Sbrogliatori di animali strambamente intrappolati

Cow in a Pot

Il manubrio stretto fra le mani, gli occhi accesi come fari e in cerca di traguardi posti troppo avanti. La pentola magica sul finire dell’arcobaleno, da che Irlanda è tale, ha già guidato molte menti verso la completa dannazione. Siamo tutti leprecauni, in potenza della pedalata. Conosciamo quella sensazione trascinante, il bisogno di rincorrere impossibili speranze: se varco l’ultima collina… Se discendo dentro un’altra valle… Alla fine, dopo di essa, forse qualche cosa.. Troverò! Oro, argento e splendide pietre preziose. Opali che risplendono del sole o delle stelle; non è semplice curiosità, questa. Ma un sentimento molto umano, anzi, veramente naturale. Che ci rende non dissimili dalle creature che colorano la nostra vita quotidiana. Curiosità, il tuo nome è mucca, gatto, cane, capra. E nella prima incarnazione, fra questi quadruplici quadrupedi, la tale pentola l’hai già trovata: era in Cambogia (con buona pace di chi voleva andarci in bicicletta). L’hai vista, sei rimasta avviluppata. E ci sei entrata? Possibile? O forse, non è questa la ragione.
Parlavano le storie di una volta, di esseri nati da procedimenti artificiali. Coltivati come piante dentro a un vaso, nutriti verso sera, con la luce della luna e cantilene d’incantesimi dimenticati. Simili omuncoli, o vituncoli, virguntoli e a seguire, sarebbero cresciuti dalla polvere del mondo, finché un giorno, finalmente liberati, avrebbero trovato la stupenda glorificazione: di essere mangiati, come bistecca, presso tavole dorate, con tovaglie ricamate. Anche questo è possibile, chissà. Perché altrimenti, non si spiega. Il teorema matematico dell’imponenza della mucca, MC per il quadrato Donalds, prevede regole precise. Il packaging non è una semplice opinione commerciali. Se i bovini potessero essere infilati in un barattolo, ebbene, saremmo abituati a scene come queste. I supermercati e i centri commerciali, su scaffali rinforzati, esporrebbero le giare come queste. Che voltate, riprodurrebbero quel suono colmo di appetito ritrovato: MUUUUsica per le tue orecchie. Con buona pace del suino, finalmente liberato. Che non ficca quel suo muso in altri luoghi, che nel fango. E non ruzza coi suoi zoccoli fessurati, se non in luoghi comodi, spaziosi. Sufficienti a far passare la sua intera mole, inclusa quella buffa coda attorcigliata.

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L’altalena accidentale delle capre

Altalena delle capre

I casi strani della vita! Sembra una parabola, come una sorta di racconto edificante, ma qui c’è proprio un arco. In senso letterale: l’oggetto sottilissimo, che qualcuno, un vero genio delle situazioni, ha piantato saldamente in mezzo al prato, in un luogo non meglio definito della Francia. Per tre capre salterine, impazzite, che s’impegnano a salirci. E quel costrutto instabile, di quadrupedi giocosi ed altrettanto solido metallo, che si piega prima da una parte, poi dall’altra, incarna un po’ lo spirito di un primordiale videogame. Su e giù, poi di lato!
Il secondo più celebre animale cornuto, fra i primi del suo genere ad essere addomesticati dagli umani, ha un carattere curioso per natura. Assai frequente è il caso del caprone, lasciato al sicuro dentro ad un recinto, che per svagarsi lo colpisce con la testa, cerca in tutti i modi un varco, a un certo punto ci si mette sopra, guarda tutto intorno, alla fine scappa via; non è questa una mancanza di riconoscenza verso il suo padrone, ma la sincera voglia di esplorare il mondo. Simili creature occorre farle divertire, tenerle occupate. Persino torri e parchi giochi potrebbero non essere abbastanza. Chi non ricorda quella foto italiana, che fece il giro del mondo, con dei becchi che si arrampicavano sulle pendici della diga del Gran Paradiso? Volevano, dissero gli etologi, leccare il sale dalle rocce.
La ragione di una simile pericolosa impresa è un mistero che permane, onde usare un detto rilevante, in lana caprina. Ciò che passa per la mente delle nostre cresci-pullover resta inconoscibile, ovvero agli occhi dei presenti non esiste.

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L’attacco furibondo del capro allupato

Brazilian Goat

Il pericolo più grande è sicuramente quello che non ti aspetteresti mai. Quando la capra è serena, nel suo recinto a brucare l’erba mentre si gode il tepore dell’estate, non c’è nulla da temere. Nessuno infastidirebbe un leone o un orso, animali generalmente in grado d’incutere paura, mentre tutti amano il cornuto quadrupede dalla lunga barba. Lo nutrono e lo accarezzano, non privi d’interessata aspettativa per i beni che vengono inevitabilmente tratti dalla sua esistenza. Delle capre beviamo il latte, mangiamo il formaggio. Con la loro lana facciamo caldi guanti e cappellini, per meglio accettare il cupo gelo dell’inverno. Thor, dio del fulmine, cavalcava un carro trainato dalle capre immortali Tanngrisnir e Tanngnjóstr, di cui ogni giorno mangiava le carni per poi resuscitarle, al fine di continuare i suoi viaggi. Pensando soltanto agli aspetti positivi dell’animale, difficilmente proveremmo un giusto grado di timore vedendone un’esemplare per la strada. Dimenticandoci della sua natura selvaggia, immediatamente proveremmo spontaneo affetto e simpatia, tentando di aiutarlo a ritrovare la via di casa. Non così il gruppo eterogeneo di questi sfortunati passanti brasiliani, coinvolti accidentalmente nei 15 minuti di terrore causati da uno scornato capro in amore con la sua serafica compagna, smarriti, per un’accidente del destino, proprio nel mezzo di un affollato quartiere residenziale. Il fatto è che lui, preso dalla voglia di concludere al più presto o travolto da un forte senso di gelosia, a farsi aiutare non ci pensa proprio. E così da inizio al suo implacabile assalto.

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La leggendaria torre delle capre

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La torre per gli umani è un simbolo potente. Edificio verticale che sfida le leggi della fisica, allegoria di superbia e autorità, seggio elettivo di eremiti e mistici stregoni. Viene in genere costruita per ragioni precise, ma ben prima di servire allo scopo costituisce punto di riferimento e motivo d’orgoglio. E fra tutti gli animali, uno in particolare capisce molto bene questa problematica e la vive nel profondo del suo essere. Ci sono infatti capre che, prese dallo scontento, finiscono per salire sopra trattori e persino mucche o maiali, causando problemi gravi e palesando la loro fondamentale mancanza esistenziale. La soluzione, in quanto tale, non è nuova: una struttura rialzata, per quanto ci è dato capire, costituisce il non-plus-ultra della soddisfazione residenziale caprina. Ma semplici parchi giochi in legno e strane svettanti invenzioni, largamente documentate su YouTube e altrove, non sempre soddisfano a pieno le candide e cornute abitanti delle fattorie. Molto diverso è invece il caso della celebre Goat Tower, che svetta dal 1981 nella Fairview Wine and Cheese Farm in Sudafrica, azienda agricola con circa 750 capre di Saanen. Vera e propria mini-montagna artificiale, sviluppata in mattoni, con tetto di metallo e scalinata lignea di forma circolare, i suoi tre piani offrono la vista migliore sui prati e i campi circostanti, con estrema gioia delle sue abitanti. Tale meraviglia è per questo giunta a costituire, tramite le dinamiche sociali internettiane, una vera e propria utopia, sublime, irraggiungibile e dal significato misterioso.

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