Il fiume bollente che scorre nel cuore dell’Amazzonia

Boiling River

Fin dall’antichità, numerosi popoli erano a conoscenza delle capacità curative di un’improvvisa ed intensa fonte di calore. L’impiego di semplice acqua calda è notoriamente utile per curare dolori cronici, spasmi muscolari, contrazione, infiammazione alle articolazioni. Mentre un papiro ritrovato in una tomba egizia, risalente al 3000 a.C, già testimoniava dell’utilizzo di un ferro incandescente per contrastare l’avanzata di alcuni tipi di tumore. Non c’è quindi molto da meravigliarsi, se il misterioso fiume peruviano dello Shanay-timpishka, un nome in dialetto Quechua che significa “Bollente per l’effetto del (Dio) Sole”, è stato considerato fin dall’epoca degli antenati un luogo magico, le cui acque potevano guarire un’ampia selezione di malanni. Ed allo stesso tempo, uccidere istantaneamente qualsiasi piccolo animale che fosse stato tanto incauto da cadervi dentro, oppure ustionare gravemente un essere umano con conseguenze altrettanto facili da immaginare. Ed a un tal punto è alta la temperatura di queste acque, che il geologo statunitense Andrés Ruzo ha scelto di accomunarla, durante una sua famosa conferenza organizzata dalla TED, a quella del caffè “super-caldo”, ovvero circa 80-100 gradi celsius. Ma la vera domanda da porsi è: perché?
Tutto può iniziare da un’immagine particolarmente poetica, di questo scienziato appassionato di misteri naturali che si inoltra su di un isolotto in mezzo al corso d’acqua in questione, precario quanto un guscio di tartaruga, con in mano un recipiente per raccogliere un campione di queste acque stranamente fumiganti. Quando all’improvviso, inizia a piovere con l’intensità tipica di questi luoghi tropicali, avvolgendo la scena di un vapore particolarmente intenso, tale da far scomparire l’immagine della riva e degli alberi svettanti tutto attorno a lui. Senza alcuna possibilità di mettersi in salvo, a meno di voler rischiare di scivolare sulle rocce ricoperte dal muschio che circondano lo spietato corso d’acqua, Ruzo si ferma per un attimo a meditare ed attende il trascorrere di quel critico momento. Ripensando alla lunga concatenazione di eventi che l’hanno portato fin lì. Risalente, addirittura, alla sua infanzia, quando tra le molte storie che si ripetevano tra i membri della sua famiglia, originaria della città di Lima, ce n’era una che gli restò particolarmente impressa. Relativa al destino dei conquistadores spagnoli, che sconfitta la possenza decaduta dell’ormai totalmente inerme impero Inca, partivano verso Occidente, alla ricerca della leggendaria città di El Dorado, che si diceva fosse totalmente costruita in oro ed ospitasse dei tesori totalmente inimmaginabili alle odierne civiltà. Soltanto per trovare, invece, i terribili pericoli della giungla, tra enormi serpi, ragni letali e l’occasionale freccia velenosa scagliata dagli indigeni rimasti senza caso, il cui intento omicida, tutto considerato, si poteva anche motivare con il danno che avevano subito. E a un simile ricordo, 12 anni fa, ritornò la mente del geologo allora laureando, in funzione della sua tesi che verteva sulle potenzialità energetiche del Perù. Perché tra i molti pericoli leggendari legati alle disavventure degli stranieri, ne veniva citato uno stranamente significativo, del fiume termico in grado di porre un termine alla vita di chiunque ci cadesse dentro. Così il nostro esploratore contemporaneo si recò dai suoi parenti, che gli avevano parlato di questo luogo di epoche lontane, e gli fece la fatidica domanda: “È tutto vero?” Soltanto per sentirsi rispondere: “Assolutamente si, vedi, tua zia ci è stata qualche anno fa. E ci ha fatto pure il bagno.” Silenzio.
Com’è possibile tutto ciò? Beh, a quanto pare, a seguito di una lunga ed intensa pioggia lo Shanay-timpishka diventa brevemente balneabile, soprattutto a fronte di un’idonea benedizione ricevuta dal rinomato sciamano locale Maestro Santiago Enrrique Paredes Melendez, ormai da tempo a capo della vicina comunità di guaritori del Santuario Huistin. Ed in quel momento, e quelle particolari circostanze, che queste acque sacrosante diventano in qualche maniera capaci di contrastare l’effetto deleterio di qualsiasi afflizione del corpo e dell’anima, come ampiamente noto ai locali e addirittura, da qualche anno, pubblicizzato con un completo sito web. Perché, stregoneria Vs modernità? Cosa avremmo mai da guadagnarci? Molto meglio cavalcare l’onda del progresso. Confidando nella sua spropositata incandescenza.

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L’antica tradizione del ponte d’erba peruviano

Qeswachaka Bridge

C’è stato un attimo, un singolo momento. Il punto di svolta fondamentale nella fine storica di un grande impero: quando Francisco Pizarro e i suoi fratelli, partiti dal 1526 da Panama con 168 uomini, 27 cavalli ed un cannone, furono brevemente sconfitti nello spirito e nei fatti. Dal primo incontro con la prova, al di là di ogni possibile dubbio, che le genti delle Ande erano totalmente aliene, a noi europei, come del resto noi per loro. E non si poteva, allora come adesso, sottovalutare il significato metaforico di tali ponti. Decine e decine di metri, sopra i burroni e i fiumi impetuosi di quei luoghi, miracolosamente sospesi e solidi, benché oscillanti, ovvero soggetti all’energia cinetica del vento. Perché non può esserci conquista, senza un qualche tipo di movimento dal dentro verso il fuori, o viceversa, ed agevolare un tale presupposto lungo il territorio di una cordigliera larga 240 Km, con un’altezza media di 4.000 metri, non può prescindere da soluzioni tecniche particolari. Così le genti di Cusco, unificate attorno al XII secolo dall’eroico fondatore Manco Cápac, attorno al tempio degli Dei del cielo, si erano messi a costruire laboriosamente sulle fondamenta dell’ingegneria di allora. Potenziando ciò che avevano e sfruttando al massimo la conoscenza dei predecessori. Ecco dunque qui una civiltà la quale, pur priva del cemento, edificava i suoi palazzi con mattoni a incastro gravitazionale, talmente precisi da impedire addirittura che un coltello penetrasse nelle intercapedini tra i blocchi, come le guide turistiche ancora amano dimostrare a chiunque visiti l’antica Machu Picchu. E i cui artigiani avevano scoperto in modo totalmente accidentale, analogamente ad altre genti mesoamericane, il segreto per aumentare la capacità di rimbalzo della gomma usata per la ulli, palla del gioco sacro ereditato dagli antichi Olmechi. Aggiungendo all’impasto della materia vegetale che conteneva lo zolfo, e mettendo quindi in atto una sorta di vulcanizzazione, non dissimile da quella degli pneumatici moderni. Eppure, costoro non avevano la ruota. Il che può essere visto anche come una sorta di vantaggio, considerato l’ambiente operativo.
Dunque giunsero i conquistadores spagnoli, con armi, cavalcature e bagagli presso il primo di una lunga serie di passaggi sospesi, usati dai locali per tenere unite le comunità remote. Ed a quel punto, tacquero. Perché mai prima di allora, e certamente ancora meno nella terra dei loro antenati, l’occhio umano aveva mai preso coscienza di una tale diavoleria: tre corde intrecciate sopra cui posare i piedi, più due a cui reggersi per camminare che si estendevano da un latro all’altro del burrone, con i soli punti di sostegno costituiti da particolari fori nella roccia, a cui l’intero sistema era stato assicurato. Il che non sarebbe stato tanto inconcepibile, se l’intero meccanismo avesse avuto un aspetto ben più solido, come uno dei vecchi ponti ereditati dall’ingegneria romana, in cui la struttura dell’arco scaricava il peso ai lati. Ma il tipico passaggio aereo degli Inca, contrariamente a tale alternativa, discendeva fino al suo punto centrale, per poi risalire da lì fino al termine della sua estensione: ciò perché costituiva, nei fatti, un ponte sospeso, concetto che sarebbe rimasto a noi inaccessibile fino alle prime battute della rivoluzione industriale, ma che oggi troviamo famosamente applicato a Brooklyn, New York, come per il ponte di Akashi Kaikyō che collega l’Honsu giapponese all’isola di Awaji, il più lungo del pianeta con i suoi quasi due chilometri di estensione.
E pensare che il concetto Inca non era poi così diverso in potenza! Benché i tiranti, concetto certamente ignoto agli spagnoli, costituissero anche la superficie calpestabile della struttura, dando a quest’ultima l’aspetto anti-gibboso che tanto contribuiva a quell’aspetto di falsa instabilità. Esistono tuttavia dei resoconti coévi, risalenti all’epoca della colonizzazione degli spagnoli, in grado di gettare luce sul significato epocale di una struttura costruita in questo modo: raccontava lo storico nativo delle americhe Garcilaso de la Vega (non l’omonimo poeta del XVI secolo) nei suoi Commentari reali degli Inca (1609) di come molte delle tribù native assoggettate al grande impero non fossero state neanche sconfitte in battaglia, ma semplicemente annientate nel loro spirito combattivo dall’ineccepibile struttura di simili ponti. Perché sembrava, ai loro occhi ancora inesperti, che soltanto un popolo divino potesse costruire cose tanto straordinarie.

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La triste storia della rana scroto

Scrotum frog

Un fluido magico, frutto di ancestrali conoscenze peruviane. Nelle profondità del lago Titicaca, il più vasto sudamericano dopo quello di Maracaibo (che in realtà è una baia) talvolta s’intravede una creatura molto suggestiva. Gli occhi tondi e neri, le zampette arcuate, il dorso a pieghe sovrapposte pressapoco come quello di un bulldog. Ma la forma e le particolari dimensioni, nonché associazioni tipologiche non meglio definite, da sempre l’hanno fatta accomunare ad altre cose. Telmatobius culeus: la rana fatta come un sacco dei latini, ricolmo di…Nessuno può saperlo, in realtà. Pensate alla tavola rotonda con Artù e i suoi cavalieri. Lui che arringa gli elmi e le armature silenziose, descrivendo i meriti del Santo Graal: “La capacità di esaudire ogni desiderio. La cura a tutte le afflizioni delle carni. Si dice che colui che beva dalla sacra coppa, guarirà dall’artrite, la bronchite, l’asma, la tubercolosi. Godrà inoltre di un vigore nuovo nelle faccende passionali.” Due minuti di silenzio, il tintinnare d’armi variegate: “Cioé mio re, vuoi dire come il VIAGRA?” Già la porta si richiude rumorosamente, mentre l’ultimo di quelli, gli occhi spalancati, corre a prendersi una mappa da Merlino verso l’obiettivo della Cerca. Si, un Qualcosa di mistico e desiderabile. Il segreto alchemico e filosofale della medicina, dal medioevo fino alla modernità. Non esiste a questo mondo, dalle cime andine fino ai freddi deserti dell’Asia Minore, una prospettiva più importante per il senso del bisogno che l’ausilio ad un amore più completo. Novantanove cavalieri con pesanti palafreni, 15 archeologi dotati di fedora, 66 biologi, la faccia ricoperta da una maschera per immersioni e chissà quanti uomini comuni di una certa età. Tutti lanciati fra i turbini dell’acque d’alta quota per potersi procurare finalmente la sostanza che potrà aiutarli in un futuro, se non oggi, nel compiere l’Impresa più importante. Quella della camera da letto. Cos’è una rana, tutte quei batraci, al confronto di un paio o una dozzina di minuti d’entusiasmo? È stata tutta quanta, in fondo, una questione di reputazione. Si potrebbe dar colpa al modo in cui si spostano, fin dai tempi antichi, i grandi carri senza i buoi.
La notizia si di recente diffusa a macchia d’olio, con il contributo niente affatto trascurabile di questo pur ottimo documentario di Motherboard, costola scientifica del colosso dell’informazione Vice, responsabilmente teso a screditare quella che è una prassi (quasi) del tutto priva di basi scientifiche e che certamente, non varrebbe la persecuzione indiscriminata d’ogni cosa anfibia sotto quella superficie d’alta quota. Fatta eccezione per la dama che sapeva consegnare spade. Ma non puoi parlare di una cosa come questa senza suscitare un qualche tipo d’interesse, nonostante tutto. Un segnale fatto rimbalzare da una parte all’altra della sfera digitale, recitante pressapoco: “Gli uomini del Sudamerica hanno un alleato assai particolare nel momento della verità. L’estratto afrodisiaco della rana scroto.” Ora, fermo restando che non so quanto si possa definire tale una pietanza che consiste essenzialmente nel prendere l’intero animale, spellarlo e metterlo in un frullatore assieme ad altri condimenti, va pur fatto notare che in effetti il mitico succo dovrebbe avere molte doti di guarigione e ringiovanimento, tra cui si annovera, quasi incidentalmente, quella già citato dell’ausilio per le prestazioni sessuali. Strane priorità.
Non è del resto mai stato possibile, nell’intera storia dei rimedi magici sul modello dell’olio di serpente del Far West, soprassedere a quel bisogno di supplire alla mancanza di libido, letterale croce e delizia dell’umanità. Potremo quindi soltanto rammaricarci, ancora una volta, per l’effetto devastante che la leggenda sta avendo sulla popolazione di questa creatura dalle strane doti evolutive, tanto sfortunata da…

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