Rivincita degli animali contro il golf

Animals PGA Tour

“Attenzione! Invasione di campo!” Aha, mazzuto giocatore con visiera bianca e nera, calzini a quadri, sobria magliettina tinta unita. Cercatore di aquile e uccellini (Eagle & Birdes). Tu che hai premuto sul pedale della buggy a quattro tempi, neanche fosse il mezzo trasportato dall’Apollo 15, poi piantando l’empia bandierina dell’esploratore di satelliti e pianeti. Questa Terra non è solo tua, ergo, vade retro Tiger Woods! O chi per te…Dove l’hai scavata, quella tua buchetta 9, Par 4 (con curva lieve a destra)? Non in mezzo al grigio Mare Tranquillitatis, residuo lavico di ecosistemi disgregati, inutile memento mineralizzato; bensì tra valli verdi, alberi vividi e vivaci! E dove c’erano profondi formicai, cattedrali Chtonie quanto silenziose, ormai scorrono rigagnoli senza ragione, ostacoli per sassi tondi e bucchicchiati. Ovvero palle pallide, insapori. Quindi hai posto le profonde buche colme di un sabbioso nulla, completamente inutili per mucche, lepri e grilli saltatori. Tutto questo con un solo fine: scoprire se riuscivi ad evitarle. Troppi crateri e troppi pochi meteoriti! Ah, la Luna mi sia testimone, terribile sarà la mia vendetta. Terribilmente fastidiosa.
Lo sport de “La quasi-piacevole passeggiata” si basa su accurate decisioni strategiche multi-livello, che richiedono degli anni di preparazione, scacchistica nei metodi e le prassi cognitive. È difficile appassionarsi a ciò che trascende dalla propria comprensione. Questo pure senza calcolare i tempi che richiede una tipica partita, lunghi e contemplativi quanto quelli dello Yoga. C’è persino l’occasione di annusare i fiori, insetti permettendo. La tensione di un swing risolutivo, quel singolo gesto che decide le carriere, non è facile da cogliere allo sguardo degli spettatori occasionali. Eppure noi moderni, affetti dalla sindrome dell’insostenibile attenzione, possiamo sempre apprezzare queste liste costruite per il web. Frenetiche, incalzanti! Le 10 buche in uno! I 10 tiri più lunghi! 10 volte che, ohibò, qualcosa è andato storto! Non a caso la Top Ten ufficiale del PGA Tour, principale organizzazione golfistica degli Stati Uniti, è una vera istituzione di YouTube. Ma un simile particolare esempio è veramente fuori dagli schemi. Si tratta di una classifica degli animali che hanno INTERROTTO le PARTITE. Ce n’é per tutti i gusti: rapaci, anatre, scoiattoli, martin pescatori. E soprattutto, rettili. Ché il tuo Lacostiano coccodrillo, borsaluto picchiatore di chiodini sottopalla, trovi la compagna meritata, tra le acque paludose della Florida o accogliente California. La placida lucertolona d’epoche preistoriche, sfrattata a colpi di rastrello dagli addetti al Country Club. 

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Gli acrobati del palo salterino

X-Pogo

Questi giovani membri della cricca dei Cooligans dimostrano che si può fare con il giusto grado di pratica e preparazione. Eseguire figure come queste, l’una dopo l’altra e senza errori, non è roba per gli umani. Qui, come per i video di altri sport del ramo, c’è stata un’attenta selezione dei diversi attimi migliori, al fine di produrre un tale quibus coinvolgente. Tutto è perfetto e trascendente, in tale danza di bastoni senza spogliarello. Se poi c’è un contesto strano e nuovo, come certamente è questo, tanto meglio.
Azione: spingere. Reazione: tirare! Saltare oltre ogni limite di umana concezione, staccarsi dal solido suolo che intrappola la psiche insieme al corpo: se mai c’è stato un volo pindarico d’invenzione, è stato certamente quello di chi seppe realizzare il primo Pogo Stick. Il giocattolo talmente statunitense fin dalla sua origine, che qui nella penisola non ha neanche ricevuto un vero e proprio nome. Bastone su-e-giu? Pertica molleggiata? Sbarra rimbalzante? Così si usava definire, assieme a molte alternative, tale oggetto, molto popolare in un tempo alquanto remoto, diciamo verso l’epoca dei nostri genitori. Il progetto risalirebbe, in effetti, al nebuloso 1891, per un brevetto di George H. Herrington del Kansas, poi migliorato dai tedeschi Pohlig e Gottschall, le cui due sillabe d’inizio nome sarebbero, secondo alcuni, alla base del termine moderno, PoGo. Ed era già un trastullo, all’epoca, non privo di pericoli per l’utilizzatore. La cima del bastone, cui ci si abbarbicava neanche fosse un corrimano verticale della metropolitana, ricordava vagamente un dardo pronto a penetrare le mandibole dei bimbi, facendo un buco dritto nel cervello. Ed era proprio quello… Il bello? Diciamolo, la sicurezza non era tra le priorità di chi vendeva un simile balocco. L’aggiunta successiva del caratteristico elemento orizzontale, valido a formare una riconoscibile struttura a T, fece molto per contenere i rischi legali a carico dei produttori. Aumentando in misura direttamente proporzionale l’elemento della noia. Finché a qualcuno, da qualche parte, non venne in mente d’impugnare il tutto in modo nuovo. Pensò costui: “Se ho due manopole, come sulla bici, perché non dovrei curvare a destra e a manca, muovermi per strade inesplorate…” È così che nascono gli sport migliori. Dalla fulminante idea di una mattina, come le altre, all’apparenza, eppur di fuoco torrido e veemente.

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Wolverine e Batman fatti in casa

Wolverine Colin Furze

Tre tagli orizzontali, con un sibilo sinistro. Ah, l’oscuro fato dei cocomeri, gli ovali deliziosi, sempre fatti a pezzi nei programmi dedicati al libero commercio! Ad esempio, quando i protagonisti astuti dell’eterno Affari di Famiglia, gli sparvieri di Las Vegas, maneggiano un’arma di metallo procurata da uno scambio vantaggioso, tutte le volte devono provarla. Non si sfugge alla carneficina. Poco importa che quel filo abbia 400 anni, sia un pezzo unico che vale 10.000 pezzi di pecunia. Oculatezza nel gestire il proprio businness? Viene dopo lo show-businness. Violenza chiama virulenza. Però non è chiara la ragione, per cui stanchi di polistiroli e fogli di cartone, tutti debbano finire a torturare il citrullone a strisce verdi, la splendida primizia dell’estate. L’anguria, che dovrebbero chiamare: calamita per alabarde. Filettata a katanate, compuntata di stiletti medievali o coltellacci dei marines, cubettata a colpi di machete. Triturata con la sega elettrica, oppure sforacchiata grazie alla lupara. Ahimé! Quasi nessuno, si direbbe, mangia frutti in quel del Nord America. Li uccidono soltanto, per purissimo divertimento. Con buona pace dei vegani. Attitudine che a quanto pare, in questo periodo, sarebbe giunta all’altro lato dell’Atlantico. Ecco qui la prova: Colin Furze, supereroe britannico di YouTube, mentre sperimenta la sua ultima creazione. Sarebbe uno zaino pieno d’aria compressa, con due tubi che raggiungono le mani. Sulle quali, mirabilmente, l’inventore indossa una struttura in rigido metallo. Che non è adamantio ma potrebbe, visto l’uso che riesce a farne. Caspita! Con la pressione di un pulsante a valvola, SSWIIIISSSSHH! (Onomatopea fumettistica) scaturiscono i duplici e feroci artigli. Sei punte che trafiggono i malvagi. Le avrete già riconosciute: Wolverine è sicuramente diventato, grazie al cinema e per largo margine, il più amato e conosciuto degli X-Men.
Status di grazia che meriterebbe anche questo suo emulo, tra i molti produttori di follie meccaniche sul web. Furze, con il suo entusiasmo contagioso, ha messo insieme negli ultimi anni ogni sorta di accozzaglia diavolesca. Nel marzo del 2010 è stato arrestato per il possesso di un motorino-lanciafiamme. A ottobre dello stesso anno ha potenziato uno scooter per disabili, irrompendo con i suoi 112 Km/h dritto nel Guinness World Record. Nella primavera del 2013 ha battuto un altro primato mondiale: quello di velocità su tazza del WC, grazie a un motore da 140cc, con quattro marce e tubo di scappamento/portarotolo di carta igienica. E adesso, eccolo qui. Gli occhi spiritati, la gestualità teatrale, mentre massacra angurie senza colpa, tranne quella di rassomigliare al cranio umano. Da un grande potere deriva una grande macedonia. Spero almeno che abbia un cane o gatto, per pulire slinguazzando il pavimento.

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In abito elegante, tra leoni e calciatori

Kevin Richardson Van Gils

Ci si veste in base all’occasione. Facendomi ombra con la mano sopra gli occhi, scruto l’orizzonte del marrone sottobosco del Sudafrica. Siamo in pieno highveld, la prateria montana che si estende fino alle propaggini della savana. Gli alberi disseminati tra le colline ed i declivi nascondono, almeno così spero, la famiglia che mi aspetta per l’incontro più formale della nostra vita. Sono nobili di stirpe antica, con corone fulgide e fluenti. L’unica nota discordante nella mia figura: porto ai piedi un paio di scarpe sportivedella Nike. Però per questo, devo dirlo, c’è un perché. Si tratta del regalo che consegnerò, a sorpresa, sulla fine del ricevimento. Giocheremo tutti assieme una partita di pallone! Dopo tutto, già incombe quel momento, di una coppa e della gloria dei mondiali del Brasile. Il polsino bianco è luminoso come il sole che rimbalza contro il fine intreccio provenuto dall’Olanda, mentre il rosso di un distinto fazzoletto a righe, attentamente concordato con la morbida cravatta, presagisce il pasto sanguinoso di bistecche poco cotte; spero di trovarli già satolli, questi miei anfitrioni. Diventano nervosi, se affamati.
O almeno così dicono: non sono certo io, Kevin Richardson, l’uomo che convive coi leoni da una buona parte della sua vita, il fisioterapista che si è fatto guardaparco e poi… Rappresentante. Di giacche, telecamere, tutto quello che riesce a conquistare. Sempre con un ottimo obiettivo: dargli da mangiare (e quanto!) Per poi rappresentante, soprattutto, dei suoi parenti uomini, tra le cosiddette belve. Colui che qui vediamo, in abito di tutto punto, intento a fare quello che gli riesce meglio; ciò che soltanto lui, fra tutti, osa concepire.
Sarebbe, questa, una pubblicità di moda maschile. Fa parte della nuova campagna della Van Gils, la compagnia olandese il cui recente slogan recita “No stitch, no story” (Senza cuciture, niente storia) e che dagli anni ’40 produce dai suoi stabilimenti di Breda numerosi capi, accessori e calzature. Proviene, come creazione mediatica, da quel nuovo modo di concepire l’immagine aziendale sulla base di ciò che universalmente bello, senza mettere il prodotto al centro della scena, ad ogni costo. Però va detto che in questo particolare caso, vista la natura del progetto, si è riusciti a fare pure questo: bastava, dopo tutto, vestire bene l’incredibile protagonista. Guardarlo che cammina con riprese a campo lungo, in mezzo all’apparente nulla, con lo stesso prestigio visuale di un banchiere, già restituisce un certo effetto.

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