Gira su di un piatto bollente motorizzato l’impasto di una gargantuesca omelette, la più grande che sia possibile fagocitare con bocca umana. Le mani dell’artista, un vero Giotto dell’uovo, ne fanno il tondo perfetto, poi la ripiegano come fosse un taco e ci mettono dentro quella galletta sottile, detta baocui, con accompagnamento di spezie assortite e foglie d’insalata. Ci sei mai stato a Pechino? Allora l’avrai assaggiata. Nessuno lascia il paese senza aver dato almeno un morso alla jianbing, la splendida specialità che cambiò le sorti di un re, sopravvisse immutata alla Rivoluzione Culturale e ad oggi rallegra quotidianamente la prima colazione di miliardi di persone. Il suo aroma delizioso, insieme al sorgere del sole, favorisce l’inizio di una giornata piena di opportunità positive.
La diverse culture culinarie dell’Estremo Oriente hanno la principale caratteristica di aver mantenuto da sempre un rapporto solido con gli antenati. Sia sedendosi alle tavole dei giapponesi, capaci di integrare influenze estere con un gusto e soluzioni fortemente distintive, largamente apprezzate nel mondo, che nel caso altrettanto mirabile della Corea, caratterizzata dall’impiego di formidabili spezie ed ingredienti assolutamente esclusivi, il turista occidentale, trasformato in studioso della gastronomia, potrà ben dire di aver gustato gli stessi sapori del Taiko espansionista Toyotomi Hideyoshi o dell’ammiraglio Yi Sun-Shin, colui che seppe ricacciarlo indietro dal suolo della sua patria avìta, ingiustamente invasa. E poi c’è la Cina, sempiterna culla di entrambe queste civiltà, con i suoi 35 secoli di storia e l’infinita eredità delle sue molte dinastie, ciascuna legata a particolari usi e costumi, spesso giunti fino a noi. Ogni portata, ciascun piatto e dessert della terra di Confucio ha la caratteristica peculiare, secondo un ricco repertorio di episodi ampiamente documentati, di essere stato inventato da un qualche imperatore, nobile di corte o anche un condottiero militare, che ne ha poi fatto dono al popolo dei suoi fedeli sostenitori e sottoposti, guadagnandosi un meritato posto negli annali della cucina nazionale. Fra tutti questi celebri cuochi, forse il più interessante fu Zhuge Liang, l’imbattibile drago della montagna di Xinye. Che rifiutò di combattere per tre volte, influenzò l’esito di un’intera epoca e, grazie alle competenze alchemiche di un grande saggio taoista, creò due imprescindibili, deliziose specialità: una per la colazione, l’altra per la merenda. Che si può chiedere di più alla vita?
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Se l’ami davvero, devi dirlo con il bacon
È tutta una questione di priorità. L’anello di fidanzamento, pegno d’amore per eccellenza, presenta molti aspetti positivi: è piccolo, prezioso, indossabile e tradizionale. Ma nei tempi della crisi occorre, talvolta, saper improvvisare. Con questa pubblicità la Oscar Mayer, famosa compagnia alimentare statunitense, sussidiaria della Kraft e specializzata negli affettati di carne, immette sul mercato una nuova serie di confezioni. Potremmo definirle il bacon degli innamorati. The Original Strip (la striscia per eccellenza) viene venduta in una distinta scatola nera di velluto, come un gioiello attentamente lavorato da capaci artigiani dell’arte di affumicare la pancetta. Nella poetica scena di apertura, due giovani in carrozzella si guardano l’un l’altro con passione, quasi incapaci di esprimere a parole i propri sentimenti. Allora lei, con il gesto misurato di chi ha pensato davvero a tutto, tira fuori dalla borsetta il dono miracoloso. Musica trionfale, slogan memorabile: “Say it… with bacon!”. Un successo straordinario. Senza soluzione di continuità, si passa immediatamente alla parte tecnica. Lo scienziato del bacon, tale Phil Roudenbusch, ci elenca gli straordinari pregi del suo capolavoro, la Più Nobile della Carni. I superlativi abbondano, lo stile promozionale sconfina verso quello dei video di aziende come Apple o BMW, risultando la perfetta unione tra eleganza linguistica e una spudorata auto-celebrazione. In qualità di concessione per gli amanti della tecnologia, ci fanno anche vedere come in laboratorio venga testato persino il colore del gustoso prodotto, secondo una precisa scala cromatica graduata. Soltanto il meglio del maiale potrà finire in una di queste sacre scatole. Certo, il diamante è per sempre. Ma il bacon è per pranzo. Scegliere non è poi così difficile.
I sassi d’Oriente che saziano la fame…Spirituale
L’arenaria tagliata a fettine, con il suo gusto corposo, costituisce un primo ideale, purché adeguatamente condita mediante l’impiego di graniti ignei metamorfici, riconoscibili da quel tipico retrogusto, lievemente piccante. Il cupo basalto afasico ricorda il pesce di fiume. Arricchitelo con preziose spezie di porfido, possibilmente della tipologia riolitica, insaporitelo quindi con pezzetti di feldspati e miche. Marmi e quarziti saranno il vostro dessert: illuminati di traverso dal sole splendente del Sichuan, la loro superficie cristallina vi apparirà simile a quella di candide meringhe, dal cuore segreto ripieno di fluida e magmatica cioccolata. Che nessuno si azzardi, però, a mettere in bocca uno di questi durissimi manicaretti. A meno di avere un piano dentistico d’eccezione e anche allora… Soltanto un flipper potrebbe digerirli. Perché l’appetitosa tavola imbandita inquadrata nella foto, nonostante le apparenze, contiene del cibo materialmente indigesto. Si tratta del pezzo forte del museo delle pietre di Yinchuan, capitale della provincia del Ningxia, che vorrebbe rappresentare il pantagruelico banchetto di Manhan Quanxi; un evento storico, risalente al XVII secolo, in cui si tentò l’approccio diplomatico più significativo tra la dinastia cinese dei Qing e i loro vicini del nord, i popoli Manciù. Secondo la leggenda, in tale occasione vennero serviti 108 piatti impareggiabili, con ingredienti raccolti da ogni angolo del paese. Ancora oggi, nelle grandi occasioni, è usanza servire un’approssimazione moderna di tale pasto divino, nonostante molti degli animali sul menù siano ormai a rischio di estinzione. Naturalmente, non mancano le alternative. Questa di usare la pietra, contrariamente alle apparenze, non è un semplice scherzo fine a se stesso. Proviene anzi da un tempo molto lontano…
Il delizioso fascino della banana scolpita
Mangio la banana e quella mi guarda, ostile. Cosa vuoi da me? Questo deve aver pensato Keisuke Yamada, originale creativo giapponese, durante una merenda di un pomeriggio particolarmente tranquillo, senza alcunché da fare fino a sera. Un casco di banane può anche incutere soggezione e non tutti hanno la rapidità di mano e digestione di un qualunque Donkey Kong, lo scimmione in grado di divorarsi un quintale di potassio vegetale nel giro di pochi minuti. Così, il ragazzo guardava il suo spuntino, pensando. Finché non ebbe l’idea geniale: mettere “a frutto” l’arte. L’unico modo per approcciarsi a una pietanza maldisposta è trasformarla in qualcosa di familiare, ovviamente. Come un volto! L’unica documentazione ufficiale disponibile in merito a questo scultore-gastronomo, in grado comunque di monopolizzare gli spazi più eclettici del web, è un breve segmento televisivo di un programma nipponico recante il watermark generico di “Showbiz”. In questo si apprende di come l’autore usi semplicemente un cucchiaio e alcuni stuzzicadenti, che però in mano sua riescono a dare forma ai più magnifici personaggi e animali di fantasia. Banana-rockabilly, il primo soggetto della serie, non è che la reinterpretazione di un tipico musicista o ragazzo alla moda degli anni ’50, caratterizzato dalla svettante capigliatura a pompadour, che ancora oggi appare talvolta in determinati ambienti del Giappone, come tra i gruppi giovanili delle sottoculture tokyoite e delle altre grandi città dell’arcipelago. E poi c’è tutto il resto… Alla fine, per via del breve tempo di maturazione di questo dolce dono della natura, l’unica destinazione possibile per ciascuna scultura è la pancia di colui che l’aveva tanto minuziosamente creata. Niente mostre e musei, soltanto la trasformazione in calorie e saporito dinamismo cibario. Sublimazione, piuttosto che immortalità.