore preventivo. E c’è della saggezza in tale approccio distruttivo, ma anche il senso lieve di una splendida occasione mancata. Perché distruggere, senza criterio, non è un gesto che potremmo riferire al comune desiderio di comprendere le cose, così come l’uso di veleni chimici riesce ad interrompere, nel 100% dei casi, l’infinito ciclo che trasforma tutti gli esseri viventi in qualche cosa di utile, dopo la morte.
Ecco dunque l’utilità e i meriti dell’approccio usato da Hornet King, disinfestatore, muratore free-lance, cantante imitatore dei Beatles (di cui apprezza tutta l’opera con grande enfasi) e negli ultimi tempi, un eccellente creatore di contenuti originali su YouTube. Stipendiato, neanche a dirlo, dal finanziamento dei suoi molti fan grazie alla piattaforma GoFundme, dove gestisce una pagina dagli oltre 100 donatori, al momento in cui scrivo. La cui principale invenzione e contributo all’universo largamente inesplorato dell’annientamento sistematico degli imenotteri, è un particolare approccio che potremmo definire olistico, nella maniera in cui riporta in essere il concetto filosofico del gastronomico Pánta rheî…