L’idea che la religione possa essere un’arma è ricorrente nelle civiltà di molti paesi al mondo, benché ciò possa essere inteso spesse volte come una metafora mirata a scongiurare pensieri, inclinazioni o derive controproducenti del comportamento umano. Nel caso del Buddhismo d’altra parte, religione non-violenta per eccellenza, esistono dei casi in cui il conflitto viene inteso in senso maggiormente letterale, per lo meno dall’angolazione mitologica nell’analisi contestuale degli eventi. E fu così che nel 786 d.C, in base alle cronache coéve, un monaco esiliato dallo Swāt (odierno Pakistan) di nome Padmasambhava giunse in Tibet, assieme alla moglie che aveva preso andando contro alla dottrina del suo sistema clericale d’appartenenza. E non ritenendo ancora di aver fatto abbastanza, scelse una seconda partener tantrica, la principessa del Karchen, Yeshe Tsogyal, che avrebbe scelto di seguirlo a seguito del sublime insegnamento della scuola Nyingmapa, principale accezione della corrente Vajrayāna, ovvero degli “ulteriori mezzi abili” da impiegare per il raggiungimento dell’Illuminazione. Capacità che nella storia personale di quel saggio avevano accezioni del tutto sovrannaturali, al punto che entro la fine di quell’anno i due decisero di liberare il vicino paese del Bhutan dall’influenza demoniaca dei maligni abitanti del colle Hepo Ri, facendo uso di una strategia particolare. Allorché lei assunse la forma di una tigre volante, trasportandolo fino al luogo dell’arduo conflitto. Dove impugnando il sacro implemento noto come Vajra, declamò poesie e incantesimi fino al cruento annientamento del male. Quindi la coppia proseguì quel volo fino alla sommità di un montagna vicina, dove al fine di riprendersi il monaco si ritirò a meditare all’interno di una caverna. Questo luogo, in seguito sarebbe rimasto strettamente collegato al culto millenario di costui che una volta santificato, avrebbe assunto il nome storico di guru Rinpoche.
Se vi sono luoghi a questo mondo che, con il proprio splendore paesaggistico e i remoti orizzonti ove permettono di spaziare con lo sguardo incoraggiarono la gente a meditare sull’infinito, sarebbe difficile trovarne di più magnifici ed eccezionali di questo. Dal diciassettesimo secolo e per volere del quarto sovrano del regno unificato del Bhutan, Tenzin Rabgye, presso il sito ove atterrò la tigre è stato dunque costruito un complesso di edifici unico al mondo. Il suo nome descrittivo è per l’appunto Taktsang (con riferimento al “nido” del grande felino) cui viene spesso abbinato il toponimo di Paro, attribuito alla nebbiosa valle sottostante. Che spesso scomparendo per l’effetto delle nubi, fa sembrare questa estensione abitabile delle grotte ancestrali come sospesa in aria per l’effetto di un potere mistico, che sfugge alla mera comprensione della mente impreparata a comprendere il cosmo ed i suoi molti segreti. In queste sale, innumerevoli generazioni di monaci avrebbero raggiunto in seguito raggiunto lo stesso stato superiore noto alle figure storiche, che nel corso dei secoli avevano seguìto il pellegrinaggio volante del supremo Rimpoche. Così come oggi, letterali decine di migliaia di turisti annuali fanno il proprio ingresso tra le mura del patrimonio avìto, rigorosamente privi di telecamere, telefonini o altri strumenti di registrazione digitale…
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Il cerchio druidico nella città geometrica dove ogni casa è parte di un disegno ideale
In un’epoca remota collocata presumibilmente attorno al nono secolo a.C, un uomo di nome Bladud si recò in viaggio dall’Inghilterra per studiare filosofia ad Atene. Personaggio di un livello di saggezza largamente superiore alla media, egli andò tuttavia incontro ad un significativo contrattempo: l’aver contratto durante il viaggio di ritorno il Mycobacterium leprae, bacillo più comunemente noto come la malattia al incurabile della lebbra. Applicando tuttavia le tecniche sovrannaturali che aveva riportato dalla Grecia antica, egli accese un fuoco sacro nella regione del Somerset, dedicato ad Atena, ed in cambio ricevette dalla Dea il dono di fonti sorgive terapeutiche, dove sarebbe sorta successivamente la città di Kaerbadum. Molti anni dopo il suo regno come principale sovrano delle terre celtiche, destinato a durare vent’anni grazie alla sua capacità di sconfiggere la malattia, l’insediamento sarebbe dunque stato trasformato in una base operativa dagli Antichi Romani, che lo chiamarono Aquae Sulis. Ma in tempi ancora più recenti, il suo toponimo diventò semplicemente Bath.
Luogo più volte ammodernato sulla base dei crismi urbanistici vigenti, durante i primi anni della dinastia di Hannover (periodo Georgiano) questo luogo venne diventò il centro pratico di un tipo d’architettura razionalista, basata sui crismi architettonici palladiani. Eppure non perse mai le proprie connotazioni mistiche e sacrali, come chiaramente esemplificato dal suo quartiere storico, ove campeggia tra le molte meraviglie un sito costruito tra il 1754 e ’68 in grado di evocare al tempo stesso Stonehenge, ed il Colosseo di Roma. Il Circus, come volle definirlo il suo creatore teorico John Wood il Vecchio, che a causa del decesso a cinquant’anni lasciò al figlio quasi omonimo il compito di completarlo, come strabiliante espressione pratica del concetto di un complesso d’imponenti townhouse. Ovvero il tipo di dimore multipiano usate dalla nobiltà rurale, durante i mesi in cui l’attività sociale raggiungeva il punto d’ebollizione dando luogo al maggior numero di balli ed eventi mondani. Pensate per esempio al popolare telefilm Bridgerton, che non a caso è stato in parte girato a Bath… Ma non qui, forse poiché sarebbe stato troppo riconoscibile per i connazionali e non solo. Dove, altrimenti, è possibile trovare simili palazzi dalla pianta curva che circondano il mozzo di una ruota perfetta? Dal diametro di 97 metri (contro i 99 dell’osservatorio megalitico a 53 Km di distanza) finemente ornati usando in ciascun piano gli ordini Dorico, Composito e Corinzio, costituendo in questo modo il più significativo e quanto mai diretto riferimento all’arena gladiatoria di Roma. Una versione in cui la facciata principale, tuttavia, è rivolta verso l’interno e non più il resto della città destinata a usarlo come simbolo del potere Imperiale. E strani simboli massonici campeggiano oltre i finali dei tetti mansardati, impreziosendo il sito di un alone di latente mistero…
Tra fiori di lavanda, la gemma della chiesa che non produce un’ombra
Quello che non ci riesce necessariamente facile da immaginare, come abitanti di un paese che non raggiunge quasi i 10 milioni di chilometri quadrati, è la maniera in cui i turisti cinesi possono essenzialmente dividersi in due categorie distinte: quelli che viaggiano per il mondo al fine di assorbire nuovi luoghi e cognizioni, e coloro che invece, sia accontentano di ritrovare entro i confini nazionali tutto ciò che avrebbero ragione di voler sperimentare nella vita. Mari e monti, valli e fiumi, dighe, città storiche dai trascorsi millenari. Siti culturali ed archeologici, ma cosa dire dei monumenti? Quelle costruzioni frutto di un particolare profilo culturale, la risultanza dei processi estetici che sono la formale risultanza della collisione tra le aspirazioni collettive e la realtà tangibile della natura… Luoghi ed espressioni tipiche da cartolina, se portate alle più estreme conseguenze, dimenticando tutti i presupposti che ne hanno saputo consentire l’effettiva manifestazione al termine della catena dei momenti. Prendete, per esempio, la Provenza. Una regione che in Europa si conosce da una pletora d’immagini, tra cui distese viola da cui sorgono pareti antiche d’edifici o borghi medievali, trasformati nelle icone pittoresche dei nostri giorni. Così le valli ricoperte di lavanda, che compaiono nei quadri di Cezanne e Van Gogh, costituiscono soltanto una singola parte dell’equazione. E non è certo facile creare l’altra, mediante l’utilizzo di pietre, vetro e mattoni. Ragion per cui il Parco Scientifico e Tecnologico Agricolo Sino-Francese di Meishan, nel Sichuan, ha deciso per uno dei suoi punti panoramici più rinomati di seguire piuttosto il sentiero figurativo. Con la costruzione di una chiesa che non è una chiesa, un luogo di culto evanescente d’indubbia e singolare composizione, in cui le pareti esistono più che altro come un costrutto immaginario. Del fantasma scintillante, trasparente e magnifico, che si erge orgogliosamente dalla pianura.
La legittima e formale domanda di cosa, esattamente, stiamo guardando trova a questo punto soddisfazione grazie alla qualifica di Wú yǐng jiàotáng o “Chiesa Senza Ombra” (無影教堂) l’iperbole configurata come installazione artistica, piuttosto che vero e proprio luogo di culto, con la collaborazione dello studio architettonico Shanghai Dachuan. La cui capacità di ergersi, come un punto di riferimento inconfondibile, ha costituito nel corso degli ultimi anni una calamita irresistibile per quantità incalcolabili di fotografi da social network, in cerca di fondali adatti per incorniciare le immagini delle proprie vacanze…
Il catalogo dei quattro modi per attraversare un fiume a Conwy, antica fortezza gallese
Ci vediamo all’altro lato, prendo il ponte. Si, ma quale ponte? Quello sospeso che si estende da una torre con la merlatura geometricamente indistinguibile da quella di un lieto castello? O l’arnese simile a un’oblunga scatola, che fa ombra ai pesci che si tappano le orecchie al passaggio dei treni? D’altra parte, resta sempre possibile fare affidamento al caro vecchio carro a motore, impiegando la semplice striscia d’asfalto parallela. O perché no, già che ci siamo, passare al di sotto…
Le ley lines o dorsali energetiche di prateria sono l’elemento del folklore anglosassone che consiste in punti di collegamento invisibili, tra diversi punti d’importanza spirituale, ove la siepe divisoria tra i mondi tende a diventare più sottile, e fatti straordinari possono trovare la ragione di verificarsi. Da un certo punto di vista, esse costituiscono la percezione comunitaria dell’esistenza di zone focali, da un punto di vista sociale o storico, ove le cose avvengono secondo regole singolari o condizionate da fattori non del tutto evidenti. Se in tutta l’Inghilterra dunque, esistesse una ley line degli attraversamenti di un corso d’acqua, essa potrebbe senza dubbio collocarsi a Conwy, in Galles. Ove nello spazio di qualche centinaio di metri, campeggiano quattro strutture sopra e sotto le acque con la stessa identica funzione; ciascuna creata, a suo modo, per un’ottima ragione pratica; e ciascuna l’espressione di canoni ingegneristici del tutto frutto della propria rispettiva epoca di appartenenza. All’ombra, neanche a dirlo, di un qualcosa di assolutamente antecedente, essendo databile al remoto 1289. Che non è il più grande, ma forse quello maggiormente caratteristico, tra i numerosi castelli costruiti dal grande architetto savoiardo James de Saint-Georges, per conto del re conquistatore Edoardo I. Colui che di ritorno dalle crociate dopo la morte del padre ed essendo stato incoronato presso l’abbazia di Westminster, intraprese presto una campagna militare nelle terre ostili del principe Llywelyn ap Gruffudd, e proprio in esse finì per essere assediato nel 1295, all’interno del solido e maestoso forte fluviale alla foce del fiume Conwy. Dalle pareti in grado di svettare sopra la scogliera, rispecchiandosi nelle acque turbolente, come parte integrante delle mura di un’intera città murata nello stile di una bastide, la classe principale d’insediamenti francesi alla metà del XIII secolo europeo. Ciò che tali personaggi non potevano sapere, tuttavia, è che dove il Medioevo fece scempio della sicurezza individuale tramite l’accrescimento dei venti di guerra, in un’epoca di maggior pace gli ingegneri vittoriani avrebbero trovato l’occasione di creare il primo punto di collegamento. Per il tramite del “Colosso” costruttore d’infrastrutture Thomas Telford, così chiamato per analogia con la statua storica di Rodi (il cui eponimo suonava simile, per l’appunto, alla parola inglese roads, strade) le cui umili origini come figlio di una povera famiglia scozzese non avrebbero impedito di proseguire gli studi e trasferirsi a Londra, dove avrebbe conosciuto alcuni degli architetti maggiormente rinomati della sua Era. Dando inizio a una carriera che lo avrebbe portato a costruire un’ampia varietà di ponti, tra cui alcuni dei primi esempi in cui l’intero arco centrale risultava sospeso ad una letterale striscia catenaria concava in prossimità dell’orizzonte…