Fuga dal dedalo di Gottlob Leidenfrost

Leidenfrost maze

Restava una porta, mancava l’uscita. E ogni giorno sparivano i topi. 10 ce n’erano, poi ne rimasero nove. L’eterno dilemma dei camici bianchi: non si può mettere la bestia in un labirinto, aspettandosi che ogni volta ritrovi la via. Sinistra, sinistra, destra, sinistra, destra e dopo? Sono imperfetti, gli esseri viventi, cedono e smettono di affannarsi, troppo stanchi per cercare il formaggio… Oppure: succede qualcosa. Persino i gladiatori del Colosseo, un bel giorno potevano guadagnarsi la libertà. E dopo 1.000 volte, se i Pianeti si allineano, quando risplendono Stelle diverse, il topo può diventare. Acqua, che corre veloce, verso. Fuori! La scienza, come diceva il chimico più famoso della città di Albuquerque (che tutti, per presunte ragioni di privacy, usavano chiamare Heisenberg) è lo studio del cambiamento. Quindi, se vari l’ordine degli addendi, purché rimanga il conflitto, tutto tende a allo stato di quiete. Quando Gandalf evocò gli acquosi cavalli del fiume di Granburrone, turbinante Rombirivo, questi erano nove, tanti quanti le belve cavalcate dai malvagi, spettrali aggressori. Ad ogni azione, corrisponde una reazione uguale e contraria. Così potrebbe esser nato, fantasia permettendo, questo dedalo enorme, l’occulto Labirinto di Leidenfrost, basato sull’omonimo, imprescindibile principio della dinamica dei fluidi, che a comando si scatena, previo riscaldamento di un’adeguata superficie d’appoggio. Stiamo parlando, come da video allegato, di un esperimento realmente messo in pratica da Carmen Cheng e Matthew Guy, studenti dell’Università di Bath. Che va visto, per essere creduto. 1,2,3…9… Gocce, una per ciascun topo, gettate sul primo pannello, invitate, anzi no, costrette, a correre verso l’uscita. Eccome, se andavano! Più sicure, veloci che mai. Altro non sarebbe, questo prodigio, che l’applicazione di un fenomeno facilmente osservabile anche da noi, uomini della strada. Quello secondo cui, quando si riversa un liquido sopra un solido MOLTO al di sopra della sua temperatura di ebollizione, questo non evapora completamente, bensì solo in parte. E il gas che ne deriva, intrappolato sotto la goccia residua, gli fa da cuscinetto protettivo, rendendola, per così dire, sguisciante. Fu confermato, come principio, tramite gli esperimenti del fisico tedesco Johann Gottlob Leidenfrost. Da quel giorno, ci assilla. L’avrete probabilmente notato, facendo bollire un uovo, nel formarsi di piccole perle bizzose, goccioline d’acqua che scivolano, libere, per tutta la vostra padella. Però, qui si fa scienza: a noi, solo questo non ci sarebbe bastato.

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Videocamere per cellulari con la stabilità del pollo

Chickencam

L’occhio metaforico del galliforme, che sa contare fino a 20 e non dimentica mai un pulcino, qualunque cosa accada. Del processore di ultima generazione possiamo farne a meno. La batteria non ci è così essenziale. Applicazioni, giochini? Sono per chi ha tempo da perdere. A noi basta che il cellulare faccia le telefonate e…Le foto. Alle soglie del futuro, non c’è un solo gadget da taschino che sia privo di questa funzionalità, né un produttore che trascuri l’essenziale finestrella mangiatrice di fotoni, quell’obiettivo (con lente) che dovrebbe trasformare ogni uomo di strada nell’artista dell’inquadratura, drago dei social network e regista internazionale dell’orrido filmino delle vacanze. Il bel risultato, alla fine, resta come testimonianza per i posteri, sotto gli occhi di noi tutti vittime innocenti. Sequenze sbilenche, soggetti fuori fuoco, scene scurissime perché inquadrate controluce e così via. Per questo c’è il caso che qualcuno, prima o poi, trovi quel sacro Graal; un sistema automatico, immune agli errori più comuni, che possa rendere indimenticabile ogni singolo momento giudicato, a torto o ragione, come degno d’essere inviato ai nostri posteri, dell’oggi e del domani. Lo strumento cinematico che fa da se. La macchina fotografica su cui puoi contare, sempre, comunque! L’ultima a provarci, dopo Apple con le sue pur valide soluzioni software, sarebbe poi lei, la major coreana LG, tramite il sistema basculatorio dello smartphone G2, denominato con l’appellativo fascinoso di GALLUSCAM.
Tutto inizierebbe, secondo l’esauriente video-presentazione, nello scarno garage di Dave, cameraman professionista. Il genio, come chiaramente enunciato nell’accattivante slogan di supporto “Great ideas are everywhere” non fuoriesce sempre dalle grandi officine o dagli altri luoghi frequentati dal gotha sublime dell’ingegneria. A volte può anche provenire da chi sa far di necessità, virtù. Così Dave, che s’interessa di motociclismo, ciclismo, paracadutismo, motoscafismo e innumerevoli altri -ismo, aveva un problema. Come garantirsi l’immagine più stabile che memory card possa ospitare, onde aumentare il più possibile le visite al suo portale web. Finché non ebbe questa piacente idea…

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Il motoscafo sommergibile con la forma di un delfino

Seabreacher

Non chiamateli pesci! Sono mammiferi marini, ma che dico, motoscafi…In grado di viaggiare sopra, dentro e persino sotto l’acqua. Quest’ultima impresa, sebbene soltanto per brevi tratti, sanno come compierla con stile, ad una velocità davvero sorprendente. I tre mezzi della linea Seabreacher, prodotti dalla piccola compagnia americana Innespace Productions, vengono definiti come The Ultimate Diving Machines (le macchine da immersione definitive). E forse, per una volta, non si tratta di un’esagerazione. Sono dei sommergibili biposto, notevolmente affusolati, spinti da un sistema di propulsione vettoriale che si orienta liberamente in ogni direzione, proprio come la coda di un vero abitante degli abissi. Pinne dorsali, laterali e pettorali si occupano della stabilizzazione, fornendo anche ulteriori superfici di controllo. E infatti questi pesci meccanici si guidano, piuttosto che tramite il solito, noioso timone, attraverso una coppia di vere e proprie cloche, non dissimili da quelle degli aerei. La differenza, dal punto di vista della creatività di pilotaggio, è semplicemente rivoluzionaria. Basta guardare uno qualsiasi dei molti video di presentazione, largamente disponibili su YouTube: l’imbarcazione corre, compie degli avvitamenti e s’immerge per poi saltare fuori, quasi a 90 gradi. Parrebbe di assistere a uno show acquatico delle orche di SeaWorld, se non fosse per la scia d’acqua lanciata in aria e la rapidità di spostamento, davvero innaturale. Quest’ultima può raggiungere, nel caso del modello di punta, gli 80 Km/h in emersione e i 40 sott’acqua, potendo senz’altro far la gioia di tutti coloro che coltivano la proverbiale Need For Speed, ovvero la necessità di andar sempre più veloci. A loro si rivolge Seabreacher X, la versione “squalesca” e più recente del dispositivo, dotata di 260 cavalli di potenza per appena 612 Kg di peso. Il rapporto tra i due valori, tanto vantaggioso, risulta pari o superiore a quello di una roadster sportiva purosangue, come una Porsche, Ferrari o Lamborghini. Pensateci! Per i due fratelli minori, leggermente meno estremi, l’azienda si è invece ispirata a creature meno (ingiustamente) temute e dotate di una coppia di polmoni, piuttosto che delle solite branchie: l’adorabile delfino (Seabreacher J) e la già citata orca (Seabreacher Y) rivivono nelle livree di serie, nella dimensione e nel posizionamento delle pinne per ciascun battello, benché il sito ufficiale ne mostri anche di simili ad aerei e astronavi, più o meno fantascientifiche nell’aspetto. Notevole, nel caso del modello balena-killer, è l’optional irrinunciabile dello spruzzo dorsale, attraverso cui l’animale dovrebbe regolarmente liberarsi dell’acqua entrata nel suo apparato respiratorio. L’effetto di un simile exploit coreografico, condotto di fronte a un incredulo pubblico di bagnanti, potrebbe quasi giustificare di per se l’acquisto. Occorre, tuttavia, dimostrare un certo grado di pazienza: ciascun esemplare viene prodotto su richiesta, dopo il versamento di un congruo anticipo sul prezzo complessivo.

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La macchina che sposta il ketchup

Switl

“Il mio nome è ketchup, distruttore di tovaglie. Gustatemi, finché potete; raccoglietemi, se osate farlo” SPLOTCH! Improvvisamente a capo scoperto, quella giallissima patatina, tenuta tra l’indice e il pollice, sembrava guardarmi, beffarda. Sotto di lei la pozza vermiglia, del tutto simile al sangue di un luogo delittuoso, giacque immobile, per l’eternità. La premonizione profetica del narratore, come in un racconto di Edgar Allan Poe, enunciava con certezza che nessun uomo, nessuna donna potrà mai rimuoverla, neanche con i più potenti detersivi dell’epoca moderna. Servirebbe qualcosa di…Diverso! Superiore! Come un robot proveniente dal futuro: SWIFF! Farebbe, insinuandosi tra gli atomi della scena del disastro, separando ciò che è puro dalla sua rovina, fluidifica e morbulosa salsa-pomodoro. E l’approssimazione, linguisticamente modulata, di quel glorioso suono, ovvero SWITL, sarebbe del resto anche il nome di una tale meraviglia. Viene dal paese del Sol Levante, sull’onda di un brevetto esclusivo della piccola compagnia Furukawa Kiko, sita nella città di Nagaoka. Il totale dominio dei semi-fluidi e delle gelatine commestibili, tra le catene alimentari e quelle di assemblaggio, è un territorio ostico da esplorare. In questo tremendo dedalo di strade senza uscita, molti hanno smarrito la via, causando gravi conseguenze per superfici di cotone, lino o altri candidi materiali. Da oggi, mai più! Questo prodotto, simile a una paletta retrattile motorizzata, può raccogliere le salse da una superficie liscia, con tanta immediatezza e facilità procedurale che queste, staccandosi, neanche cambiano la loro fugace forma. Sarebbe possibile usarlo, ad esempio, per sollevare una certa quantità di salsa rossa, rosa o maionese, ruotarle di 90° e rimetterle sul piatto, come niente fosse, pronte all’uso. Come, a cosa serve? Basti pensare al classico scenario della goccia scivolata verso il basso, drasticamente attratta dall’implacabile forza di gravità, che finisce per sporcare qualche cosa. Chiunque abbia tentato di rimuoverla d’impulso con dita o tovaglioli, avrà finito per spanderla sempre più, scivolando inesorabilmente verso il peggio. L’unico modo per tutelarsi è questo: prendersi uno SWITL, per la modica cifra di 70.000 yen (524 Euro). Nessuno, mai, ha detto: “Il Futuro costa poco!”

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