Collezionando Dai: l’evoluzione millenaria della grande sciabola cinese

Non è curioso notare come nel vocabolario inglese il termine gun, originariamente riferito alle bocche da fuoco più imponenti, sia oggi appellativo riservato anche alla più portatile delle armi a distanza, la pistola che può essere nascosta all’interno di un mera fondina? Strani parallelismi, nella deriva linguistica di certi termini all’interno di culture assai distanti. Vedi la maniera analoga, in cui tra i vasti confini del Paese di Mezzo (中国; pinyin: Zhōngguó) ovvero la Cina, il carattere ideografico comunemente pronunciato come dāo (刀) sia oggi riferito al tipico coltello da cucina o lavoro. Mentre all’epoca della sua prima attribuzione, era il sinonimo di un’imponente tipologia di arnese da combattimento, il cui luogo d’utilizzo ideale poteva essere individuato unicamente all’interno del campo di battaglia. “Generale delle armi” come veniva definito all’interno del quartetto tradizionalmente completato dal gun (棍 – bastone) la qiang (枪 – lancia) e la jian (劍 – spada diritta), il dāo viene originariamente collocato negli arsenali dell’antichissima dinastia Shang (1675 a.C. – ca. 1046 a.C.) sebbene per un suo utilizzo su larga scala sia necessario attendere l’epoca degli Han (202 a.C. – 220 d.C.) quando l’impiego su larga scala della cavalleria iniziò a cambiare il tipo di strategie impiegate preferibilmente nei conflitti tra grandi armate. Ed il colpo inflitto di taglio, piuttosto che complicati duelli tra esperti utilizzatori delle arti marziali, riusciva a dimostrarsi molto più efficace, particolarmente nei confronti di una fanteria spesso dotata di armatura leggera o del tutto inesistente. Generalmente curva, ma non sempre, la sciabola cinese trovava dunque il suo elemento maggiormente caratterizzante nella natura pesante e molto spessa della propria lama, capace di farne un’implemento durevole anche a fronte di campagne belliche della durata di mesi o anni. Ragion per cui quest’arma, nella caratteristica foggia dell’epoca che prevedeva un grande anello per appenderla in corrispondenza dell’elsa, diventò progressivamente uno strumento inseparabile anche per le truppe di fanteria, che si trovarono a brandirla assieme a piccoli scudi triangolari. Durante il lungo periodo di conflitti e divisioni iniziati al termine di tale dinastia, durato oltre 350 anni a partire dal celebre conflitto dei Tre Regni, la costruzione del dāo iniziò quindi a risentire dell’influenza delle popolazioni delle steppe limitrofe al grande Impero ormai disunito, giungendo a differenziarsi in forme alternative come quella, corta, tozza e simile al falcione occidentale del dadao, la grande spada curva a due mani dello zhanmadao ed una sua versione dotata di un manico più lungo, simile a una lancia, cui venne attribuito l’appellativo di buzhandao. Fu perciò probabilmente attorno al ritorno di un potere centralizzato verso l’inizio della dinastia dei Sui (inizio 581) Tang (i. 618) e Song (960-1279) che i primi contatti commerciali istituzionalizzati potrebbero aver condotto questa riconoscibile forma d’arma fino all’arcipelago giapponese, dove avrebbe generato attorno a tale epoca il concetto particolarmente celebrato della più leggera e flessibile katana, non a caso indentificato anch’essa con il carattere (刀) un tempo riferito al concetto di “coltello”…

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Tre palle d’acciaio: lo strano secolo dei carri armati rotanti

La porzione avanzata del reggimento sovietico di Cavalleria Mongola Meccanizzata si dipanò dinanzi agli occhi di Tetsuo all’interno della valle del fiume Tumen, nella calda estate del 1945. Dozzine di carri armati, pezzi d’artiglieria, cannoni semoventi, accompagnati da una fila interminabile di uomini armati con fucili, mitragliatrici ed armi anticarro. Scrutando innanzi dall’angusta fessura del suo veicolo di fabbricazione tedesca, egli comprese come i suoi connazionali a Port Arthur avessero soltanto un’ultima possibilità di evacuare con successo il Kwangtung, sotto il comando del generale Otozo Yamada: un bombardamento strategico dei treni di rifornimento, possibilmente in grado di coinvolgere anche il munizionamento nemico. Una mansione possibile soltanto mediante l’identificazione precisa del punto da colpire, mediante l’accensione di un enorme faro notturno, l’ultimo fuoco d’artificio da lanciare prima dell’abbandono definitivo della speranza. A quel punto Tetsuo, stingendosi la fascia con il Sol Levante, osservo per un’ultima volta la foto della sua cara Asahi sopra il pesante contenitore d’esplosivo, verso l’alba splendente oltre l’oscurità di un mondo che non il significato del termine “speranza”. Egli sapeva fin troppo bene come l’armatura sottile del Kugelpanzer non avrebbe potuto resistere al fuoco sostenuto di un fronte di battaglia. Ma se tutto fosse andato secondo i piani, non ci sarebbe stato neanche la necessità di farlo; poiché un simile strumento di battaglia, rispetto a quelli nemici, aveva un vantaggio molto significativo: il rotolamento. E una capacità di movimento che mai nessuno, prima di allora, si era trovato ad affrontare. Nessun grido, né ultime declamazioni roboanti…Non ancora; “Lunga vita all’Imperatore, vendetta per lo spirito dei samurai.” Pronunciò tra se e se il soldato, preoccupato di attirare attenzioni indesiderate. Quindi con un colpo volitivo all’acceleratore, mano ferma sul manubrio, spinse innanzi quella sfera fino al punto di non ritorno. I cinque chilometri orari possibili lungo la strada orizzontale furono ben presto superati. Quindi i 10 e i 15, mentre la sella sopra cui era posizionato s’inclinava minacciosamente da una parte all’altra, lungo la scarpata in bilico sugli orizzonti di gloria. Il suono roboante del rotolamento continuava ad aumentare, quando grida riecheggiarono distanti e quale primo sparo, incerto, all’indirizzo dell’oggetto totalmente privo di precedenti. Foglie ed erba crearono un turbinìo vorticante. Gli occhi incollati alla stretta fessura di guida, Tetsuo fece il possibile per controllare la valanga, schivando prima uno, quindi due e tre forme corazzate, probabilmente appartenenti ad altrettanti T-34 o simili dispositivi corazzati. Adesso, è il momento, Tenno Heika Banzai! nell’attimo finale, non ci fu tempo di pensare ad altro che la posizione del pulsante d’innesco, e che il sommo spirito di tutti i Kami guidasse le bombe all’indirizzo del fondamentale bersaglio, temporaneamente illuminato dalle fiamme. Giunti a quel punto, non è possibile trovare un posto garantito tra le pagine della storia. Ma questo fatto, ormai da tempo, era riuscito ad accettarlo. Poiché c’era un’altra sfera, pronta a compiere l’estremo sacrificio se la sua missione non avesse raggiunto l’obiettivo desiderato. Dopo tutto, ogni palla deve avere il suo compagno.
Di sicuro, potrà sembrarvi ragionevolmente improbabile. Ecco perciò qualche altro possibile utilizzo per uno degli oggetti più bizzarri che i lunghi anni di guerra fossero riusciti a produrre: una postazione semovente di difesa (ma troppo vulnerabile) un veicolo di perlustrazione (ma troppo lento) un mezzo di avvistamento per l’artiglieria dotato di radio a bordo (ma troppo rumoroso). E così via, a seguire. Il semplice fatto che il carro armato tedesco sferoidale, il ragionevolmente iconico Kugelpanzer, sia fuoriuscito in un momento indefinito dalle fabbriche della Krupp sarebbe stato già abbastanza sorprendente. Se non fosse per il fatto che qualcuno, per ragioni poco chiare, aveva dato istruzioni di caricarlo sopra un treno e trasportarlo fino in Estremo Oriente, dove i sovietici lo ritrovarono durante le fasi culmine della campagna d’Oriente, all’interno di un deposito giapponese. Possibile che tutto ciò costituisse unicamente un errore? Chi aveva mai pensato che una cosa simile potesse servire a qualcosa, e perché?

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L’impressionante terrore prospettico del Globemaster che sfiora i grattacieli di Brisbane

“Scegliete di vivere l’adrenalina, scegliete una carriera da piloti della Royal Australian Air Force” ai comandi…. Di un mastodonte da 128 tonnellate di peso e fino ad ulteriori 74 di carico, sufficienti a sollevare in cielo un moderno carro armato M1 Abrams, completo di equipaggio, munizionamento ed accessori vari. Il tipo di velivolo, in altri termini, che difficilmente dovrà trovarsi a schivare missili nei cieli durante il corso di un serrato duello aereo. Ma potrebbe alquanto sorprendentemente, conoscere i più estremi limiti del suo contesto operativo in epoca di pace, ed in particolare nel corso della ricorrenza del Rivefire Festival, annuale celebrazione settembrina della stima del popolo di Brisbane nei confronti della propria storia cittadina e il fiume omonimo, fonte di cibo e sussistenza fin dall’epoca della colonia penale di Moreton Bay. Qualcosa di straordinario ed a suo modo appassionante, come largamente esemplificato dalla serie di fotografie e riprese che sul finire dell’inverno australe s’irradiano regolarmente dai canali social degli abitanti del posto, in cui uno degli otto Boeing C-17 Globemaster III al servizio della RAAF sembra insinuarsi noncurante tra le forme monolitiche degli alti grattacieli urbani, schivandone il perimetro e facendo sfoggio di quel tipo d’agilità che tenderesti ad aspettarti da un falco pellegrino. Inquadrato surrealmente dall’alto, mediante cellulare o telecamera da spettatori che si trovano, per una serie di drammatici momenti, effettivamente SOPRA quelle ali, suscitando un senso di vertigine del tutto privo di un contesto acquisito. Nonché un implicito riferimento, mai mancato dagli americani, all’epocale tragedia dell’11 settembre 2001, sebbene debba necessariamente trattarsi di una mera illusione. Non che questo abbia impedito, in epoca recente, a più di un newyorkese un certo senso spontaneo d’ansia, accompagnato dalla disistima di vedere il suo vissuto riproposto come lo spettacolo di un giorno lieto. Non che la misura della percezione statunitense debba sempre, oppure necessariamente, ritrovarsi a pervadere ogni aspetto della vita (post)moderna, benché l’aereo in questione e la sua filosofia di progettazione, manifestata per la prima volta con il prototipo del 1991, costituiscano la diretta risultanza di una richiesta d’appalti delle autorità militari di quel paese. Al fine di sostituire i precedenti ed ormai vetusti Globemaster C-74 e C-124 offrendo un particolare vantaggio di tipo operativo: la capacità d’infiltrarsi volando a bassa quota oltre i radar o lanciamissili del territorio nemico. Per depositare il proprio carico belligerante, lievi come farfalle, imperturbabili all’aspetto dei pericoli circostanti. Un tipo di operazione regolarmente testata in California mediante incursioni a pieno carico nel cosiddetto Star Wars Canyon (depressione nei pressi della Valle della Morte) ma che semplicemente nessuno si aspettava di vedere riproposta in mezzo alle case di un centro metropolitano abitato da due milioni e mezzo di persone. Il che la dice lunga, inevitabilmente, sulla preparazione pregressa e la fiducia investita dagli australiani nei confronti dei propri piloti militari, formati d’altra parte tramite l’implementazione di uno dei programmi di addestramento più avanzati al mondo. Inclusivo di prove pratiche, se vogliamo, non propriamente alla portata di chicchessia…

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Una dimostrazione pratica del primo fucile Gauss portatile prodotto in serie

Assolutamente cruciale nel tipo di scenari generalmente utilizzati nella fantascienza speculativa è un qualche tipo di superamento del tipo d’implementi bellici di cui al giorno d’oggi possiamo disporre. Quasi come se nel lancio esplosivo di proiettili figurasse un qualche tipo di limitazione inerente, concettualmente insuperabile, tale da lasciare l’unico spazio evolutivo di d’iniziare nuovamente da capo. O forse si tratta dell’inclinazione naturalmente creativa della mente ingegneristica, perennemente in cerca di un qualche margine per rivoluzionare ciò che pur non risultando necessario, riesce ad essere così dannatamente interessante. E cosa c’è di più interessante a questo mondo, dell’oggetto più pericoloso in assoluto? Un’arma “da fuoco”, per così dire, in cui effettivamente il terzo elemento non figura, a meno di considerarlo trasformato nella sua accezione elettrolitica e all’interno della dura scocca di un agglomerato di litio ed altri materiali oggi del tutto indispensabili nel mondo della tecnologia applicata. Eppure non è un mero sfoggio di competenze, o il tipico esperimento di YouTube condotto per attrarre l’attenzione, quello offerto nel presente video da Ian McCollum, A.K.A. Gun Jesus di Forgotten Weapons (così soprannominato per i capelli lunghi e la barba, anche se ultimamente porta il pizzetto) che una volta mostrato l’orpello da ogni angolazione immaginabile compie senza esitazioni il passo successivo, trasportando il GR-1 “Anvil” nel poligono di tiro, dove lo usa con successo per bucare da parte a parte il classico bersaglio dalla forma vagamente antropomorfizzata. Senza la necessità di mettersi alcun tipo di protezione alle orecchie, perché qui siamo di fronte senza usare mezzi termini al tipo di arma teorizzata per la prima volta dal matematico del XIX secolo Carl Friedrich Gauss, e che potremmo definire con un termine più descrittivo coilgun, ovvero il cannone a bobina. Una soluzione… Interessante, per scagliare il proiettile verso l’obiettivo selezionato, senza nessun tipo di esplosione e superando alcuni delle più basilari implicazioni del concetto stesso di “fucile”, in quello che potremmo piuttosto scegliere di definire un vero e proprio acceleratore di massa. In primo luogo perché in questo rifle, per citare lo stesso Gun Jesus, manca per l’appunto il rifling (rigatura della canna) facendone più che altro una sorta di evoluzione del concetto di shotgun o bocca da fuoco a canna liscia, inerentemente meno precisa, come non può mancare di utilizzare questo esperto tiratore dalle innumerevoli esercitazioni di sparo pregresse. Pur restando nondimeno colpito da diversi aspetti dell’avveniristica e ingombrante arma, non ultimo dei quali la sua naturale somiglianza a quanto fatto figurare all’intero d’innumerevoli opere d’ingegno e d’intrattenimento, non ultima la serie di sparatutto interattivi Halo, che il recensore giunge a citare espressamente nel corso della propria trattazione. Benché persino gli sviluppatori ed i designer di quel mondo ad anello, e tutto il conflitto interstellare che gli ruota attorno, avessero pensato di collocare simili implementi nelle mani di super-soldati dalla forza sovrumana, armando la comune fanteria con carabine e mitragliatrici di un tipo maggiormente maneggevole e familiare…

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