Immaginate di vivere la vostra intera vita guardando davanti. La vista letteralmente bloccata, incapace di spingersi al di sopra dell’orizzonte: quale concezione avreste dell’universo? Cosa pensereste delle ombre che corrono al di sotto delle nubi, del bagliore diffuso della Luna, del verso inesplicabile degli uccelli? Avreste elaborato una vostra filosofia del futuro… O vivreste unicamente nell’oggi, come una tartaruga intrappolata nell’unico guscio che abbia mai conosciuto… Ecco, qualcosa di simile! Ma orientato all’inverso: il famoso Macropinna microstoma, uno dei pesci più singolari mai ripresi a largo della California dallo MBARI (Monterey Bay Acquarium Research Institute) è una creatura con gli occhi a forma di telescopio, anatomicamente orientati in alto. Che dal 1939, anno della sua prima descrizione scientifica, si ritenevano completamente fissi, mentre proprio in occasione delle riprese qui mostrate, un esemplare finalmente catturato vivo, ed osservato attentamente per un paio d’ore. Potendo finalmente prendere atto di un qualcosa di inaspettato: il pesce che si dispone in verticale, come una balena addormentata. E i due grossi organi verdi riorientati nel senso di marcia, pronti a individuare l’ombra o il bagliore di potenziali prede.
Per comprendere pienamente le implicazioni di un tale gesto, sarà opportuno descrivere a pieno l’aspetto e le caratteristiche di questo essere scaglioso di 15-20 cm medi, tra i preferiti dei giornali scientifici e le antologie di curiosità. Il pesce barreleye atlantico, come viene altrimenti definito (occhi a barile) se visto da dietro appare come un normale nuotatore delle notevoli profondità a cui vive, forse un po’ tozzo e goffo, dalla coda biforcuta e le grandi pinne ventrali. Di lato, inizia a notarsi qualcosa di strano. Ma è l’aspetto frontale, a risultare immediatamente inusitato: perché dove dovrebbe trovarsi il cranio, c’è invece uno scudo trasparente simile al parabrezza di un motorino, che inizia esattamente in corrispondenza dell’ultima scaglia e si congiunge all’area frontale della mandibola. Sul davanti, due punti neri che non sfigurerebbero in un vecchio cartoon della Disney, non hanno in effetti alcuno scopo connesso alla visione, costituendo piuttosto le nares, organi olfattivi equivalenti alle narici umane. Mentre i sopracitati rilevatori d’immagine, due cupole a rilievo affiancate, dominano l’interno dell’area protetta, per la maggior parte del tempo intenti a scrutare…Verticalmente. Si tratta di uno strano adattamento, in realtà presente in svariate altre specie della famiglia Opisthoproctidae, evolutasi per occupare una nicchia ambientale particolarmente inaccessibile, l’oceano delle grandi profondità. Tra i 600 e i 2.000 metri, dove la luce che giunge dovrebbe essere talmente limitata, da non permettere in alcun modo di sopravvivere provvedendo alle proprie necessità alimentari. Se non quando, ed è questo il punto fondamentale dell’intera questione, l’obiettivo si trova a stagliarsi tra la distante fonte del delicato bagliore e l’osservatore, stagliandosi come una silhouette del teatro delle ombre cinesi, infusa del gusto magnifico dell’ulteriore sopravvivenza sommersa. In merito a questi pesci, la cui biologia resta largamente ignota, è stato ipotizzato che la principale fonte di sostentamento potrebbero essere piccole meduse, plankton e cobepodi, che avrebbero imparato a sottrarre dalle grinfie dei sifonofori, le colonie di minuscoli polipi trascinate in giro per l’effetto della corrente. A tal proposito, la protezione frontale trasparente avrebbe proprio lo scopo di evitare che i delicati occhi possano essere raggiunti dal veleno dei nematocisti, le cellule urticanti che ricoprono l’inconsapevole vittima del ladrocinio.
Ma ogni teoria in merito alla vita di queste creature, osservate poco più di una manciata di volte in condizioni realmente scientifiche, resta per l’appunto, solamente una teoria. Tutto quello che possiamo fare è osservare la loro improbabile fisiologia, per trarne le nostre migliori, benché personalissime conclusioni…